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Faccia a faccia con imprenditori e Ceo della comunicazione. Beatrice Agostinacchio: se fossi brand attiverei una comunicazione multi-canale. Vorrei partner di fiducia per rapporti duraturi che dimostrino l’efficacia degli investimenti. Non avrei paura di osare e non sottovaluterei la comunicazione interna. I dipendenti sono i primi stakeholder. In era homeworking, è importantissimo mantenere una comunicazione attiva in tal senso

Qual è la tua visione per affrontare il futuro, su quali paradigmi fondi il tuo credo?

In generale il mio credo principale è avere fiducia e buon senso oltre a investire risorse e tempo per costruire team consolidati e flessibili, in grado di adattarsi facilmente ai cambiamenti del mercato o – come accade spesso in agenzia – dei Clienti. L’ultimo anno ha sparigliato un po’ le carte rendendo questo adattamento più difficile ma anche essenziale. Per offrire una consulenza di valore come quella che ci viene richiesta è cruciale saper ascoltare il mercato e cercare di anticipare i trend per poter decidere, con l’azienda o con i Clienti, quali strategie mettere in atto. Sono profondamente convinta che un atteggiamento perennemente reattivo non porti a risultati stabili nel lungo periodo per cui l’analisi dei mercati e dei vari scenari, il contatto con la industry (essere parte di UNA in questo si conferma di grandissimo valore), condividere ogni giorno con i colleghi dell’internazionale pareri e opinioni, rappresentano le basi per procedere con successo.

Cos’è maggiormente dispiaciuto constatare nell’anno appena trascorso? 

L’anno appena trascorso ha avuto tantissimi chiaroscuri. A mio avviso stiamo ancora cercando di capire cosa è successo e quali siano le reali conseguenze. Sicuramente Ciò che mi è maggiormente dispiaciuto è stato vedere la industry della comunicazione soffrire e soprattutto non avere piani puntuali di recovery. Di tutti i settori, il mondo delle PR è stato meno colpito rispetto ad altri ambiti ma rimane il fatto che la comunicazione venga ancora intesa come qualcosa di accessorio e a cui si può rinunciare facilmente, non comprendendo l’effetto negativo che si innesca sul lungo periodo. Qualsiasi crisi mette a dura prova la maggior parte dei mercati e poter rimanere attivi per continuare a dialogare con il proprio pubblico è fondamentale. Certo bisogna farlo bene, essendo in grado di adattare tempestivamente la comunicazione ai nuovi scenari che si delineano via via. Ecco, forse questa è stata un’altra cosa che mi è dispiaciuta: vedere a volte una comunicazione non in linea con il momento storico.

Se fossi Ceo o Cmo di un brand che investe in comunicazione come agiresti, insomma, potendo dare consigli quali senti di dare al mercato dei clienti? 

Ciò che suggerirei è di attivare una comunicazione multi-canale. Cercherei di trovare partner di fiducia con cui instaurare rapporti duraturi e in grado di mostrarmi l’efficacia degli investimenti. Non avrei paura di osare magari – qualche tentativo più rischioso a mio avviso va fatto – e, infine, una cosa di cui ci si dimentica forse troppo spesso, non sottovaluterei la comunicazione interna: i dipendenti sono i primi stakeholder di una azienda o di un brand e soprattutto in questo momento dove il lavoro da remoto rappresenta per molti la nuova normalità è importantissimo mantenere una comunicazione attiva in questo senso.

Ritieni di essere riuscito a concretizzare per la realtà che capitani il modello di business ideale, se sì perché, se no, idem e se in parte a che punto del percorso sei?

Sicuramente siamo più strutturati di due anni fa. Il nostro modello di business è sostenibile e ci sta portando a raggiungere risultati importanti. Indubbiamente l’ultimo anno ha creato un deciso scossone e ha portato tutti a ripensare alcune logiche. Come dicevo, il mercato sta attraversando una fase di profondo cambiamento e non credo che esista un modello di business ‘ideale’. Al contrario, c’è la capacità di adattare il modello di business alle esigenze del momento. Hotwire ha appena promosso un soft rebrand e abbiamo un posizionamento decisamente più distintivo, fortemente orientato al tech e all’innovazione, che guarda alla comunicazione con un approccio fortemente consulenziale. È un percorso che abbiamo appena iniziato e, secondo questa direttiva, cresceremo nei prossimi anni in termini di profili ricercati e nuove assunzioni, training interni per far crescere le risorse già presenti in organico, portfolio clienti e strategia internazionale.

