Qual è la tua visione per affrontare il futuro, su quali paradigmi fondi il tuo credo?
Mai come di questi tempi parlare di vision aziendale può sembrare azzardato ma invece la differenza è proprio guardare al futuro e per BLACK MONGOOSE vuol dire reinventarsi: la mia vision è non aspettare che le cose cambino ma prendere di petto gli imprevisti, anticipare gli altri proponendo soluzioni non solo creative ma soprattutto innovative. In agenzia la nostra parola d’ordine è ‘ricerca’.
Cosa ti è maggiormente dispiaciuto constatare nell’anno appena trascorso?
Il nostro settore dimenticato. Non mi piace parlare di numeri ma è doveroso sottolineare che il nostro settore ha (anzi aveva) un impatto sul Pil di 36,2 miliardi, con un indotto di 65,5 miliardi di euro. Per aver maggiore percezione siamo la sesta nazione nel mondo per impatto economico nel business degli eventi.
Se fossi Ceo o Cmo di un brand che investe in comunicazione come agiresti, insomma, potendo dare consigli quali senti di dare al mercato dei clienti?
Fidarsi della consulenza e della visione dell’agenzia: è importante che si inneschi un rapporto di fiducia reciproca per ottenere i migliori risultati.
Soprattutto in questo periodo di recessione continuare a investire in comunicazione è fondamentale per garantire la crescita nel medio lungo periodo e l’unica strategia per i brand è mantenere gli investimenti in comunicazione affidandosi a partner di valore. Cito una celebre frase di Steve Jobs che rende l’idea: “Investire in pubblicità in tempo di crisi è come costruirsi le ali mentre gli altri precipitano”.
Ritieni di essere riuscita a concretizzare per la realtà che capitani il modello di business ideale, se sì perché, se no, idem e se in parte a che punto del percorso sei?
Da una parte si, ma io non guardo mai a quello che ho fatto ma a quello che posso ancora fare. E c’è molto da fare ancora. Per fortuna!
Si chiude il 2020. un anno non facile, cosa ha rappresentato per te?
La conferma che siamo un punto di riferimento nel settore della comunicazione: i nostri clienti si sono lasciati guidare in nuove forme di comunicazione con attività digitali e con la realizzazione di format innovativi. Ha premiato la nostra sete di ricerca, il nostro coraggio, la voglia di contaminazione, perchè solo in questo modo è possibile rinnovarsi in un periodo così buio per il nostro business.
Essere oggi leader: qual è la principale dote che bisogna possedere?
Leader è innanzitutto tenere l’attenzione alta, la passione accesa. Creare progetti che possano essere attuati subito oppure progetti per il futuro, per quando si ritornerà alla normalità. Ma la strada è ancora lunga e io ho bisogno che tutti i miei collaboratori abbraccino la mia idea di agenzia: mai come adesso un leader deve fare la differenza.
Successi, progetti, quali vuoi menzionare come emblematici della tua impostazione?
Beh sono affezionata a tanti, tre in particolare:
1) 2020 il lancio di un’edizione limitata delle bibite san pellegrino con toilet paper, il cliente ci aveva chiesto in gara un evento digitale, noi abbiamo fatto un branded content in motion graphic tutto da zero per la stampa 5 minuti di speech e 2 minuti di un’esperienza immersiva nel mondo del brand. Efficace nella sua brevità.
2) 2020: 3 dirette per l’international delle meeting di una prestigiosa casa automotive. Abbiamo trattato lo show con un’estetica di contenuti innovativa, nessun ppt, proiezione, solo un set up di design e motion graphic a supporto del ceo. La parola: elegante.
3) 2019 uno dei nostri preferiti in agenzia: il lancio di un cartoon, non posso dire altro, ma abbiamo regalato a Milano ai suoi navigli 5 giorni di emozioni allestendo in modo magico uno dei suoi ponti.
Il tema della rilevanza del mercato della comunicazione: è un tema? Ossia perché non sempre si è tenuti in alta considerazione, da governo, aziende, opinione pubblica? Una questione di carenza di ‘carismatiche star’?
Sicuramente è un tema di rilevanza e di cultura nazionale soprattutto in un Paese come il nostro che tende a non voler considerare la comunicazione un’industria a tutti gli effetti che, al contrario, conta sul Pil della nazione. Purtroppo siamo figli di una comunicazione di propaganda, basti pensare che quando negli stati Uniti nasceva la produzione cinematografica con modello fordista, sostenuta dalle banche e dagli imprenditori che da NY spostarono addirittura tutto il comparto nella soleggiata California per produrre al meglio in un clima favorevole, in Italia i film nascevano come propaganda fascista. La pubblicità e la comunicazione sono figlie di questa cultura, che non si è mai impegnata a creare un modello industriale del settore, se non accorgersi passivamente dell’esistenza con l’arrivo delle big ATL agencies americane sul nostro territorio.
Valentina Monopoli, BLACK MONGOOSE.