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Brand-Cross, fatturato in crescita del 78,7%. Sensazionale? Certo. Ma attenzione, è la marginalità che parla della salute del business. E senza non c’è investimento, dunque crescita

Emanuela Cavazzini e Roberto Bosatra

E’ questo il commento su cui Emanuela Cavazzini, amministratore delegato BRAND-CROSS, vuole attirare l’attenzione, rispondendo alla domanda sull’andamento del fatturato della sua cdp.

Insomma, più che lasciarsi trasportare dai toni trionfalistici delle percentuali di +, l’invito è a restare con i piedi per terra. Infatti, anche se i numeri hanno la loro valenza, è il contesto reale che va preso in considerazione.

Quindi un conto è il fatturato, che può crescere più o meno, o consolidarsi, un conto è la marginalità, il guadagno sul fatturato che si è prodotto. Perché è la marginalità che permette di investire sulla società e soprattutto di pagare fornitori, maestranze, liberi professionisti e collaboratori nei termini di legge e nelle scadenze stabilite.

E in questa direzione va l’interpretazione dell’incoraggiante risultato 2022 Brand-Cross, ritenendo più motivante del +78,7% il sapere di non avere debiti con nessuno e di non essere in ritardo con i pagamenti.

Come ci si riesce?

“Non è facile. Affatto. Da qualche anno anche se crescono i fatturati, la marginalità non sempre cresce di pari passo. Come sappiamo tutti, oggi le pretese sono aumentate e i margini si abbassati di molto per via dei budget sempre più ristretti.

Nel nostro caso, la cosa importante è che l’aumento di fatturato ha per fortuna portato a un conseguente aumento dei margini. Siamo usciti dal periodo della pandemia e questo ha significato la ripresa delle attività. Ma la vera svolta è che abbiamo diversificato, investendo più tempo e risorse su progetti seriali, digitali e di format, così come su veri e propri progetti di comunicazione a tutto tondo, a discapito del settore classico degli spot pubblicitari, che in questo momento danno meno soddisfazioni sia a livello professionale che in termini di marginalità”.

Ma perché siamo arrivati a questo?

“Il mondo della pubblicità è diventato molto più competitivo sui budget a fronte di richieste sempre più pressanti. Inoltre il livello generale si è abbassato, in termini sia creativi che qualitativi e produttivi. I clienti vogliono spendere sempre meno, a discapito del livello qualitativo. Creativamente poi, le agenzie, che sono il motore della comunicazione attraverso le loro idee, hanno sempre meno peso sul processo decisionale del cliente che ragiona per dati”.

La soluzione per le cdp, l’abbattimento dei confini in nome dei contenuti?

“Il mondo della comunicazione audiovisiva una volta ragionava in termini di spot, di film, di videoclip, oggi si parla genericamente di contenuti. Viviamo in un mondo senza più reali confini. Il mondo del video, che fa da traino a tutto il resto, si è sviluppato con l’universo del digitale, dei videomaker, degli influencer e ha cambiato quella che era la distinzione, l’identificazione di un messaggio pubblicitario. Una volta c’era la televisione e lo spot, c’era la carta stampata e l’annuncio stampa, c’erano i programmi, le fiction e l’intrattenimento. Quando il linguaggio del video è diventato un linguaggio più aperto e universale, ha creato tutta una serie di nuovi media e nuove possibilità di fruizione, e anche la comunicazione ha dovuto evolvere e non rimanere più confinata all’interno di quelli che erano i classici media e i relativi output. Si è spostata verso messaggi video universali, più trasversali, e più diversi nel loro genere. Per questo la nostra scelta, sin dalla nascita nel 2015, non è stata puntare sul fatturato pubblicitario tout court, e quindi rischiare di soffrire sia in termini di marginalità che di stress da budget, ma puntare su una struttura agile e produttivamente in grado di gestire qualsiasi sfida garantendo lo stesso tipo di servizio di tutte le altre grandi cdp. Questa capacità è dovuta alla fortuna sfacciata di avere iniziato a fare questo lavoro in un momento storico ben preciso, dove fare il produttore significava intendersene si tutto: sapere di marketing, di comunicazione, di produzione e di promozione, di musica, di creatività, di regia. Io e il mio socio, Roberto Bosatra,  abbiamo avuto la fortuna di avere iniziato questo mestiere in tempi quasi pionieristici e quindi di esserci potuto formare professionalmente a 360 gradi. Oggi non sarebbe più possibile, tutto è mordi e fuggi, veloce e, per molti aspetti, superficiale. Non c’è più la reale conoscenza del tutto.

La decisione di avere una struttura snella e veloce è stata valuta sin da subito proprio perché io e Roberto ci portiamo dieto l’esperienza di dieci professionalità diverse e questo ci permette di prendere decisioni in breve tempo singolarmente, con estrema fiducia l’uno dell’altro, e trovare poi le persone preposte a seguire la realizzazione di quel determinato tipo di contenuto. Dopo più di 27 anni di esperienza, conoscere le persone e avere un network molto vasto è un jolly nella manica.

Spot, format Tv, serie Tv, branded content, film corporate, digital PR, tutto abbiamo prodotto in questi quasi otto anni di attività senza dimenticare l’importante attività di consulenza sui testimonial che viene dai miei anni di lavoro con Beppe Caschetto, e di Roberto Bosatra a Zelig e degli anni passati a Roma nel mondo del cinema. A prescindere dal fatturato, quindi, siamo felici di ciò che facciamo e motivati a portare avanti i nostri obiettivi, certamente più creativi che economici”.

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