‘Inspiring Words’, Shock, di Francesco Gallucci
Shock culturale. Tra le tante definizioni delle turbolenze emotive che stiamo sperimentando in queste settimane ve n’è una che sembra essere particolarmente calzante. E’ lo shock culturale, due parole che descrivono ansia e smarrimento di fronte ai cambiamenti improvvisi e imposti cui siamo soggetti. Il termine descrive addirittura una patologia tipica dei grandi viaggiatori: è stato l’antropologo Kalervo Oberg ad accorgersi nel 1954 dei cambiamenti negativi che avvenivano nei viaggiatori costretti a sottostare a nuovi usi e costumi. Forse la teoria di Oberg può spiegare la nostra condizione di ‘viaggiatori verso la nuova normalità’, vediamo se funziona: lo shock culturale sopraggiunge quando ci sentiamo sopraffatti dall’ansia per la perdita dei comuni punti di riferimento riguardanti le relazioni interpersonali, la sfera comunicativa, gli atteggiamenti e i comportamenti. Quali i sintomi? Paura di sporcarsi, eccessive preoccupazioni sul cibo, paura del contatto fisico e stanchezza mentale. Lo shock culturale si manifesta poi come rigetto della ‘nuova normalità’, seguito da una fase di regressione e forte nostalgia in cui diamo un valore spropositato al luogo di origine (vecchia normalità) del quale ricordiamo solo le situazioni piacevoli.
Libro consigliato: Paolo Giordano – Nel contagio, Einaudi