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The Van: nel 2022 intensificato la collaborazione con i partner L45 (corporate reputation) e Blueroads (eventi) e siglata la nuova strategica con il digital. Crediamo che fare sistema sia la via. Cresce il lavoro per la comunicazione interna delle aziende. I migliori influencer sono manager e dipendenti

Luca Villani, partner e amministratore delegato di THE VAN GROUP,

Sta finendo il 2022. Che anno è stato per voi?

Un anno di cambiamenti e di riorganizzazione: è come se, conclusosi il biennio dominato dall’emergenza Covid, avessimo finalmente potuto guardarci dentro e lavorare sulla nostra organizzazione e sul nostro purpose, per usare un termine di moda. Che è, e sarà sempre più, aiutare i nostri clienti a comunicare attraverso contenuti di elevata qualità. Dove per ‘contenuti’ non intendiamo, come si faceva una volta, il solo testo ma tutto ciò che passa per una fase di pensiero, di scrittura e poi di realizzazione: quindi testi, sempre, ma anche video e audio, in grande crescita.

Quali gli obiettivi raggiunti di cui andate più fieri?

Innanzitutto, abbiamo incrementato le sinergie con i nostri partner L45 (corporate reputation) e Blueroads (eventi): in particolare gli eventi, che per noi sono un business più recente, si sono rivelati un terreno ideale per mettere a frutto competenze diverse. Poi una nuova organizzazione interna con tre responsabili che ora rispondono ai partner e coordinano il lavoro dell’agenzia. Infine, abbiamo siglato un’importante partnership strategica con una società attiva nel digital marketing che integra le nostre competenze aggiungendo la componente dei dati e della misurabilità alla nostra estrazione creativa e di contenuti: novità importanti su cui torneremo certamente a inizio anno. Dal punto di vista del business abbiamo mantenuto i clienti esistenti, sviluppandone alcuni in direzioni nuove e partecipato ad alcune consultazioni importanti: anche su questo ci saranno novità a inizio 2023.

Contingenza a parte, che cosa augurate all’industry per il nuovo anno. Insomma quali gli ambiti sistemici su cui lavorare pro tutti?

Sempre la stessa cosa: aprirsi e collaborare. Non è sempre facile, anzi, costa fatica e tempo: ma tutte le volte che lo facciamo si sviluppa un valore che è più della somma delle parti. Per questo insistiamo da tempo sulla strada delle partnership strategiche, che per noi sono una filosofia di fondo.

In che direzione va il rapporto con i clienti, su cosa state ragionando per vestire meglio le loro esigenze, a quali ambiti, nuovi servizi, visioni?

I clienti chiedono competenza: per questo bisogna capire molto bene che cosa si può fare in casa e che cosa va necessariamente costruito insieme a un partner. In particolare, noi stiamo lavorando molto con le aziende sui loro pubblici più interni, cioè i dipendenti e i potenziali dipendenti, perché ormai la salute delle aziende dipende in larga parte dalla capacità di trattenere e motivare le persone e di attrarne di nuove e qualificate. Su questo fronte, abbiamo avuto una crescita molto forte grazie anche alla fiducia di grandi aziende come Sisal, Leroy Merlin e Mooney che ci hanno lasciato grande libertà creativa.

Nell’era della proliferazione dei touch point ha ancora senso parlare di memorabilità delle campagne? Quanto la creatività è in grado di difendere l’efficacia della comunicazione contro velocità e quantità di messaggi e contenuti?

Noi continuiamo a pensare che tutto debba sempre partire da un’idea, da una visione che sia semplice e forte. Se c’è quella, se c’è una strategia, gli strumenti di comunicazione funzioneranno. Viceversa, e a maggior ragione in questo momento di proliferazione delle piattaforme ma anche di rapidi cambiamenti, si rischia di intasare un campo già affollato senza riuscire a dire niente di rilevante. L’altra cosa che conta in questo momento è far sentire le voci delle persone vere: i migliori influencer sono i manager e i dipendenti delle aziende, e anche su questo c’è tanto lavoro da fare.

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