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Povere Creature!, il film vincitore di due Golden Globe arriva al cinema il 25 gennaio. Willem Dafoe a Roma: “Lanthimos crea un mondo e ti fa entrare. Il testo è davvero forte. Non dà indicazioni di regia, ti osserva e poi apporta gli aggiustamenti. È riservato, parla poco. Dirige stuzzicandoti, prendendoti in giro”

Willem Dafoe
Willem Dafoe
di Maurizio Ermisino 

Da Hollywood, dove una settimana fa ha ricevuto la sua stella sulla prestigiosa Hollywood Walk Of Fame, Willem Dafoe è arrivato a Roma, o meglio dire è tornato a Roma, visto che l’attore americano da anni vive gran parte dell’anno qui, al quartiere Esquilino, vicino a Piazza Vittorio. Non troppo distante dal Cinema Barberini, martedì pomeriggio Willem Dafoe ha presentato il suo nuovo film, Povere creature!, diretto da Yorgos Lanthimos e vincitore di due Golden Globe come Miglior film musical o comedy e Miglior attrice in un film musical o comedy (Emma Stone). Arriverà il 25 gennaio nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia. Povere Creature!, Leone d’Oro all’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è anche uno dei favoriti nella corsa agli Oscar. E così è possibile che Dafoe a Hollywood ci possa tornare presto. Indipendentemente dalle statuette che porterà a casa, comunque, Povere Creature! è uno dei film dell’anno.

Emma Stone, giovane donna riportata in vita da uno scienziato

Tratto dal romanzo di Alasdair Gray, Poor Things! (che è il titolo originale del film), è la storia di Bella Baxter (Emma Stone), giovane donna riportata in vita dal brillante e poco ortodosso scienziato Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe). Sotto la protezione di Baxter, Bella è desiderosa di imparare. Affamata della mondanità che le manca, Bella fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un abile e dissoluto avvocato, in una travolgente avventura attraverso i continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, è sempre più decisa nel suo proposito di difendere l’uguaglianza e l’emancipazione. “La storia prende in prestito molto dalla storia di Frankenstein, ma c’è una grande differenza” ci spiega subito Willem Dafoe, persona affabile e dolcissima a dispetto dei personaggi che interpreta spesso, “Frankenstein prova repulsione per la creatura a cui ha dato vita. Invece il mio personaggio quasi si innamora della persona che ha creato. Vuole dare a questa creatura una seconda chance, e vuole darla anche a sè stesso. Crede profondamente nella scienza. Quello che fa è qualcosa di non ortodosso, di non etico. Ma per lui è qualcosa di importante”.

Sono cresciuto tra gli strumenti chirurgici

Il Dr. Godwin viene chiamato da tutti con il suo nome abbreviato, God, che suona come ‘Dio’. E non è un caso, perché, come il Dr. Frankenstein, è qualcuno che si è sostituito a Dio nel voler dare la vita. Tutta la prima parte del film si svolge tra sale operatorie e tavoli chirurgici, all’interno di un immaginario che – al netto dei riferimenti a Elephant Man e all’iconografia dei vari Frankenstein – è in realtà molto originale. “Sono cresciuto tra gli strumenti chirurgici, spesso accompagnavo mio padre quando faceva il giro di visite nella sua clinica, dove facevo praticamente il portiere. Sono stato sempre in mezzo alle malattie, alla medicina, negli anni della mia formazione, della mia crescita. Il fatto che interpreti uno scienziato ha fatto sì che entrassi in relazione con questo personaggio. Se ci si pensa, per la grande maggioranza delle persone l’idea di andare in ospedale fa paura. Per me è una sorta di ritorno in famiglia, mi dà un senso di fiducia”.

Il trucco ti offre lo spazio per provare altri sentimenti

Un’altra cosa che rende il Dr. Godwin Baxter diverso dal Dr. Frankenstein è che, a differenza dello scienziato inventato da Mary Shelley, anche lui è a sua volta una creatura, un mostro. Dafoe infatti è in scena con il viso deturpato, grazie a un pesante trucco ispirato ai volti spigolosi e asimmetrici dei quadri di Francis Bacon. Che esperienza è stata il trucco? “L‘ho fatto prima e lo rifarò in futuro” risponde Dafoe. “Richiede tre ore. Ma consente di guardarti nello specchio e vedere te stesso che scompare, mentre vedi riapparire qualcun altro. Il trucco ti offre lo spazio per provare altri sentimenti, altri modi di essere. È il nucleo del fare finta, del fare l’attore. È comodo? Niente affatto. Lo rifarei? Assolutamente”. Il trucco prostetico è di Nadia Stacey. “Lo hanno progettato loro e lo hanno fatto vedere come parte del processo” ci spiega. Ho sentito dire che fosse stato ispirato da Francis Bacon”.

