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Scoprire i dati nascosti dietro al brusio dei social media, una nuova opportunità di business per i brand

I dati sono diventati la nuova pregiata materia prima: una migliore conoscenza dei clienti (e prospect) consente infatti di personalizzare l’offerta di prodotti e servizi e di ridurre i rischi per l’azienda, con ricadute positive anche sui prezzi praticati e sui volumi di vendite potenzialmente raggiungibili. Tuttavia, indipendentemente dalla dimensioni dell’impresa per cui si lavora, diventa sempre più necessario capire come generare valore partendo dall’enorme quantità di informazioni disponibili, dagli open data a quelle pubblicate ogni giorno sui social network.

E in quest’ambito proprio le social media analytics e il social listening rivestono un peso rilevante: senza l’analisi dei social media non si è in grado di avere un’idea chiara della brand awareness, della reputation di un brand online, e del successo o fallimento della strategia di marketing.

Se usate correttamente, le social media analytics portano a scoprire nuove opportunità di business e insight strategici che spesso rimangono nascosti dietro al brusio dei social media. In altre parole, si tratta di leggere le realtà di un processo in divenire anche se in parte offuscato alla vista dalle molteplici possibilità di generare buzzing proprie dei social media.

Diventa facile comprendere, anche in una fase preliminare di studio, come una strategia di social media marketing, egualmente a una qualsiasi strategia più convenzionale, non possa essere improvvisata, ma debba basarsi su alcuni fattori-chiave che ne sostengono l’impianto, nonché metriche specifiche fornite da strumenti di hashtag tracking e Facebook analytics.

Innanzitutto il proprio target di riferimento: contrariamente a un’opinione ancora diffusa, benché i dati da un lato e il proliferare delle nuove piattaforme dall’altro la smentiscano, i social media sarebbero ambienti ‘per giovani’. Certamente i balletti e le canzoni (in playback per lo più) di TikTok colpiscono gli osservatori, ma social affermati come Facebook e Instagram rappresentano un terreno comune e intergenerazionale. Gli strumenti di Facebook analytics confermano con i dati che questa non è più un’impressione, è una realtà dimostrata dalla crescita dell’età media dei fruitori, dall’azzeramento delle differenze in base al sesso e – paradossalmente – dal ‘rifiuto’ della Gen Alpha, basata proprio sulla presenza dei propri genitori sul social dalla Effe blu.

La ricerca ‘Social Media Trends 2021’ di Talkwalker mostra appunto che le piattaforme social più popolari in Italia sono Facebook, YouTube e Instagram, con quest’ultima che, a un ritmo certo meno sostenuto delle precedenti rilevazioni, continua a crescere, mentre Twitter si conferma un caso a sé, in crisi per numeri assoluti ma canale di informazione diretta insostituibile. TikTok e Twich si aggiungono ai social media più utilizzati con crescite di tutto rispetto, soprattutto tra i giovanissimi tra i 15 (qualche dubbio è più che giustificato sul rispetto dell’età minima) e i 24 anni.

Ma torniamo ai fattori-chiave: abbiamo citato i target, non meno rilevanti però sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere con una campagna di social media marketing: ogni social ha caratteristiche e grammatiche proprie e può rivelarsi pertanto più adatto per rivolgersi a un certo tipo di target o raggiungere un determinato obiettivo. Ecco che diventa indispensabile un monitoraggio di ogni singola attività per misurarne gli effetti in termini di brand awareness e brand activation. Non meno utile è però l’utilizzo dei social media per iniziative di maggior durate nel tempo, quali gestire il rapporto con la clientela nelle diverse fasi di contatto dall’advocacy all’after sale, e rilevare i risultati concreti di iniziative quali una brand extension o addirittura il lancio di una nuova marca.

Il social listening in questi casi è d’obbligo, sia per identificare quali ambiti siano potenzialmente i più favorevoli, sia per seguire passo passo gli sviluppi di un brand, intervenendo anche con azioni atte a sostenerne eventualmente le necessarie fasi di hype.

Come abbiamo visto, senza l’utilizzo di strumenti di social media analytics e social listening è praticamente impossibile avere una visione completa e strategica della presenza del brand e dei prodotti online, misurare le performance delle proprie campagne marketing e delle iniziative di PR, e offrire migliori servizi di customer care.

Anche l’hashtag tracking offre strumenti utili, soprattutto dopo che gli hashtag si sono diffusi su tutte le piattaforme social diventando ubiquitari, dagli originari presenti solo su Twitter, il social che li ha lanciati nel mondo. Oggi l’hashtag è utilizzato principalmente come strumento per permettere agli utenti del web di trovare più facilmente un messaggio social collegato a un argomento, allo scopo di poter partecipare alla discussione mentre è ancora viva e vitale.

L’hashtag può anche – si pensi ad esempio ai meme – generare un flusso autoalimentatesi di interesse che è bene quantomeno monitorare, o addirittura alimentare, per dar via a una ‘tendenza’ capace di concentrare l’interesse del social su di un brand, un prodotto o un avvenimento.

Attenzione però che i social media non sono gratuiti. Certamente l’utilizzo da parte dei consumatori è gratis, ma i brand che vi si addentrano devono sempre avere ben presente quanto sono disposti a investire per ottenere i risultati voluti. Come mostrano anche i continui aggiornamenti degli algoritmi di Facebook o di Youtube, gestire un brand sui social è un lavoro da professionisti, che richiede competenze e kow-how, nonché l’utilizzo di strumenti e soluzioni ad hoc.

Le social media analytics non si improvvisano, e quando si vuole ottenere un social media report efficace e costantemente aggiornato, è necessario stanziare il relativo budget per dotarsi di strumenti di social media listening che permettano di avere opzioni di hashtag tracking, strumenti di analytics e social media report.

 

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