Si chiude il 2020. un anno non facile, cosa ha rappresentato per te? 

Il 2020 ha messo alla prova tutti. Per me è stato un anno di cambiamento e di crescita. Per quanto riguarda il business di Hotwire devo dire che, dopo un primo shock iniziale avvenuto lo scorso marzo dato senza dubbio dall’inaspettato arrivo del Covid a cui nessuno era preparato, l’andamento per l’Italia è stato decisamente positivo. Il nostro anno fiscale termina a giugno 2021 ma in questi primi sei mesi abbiamo registrato una crescita superiore alle aspettative, abbiamo vinto gare importanti e accresciuto il nostro portfolio Clienti sia in termini numerici che tematici – negli ultimi mesi, solo per citarne alcuni, abbiamo iniziato a collaborare con Klarna, OpenText, Nilox e Celly, Kindle Direct Publishing. Abbiamo investito per incrementare le competenze interne all’agenzia così come abbiamo attivato partnership di lavoro per estendere il nostro raggio d’azione. Devo dire che la riprova dell’effettiva soddisfazione del nostro operato e del valore della consulenza fornita in questi mesi di grande incertezza non è tardata ad arrivare, se consideriamo che il 73% di Clienti della filiale italiana si sono dichiarati “molto soddisfatti” in occasione della Client survey annuale condotta ottobre 2020 da Pulse Check, con una crescita del 14% rispetto all’anno precedente.

Il 2020 è stato anche l’anno che ha acceso i riflettori sulle persone. Mai come ora – soprattutto per chi lavora in modalità smartworking – è stato decisivo attuare iniziative che supportassero i team. In Hotwire il lavoro da remoto rappresentava una pratica già consolidata e diffusa a tutti i livelli ben prima di febbraio 2020, perciò il passaggio a una modalità 100% da casa non ha creato problematiche. Abbiamo cercato di lavorare sulle interazioni per non perdere quello “human touch” fondamentale nel nostro lavoro, cercando di supportare i team al meglio: in questi ultimi 12 mesi, infatti, non ci siamo fatti mancare un pranzo di Natale in differita, il nostro Bootcamp annuale che ha visto tutta l’agenzia a livello mondiale connessa virtualmente a luglio, diversi team building in versione digitale oltre a svariati aperitivi su Zoom.

Essere oggi leader: qual è la principale dote che bisogna possedere? 

A mio avviso sei un leader se puoi contare sulla fiducia delle persone con cui lavori, siano essi colleghi, dipendenti o clienti. Solo essendo un reale punto di riferimento si può guidare un gruppo. Inoltre, credo che per essere un leader si debba poter su una solida base valoriale e avere il coraggio di esporsi sulle cose in cui si crede.

Successi, progetti, quali vuoi menzionare come emblematici della tua impostazione? 

Ce ne sono davvero tanti: da quelli più ovvi, come i nuovi clienti o la crescita dell’organico, oppure la continua crescita del business anche in questo anno particolare, fino alle piccole vittorie quotidiane che a volte danno più soddisfazione dei grandi win.

La cosa di cui sono decisamente orgogliosa, e che mi lega a Hotwire ormai da dieci anni, è vedere che il nostro network ha una visione proiettata al futuro, ma in maniera assolutamente concreta. Questa progettualità ben si sposa con il mio carattere e il mio modo di lavorare e avere la possibilità insieme al team di nutrire la realtà italiana, farla crescere e proliferare è la spinta motivante che mi ha fatto affrontare con concretezza anche questi ultimi mesi.

Il tema della rilevanza del mercato della comunicazione: è un tema? Ossia perché non sempre si è tenuta in alta considerazione, da governo, aziende, opinione pubblica? Una questione di carenza di ‘carismatiche star’? 

Assolutamente sì e dovrà esserlo sempre di più. La nostra industry pesa molto in termini di persone impiegate e indotto e come tale non può non essere ascoltata. Tra l’altro è uno dei settori con il personale impiegato di età inferiore alla media e dove, per una volta, le donne fanno la differenza. Tutti dati direi degni di nota. Sicuramente c’è ancora molto da fare, in primis la responsabilità va a noi di questo mondo nel saperlo ben rappresentare. Sicuramente UNA, di cui come già sopra detto siamo parte, ha iniziato un lavoro decisivo nel contatto con le istituzioni e nella creazione di valore, per cui credo che siamo sulla giusta strada.

Beatrice Agostinacchio, Managing Director Hotwire Italia

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