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CMO the New Rockstar? Alessandra Montrasio, Global Communication Manager Nestlé: l’agenzia perfetta esiste. Basta essere il cliente perfetto. I dati? ‘Use data to fight hippos’. Il peccato principale dei marketers, l’ambizione personale del voler lasciare il segno e fare rivoluzioni, che sul lungo danneggiano credibilità e coerenza dei brand

Ritieni che sia cambiato il senso dell’essere Cmo oggi. Se sì come e in che modo, se no, perché?

Direi che dipende rispetto a quando. Sicuramente oggi è imprescindibile che un Cmo abbia una profonda conoscenza degli strumenti e delle metriche del mondo digitale, cosa che fino a 15 anni fa forse veniva trattata con più leggerezza nel FMCG.

Tra le diverse leve che compongono il marketing della tua marca, che gerarchia senti di poter esprimere, cosa sale e cosa scende rispetto a quello che fu? E come immagini sarà nel prossimo futuro?

Io lavoro su un portafoglio di brand sul mercato globale, per cui ognuno di loro ha delle specificità. Dovendo dare una visione d’insieme, sull’orlo di una crisi economica globale, probabilmente la leva del prezzo tornerà a essere importante come nel 2008-2010. Penso però che sarà sulla distribuzione e sulla capacità di raggiungere facilmente (diciamo in modo ‘frictionless’) i consumatori nella loro (e nostra) nuova realtà, che si giocherà la partita.

Il ruolo della comunicazione?

Sarei pazza che se ti dicessi che la comunicazione non è importante. Qualcuno ti ha mai risposto così?!

Cosa vuoi dai tuoi partner di comunicazione, come li scegli?

Eccellenza nel risultato e fiducia nella relazione. Mi aspetto che si sentano parte del team e non ci trattino secondo la logica clienti/fornitori. Sono molto fortunata e al momento sto lavorando con agenzie ottime, con cui c’è una visione condivisa e profonda stima reciproca.

Il valore della creatività oggi?

Credo sia il valore atemporale del saper raccontare storie.

Il senso della coerenza nello sviluppo della propria marca?

E’ fondamentale ed è uno dei peccati principali dei marketers. L’ambizione personale del voler lasciare il segno e fare rivoluzioni, che sul lungo periodo danneggiano la credibilita’ e coerenza dei brand.

Il peso di dati, numeri e risultati?

Fortunatamente siamo arrivati a un marketing fortemente data driven. Una delle mie frasi preferite è ‘use data to fight hippos’, dove hippos sta per ‘highest paid person opinion’. Hai presente quelle riunioni in cui l’Amministratore Delegato dice ‘ho chiesto a mio figlio cosa ne pensa e a lui non piace’? I dati sono l’arma più potente per controbattere in quelle situazioni.

Il valore della qualità?

A questo punto sono curiosa. C’è qualcuno che ti ha risposto che la qualità non è importante?

Nessuno, ma il punto è se la si riconosce e se si è disposti anche a pagarla il giusto valore. Non credi?

Per forza! Il modello è ‘cheaper – faster – better, you can only pick two’.

E’ ancora possibile seguire delle visioni di lungo assumendosi anche dei rischi?

Purtroppo non è semplice. Servono Ceo e board e shareholders illuminati. Perchè, come abbiamo visto negli ultimi giorni, nemmeno il Ceo basta da solo per seguire queste visioni di lungo.

Agenzie integrate capaci di definire la strategia di marca declinando poi le azioni, o specializzate, operative su progetti dalla marca stessa pianificati?

Io mi trovo meglio a lavorare con agenzie specializzate, con confini definiti, che lavorano in sinergia. Sto guidando un paio di progetti in cui agenzie, anche concorrenti, collaborano in modo fair e singergico per l’obiettivo finale. Sembra un’utopia, ma è possibile. Basta avere le persone giuste e guidare con trasparenza e rispetto reciproco.

Il valore della modernità in comunicazione. Dagli influencer ai social, perché si deve o perché funziona?

Perché surfare lo Zeitgeist funziona sempre. Basta essere capaci. Poi non è l’unico modo per stare in mare, dipende da dove si vuole arrivare.

Seppur nella data era, alla fine ritieni sia sempre meglio seguire e fare quanto convince e piace a te (intendo, la ‘pancia’ degli outsider è realtà o chimera?) o vince l’idea del tuo capo o dei clienti?

Nella realtà in cui sono al momento vince l’idea del team. Vince l’ascolto di tutti i contributi. Una delle frasi che sento più spesso in riunione è ‘let me build on what you were saying’.

Meglio grandi network di comunicazione o realtà locali indipendenti?

La differenza la fanno sempre le persone, a prescindere dal contesto.

Strategie globali o local?

Credo nel mantra ‘global strategy, local execution’.

Nel rapporto con i partner di comunicazione, ritieni abbiano ancora senso gare e brief?

Certo. Noi marketer dobbiamo imparare a farle bene e solo quando ha senso, però. Per la scelta di una partnership pluriennale, per la selezione di un roster globale, per un progetto startegico direi di sì. Per fare un volantino magari no, ecco. E poi con brief chiari, budget definiti e criteri di valutazione trasparenti fin dall’inizio.

La tua qualità migliore?

Sono molto curiosa. E altrettanto determinata. Valgono due?

Di cosa sei maggiormente fiera?

Della crescita professionale di tutte le persone che ho gestito negli anni. Dell’impatto che ho avuto nella loro trasformazione e nella loro carriera.

La campagna perfetta?

Hilltop, Coca-Cola 1971

E l’agenzia perfetta?

Esiste. Basta essere il cliente perfetto.

Alessandra Montrasio, Global Communication Manager Nestlé.

 

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