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Aumentano i post degli influencer sulla diversity: +35% rispetto al 2019. Ma solo l’1% è frutto di attività sponsorizzate. I risultati dell’Osservatorio di Buzzoole

Nel 2020 in Italia gli influencer hanno realizzato oltre 110.000 contenuti sui temi della diversity e dell’inclusione sociale (dall’orientamento sessuale alla diversità fisica, dalla parità di genere alla lotta al razzismo), il 35% in più rispetto al 2019. Ma solamente l’1% di questi contenuti è frutto di attività sponsorizzate. Non solo, questo dato è anche inferiore se confrontato con il 2019 (-13% di attività sponsorizzate). Una possibile spiegazione è legata all’assenza nel 2020 dei principali eventi pride dovuti alla pandemia da Covid-19. Questo porta ad una prima considerazione: in Italia le attività su queste tematiche da parte dei brand sono sporadiche e spesso legate a singoli eventi.

Secondo i dati dell’Osservatorio di Buzzoole, ricavati con Buzzoole Discovery, Instagram risulta essere il social preferito dagli influencer (il 78.3% dei contenuti realizzati nel 2020), seguito a grande distanza dalla coppia Facebook (7.7%) e Twitter (6.8%). Gli hashtag più utilizzati, al netto delle varianti, sono 7: #Loveislove, #Gay, #Rainbow, #Lgbt, #Pride, #Blacklivesmatter, #Disabilità. Gli hashtag utilizzati con maggiore frequenza fanno riferimento alla lotta contro le discriminazioni per l’orientamento sessuale, probabilmente perché il tema è stato oggetto di attenzione anche dei mass media. Le altre cause per l’inclusione sono presenti in un numero inferiore di contenuti.

Gli inclusion influencer si fanno portavoce di minoranze e lottano per la parità dei diritti. La loro caratteristica è quella di essere Top e Social Star con una follower base che parte dai 100k follower. Utilizzano la propria popolarità per far arrivare messaggi di uguaglianza a più utenti possibili. Le battaglie di questi Influencer si dividono essenzialmente in 4 argomenti: Libertà di espressione della propria identità sessuale; Lotta al razzismo; Lotta alle diseguaglianze di genere; Body Positivity e sensibilizzazione sulle disabilità.

La bandiera arcobaleno è molto presente nei post che riguardano la comunità LGBTQ+ come simbolo di d’appartenenza. In molti contenuti inoltre sono presenti scatti di coppia che vogliono mostrare il loro amore con orgoglio e naturalezza. La creatività non è l’aspetto più rilevante; ciò che importa veramente è trasmettere l’onestà e la purezza del messaggio, appoggiando una causa fondamentale che può guadagnare ancora più rilevanza tramite i social media.

Per parlare di parità di genere e violenza sulle donne i creator preferiscono utilizzare le parole, frasi incisive o citazioni scritte sul corpo, su una lavagna o su una t-shirt con lo scopo di sensibilizzare i propri follower e denunciare le ingiustizie. I social sono diventati infatti il luogo dove la lotta femminista fa sentire la propria voce e si batte per i propri diritti.

Meno frequenti, come accennato, i post legati al tema della body positivity: comunque, quando si parla del proprio corpo gli influencer cercano sempre di abbattere gli stereotipi e i pregiudizi. Non hanno paura di mettere in mostra le loro unicità, e il loro coraggio dovrebbe fungere da esempio per tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni: accettare se stessi è più importante che essere accettati.

I consigli per i brand che intendono perseguire un percorso legato alla diversity sono numerosi, ma innanzitutto che il concetto di inclusione deve essere accettato e condiviso a tutti i livelli aziendali, per avere una solida base su cui strutturare il discorso complessivo. In Italia, purtroppo, alcune tematiche sono ancora divisive e schierarsi a favore può significare anche perdere del consenso sul breve termine. Alla lunga però i consumatori premiano sempre le aziende che hanno il coraggio di prendere una – giusta – posizione. Gli altri suggerimenti invece sono piuttosto scontati: scegliere il creator giusto (evitando soggetti il cui track record del passato non è inappuntabile); tenere d’occhio il mercato, monitorando le attività dei competitor; e infine adottare una strategia di lungo periodo, scegliendo veri ambassador e non ‘produttori di campagne social’ attivi solo in momenti particolari, come i tanti Pride Day.