Molti degli uomini si possono riconoscere in questi personaggi

In un film visionario, che passa dal bianco e nero a un colore fatto di tinte pastello che sembra quasi dipinto su tela, ironico, dal tono grottesco e beffardo, si toccano in realtà argomenti molto importanti. Come il libero arbitrio, il comune senso del pudore e l’emancipazione femminile. È un mondo dove sono le donne a prevalere e gli uomini non fanno certo una bella figura. Per cui, in conferenza stampa, c’è chi ha chiesto a Dafoe quale può essere oggi la salvezza per gli uomini. “Non sono sicuro di avere una risposta. Quello che posso dire è che la rappresentazione che questo film fa degli uomini è quella di esseri oppressivi. Molti si potranno riconoscere. Quello che è sicuro qui è che la capacità di resistenza dal punto di vista sessuale delle donne è superiore a quella degli uomini” continua tra il serio e il faceto. “E questa è una delle ragioni per cui probabilmente hanno sottomesso le donne per tanto tempo” (sorride). È un’era di grandi cambiamenti nei rapporti tra uomini e donne, non so come sarebbe stato accolto questo film 20 anni fa, esprime una liberazione personale attiva, qualcosa che vediamo attraverso gli occhi di una donna”.

Emma Stone non ha atteggiamenti da diva, è molto flessibile

E quella donna è la meravigliosa creatura che di nome fa Emma Stone, che in questo film va ancora oltre i suoi limiti. La sua Bella è una donna con un cervello da bambina, una bambola difettosa che si muove a scatti, ma che impara velocemente ed è capace di crescere, evolversi. Anche di conoscere quali sono i suoi diritti. “Emma è fantastica” racconta Dafoe. “Tutto è incentrato intorno a lei. Emma e Lanthimos hanno un rapporto speciale, è la sua musa. Tutti noi eravamo sul set per supportarla. Non ha alcun atteggiamento da diva, anzi è molto flessibile”. Quanto alla mano del regista, è evidente nel film. “Lanthimos crea un mondo. E tu entri in quel mondo” racconta l’attore. “Il suo è un testo davvero forte. Così crea questo mondo in cui entri: non dà indicazioni di regia, ti osserva e poi apporta i necessari aggiustamenti. È una persona riservata, parla poco. Ti dirige stuzzicandoti, prendendoti in giro”.

Recitare è interpretare la vita di qualcun altro

Ma un attore come Willem Dafoe ha ancora dei sogni? Anni fa aveva detto di voler adattare un vecchio film, Onibaba – Le assassine. “Onibaba è un progetto probabilmente morto” rivela ironico. “Quando volevo realizzarlo avrei interpretato il ragazzo che ritorna dalla guerra. Potrei ancora farlo. Ma forse sarebbe meglio che interpretassi la vecchia nel film. È un vecchio film horror giapponese, ma è molto poetico. Ancora oggi regge il confronto con i tempi”. “I progetti sono sempre qualcosa che parte dalle persone, dai posti, dalle proposte. Io ho dei desideri, ma poi questi desideri si completano, svaniscono. Riesco a dare il meglio di me quando mi trovo con le persone e da questo stare insieme emerge quello che sto cercando. La bellezza sta nel creare, nel tirare fuori il personaggio. Da una parte sei sempre te stesso, al contempo è come se ti mettessi un po’ da parte, e riuscissi a interpretare una vita che è di qualcun altro”.

Hollywood Walk Of Fame: questa stella mi sopravvivrà

E così finiamo da dove abbiamo cominciato, da quella stella sulla Hollywood Walk Of Fame. “È stata una bellissima cerimonia, si sono presentati molti amici, attori e registi con i quali ho lavorato” ci racconta Dafoe. “Pedro Pascal, con il quale avevo lavorato come attore, Patricia Arquette, con la quale avevo lavorato come regista. Hanno fatto dei bei discorsi. Quando fai film di diverso tipo non hai una comunità alla quale appartieni. Avere una stella sulla Walk Of Fame, invece, vuol dire far parte di una community, è qualcosa di universalmente riconosciuto. Ed è strano pensare che questa stella mi sopravvivrà”.