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Faccia a faccia con imprenditori e Ceo della comunicazione. Andrea Cimenti: magari esistesse un modello di business ideale. Viviamo in un’economia fluida e anche i modelli si devono costantemente adeguare. Bisogna tenere acceso lo sguardo su quanto succede, noi lo abbiamo fatto intraprendendo il percorso ELITE di Borsa Italiana

Qual è la tua visione per affrontare il futuro, su quali paradigmi fondi il tuo credo?

La mia visione è proprio quella di saper affrontare il futuro. In questa economia che ormai vive da un decennio in un torpore economico, bisogna avere una visione chiara, basata su un cammino fatto di piccoli ma significativi passi, circondandosi di persone che vivono la stessa visione. In questo modo puoi continuare a crescere e farlo in maniera sana. Le operazioni di acquisizione di questi anni che mi hanno visto coinvolto ne sono l’esempio: EMG prima, Booster poi e Young Digitals quasi due anni fa, per arrivare, infine, alla recente operazione, ovvero la creazione di Different nata dalla fusione del Gruppo Acqua con True Company. Sarebbe stato certamente più facile “stare alla finestra a guardare”; ma chi lo ha fatto, sperando che l’economia come per miracolo potesse ripartire, si trova ora in grande difficoltà. Ho un’immagine che mi accompagna in questi anni: quella di Jeff Bezos nel suo piccolo ufficio agli inizi della sua avventura imprenditoriale: se avesse mollato alle prime difficoltà e avesse abbandonato la sua visione, oggi non esisterebbe non solo Amazon, ma un intero modello di business.

Cosa ti è maggiormente dispiaciuto constatare nell’anno appena trascorso?

Penso che il nostro Paese abbia marciato con due passi nettamente differenti: da una parte le aziende, i liberi professionisti, i privati, le associazioni, ecc che non hanno mai “mollato di un centimetro” e hanno continuato, ostinatamente, ad andare avanti, tra mille difficoltà. Dall’altro chi doveva dare risposte concrete e trovare soluzioni – anche rapidi ed efficaci – per contenere questa pandemia e la conseguente crisi economica che sarebbe arrivata. Ritenendo che ci sia stata poca lungimiranza, ad esempio, nella pianificazione dei lockdown nella seconda fase. Faccio un esempio: già in autunno, abbiamo pianificato come imprenditori un regime di restrizioni per i nostri dipendenti, ovvero “dalla mattina alla sera” abbiamo switchato da una modalità in presenza in ufficio (pur limitata) a una in remoto tutte le centinaia di colleghi, riorganizzando di conseguenza i processi dell’azienda. Questo perché temevamo che sarebbe arrivata la seconda ondata. Chi doveva legiferare in materia invece è arrivato troppo tardi, ha atteso troppo per attuare le misure di novembre, col risultato di essere andati troppo a ridosso del Natale, facendo un ulteriore danno all’economia del Paese fatta anche dai commercianti e dagli artigiani: un colpo ai consumi che sicuramente avranno gravi ripercussioni sul tessuto sociale nei prossimi mesi.

Se fossi ceo o cmo di un brand che investe in comunicazione come agiresti, insomma, potendo dare consigli quali senti di dare al mercato dei clienti?

Semplicemente comunicando. Compatibilmente ai budget, e a costo di trovarli a scapito di qualche altra cosa, non bisogna “mollare” il contatto col cliente. Una volta passata la tempesta, i clienti avranno buona memoria e si ricorderanno di chi, compresi i brand, è stato loro vicino in questi lunghi mesi di lockdown e chi no.

Ritieni di essere riuscito a concretizzare per la realtà che capitani il modello di business ideale, se sì perché, se no, idem e se in parte a che punto del percorso sei?

Magari esistesse un modello di business ideale. Sicuramente quello di Different è l’ideale per noi. Viviamo in un’economia fluida e anche i modelli si devono costantemente adeguare. Per questo bisogna tenere acceso lo sguardo su quanto succede; noi lo abbiamo fatto già da due anni a questa parte, quando abbiamo deciso di intraprendere il percorso ELITE di Borsa Italiana. Non è solo un modo per entrare nel mercato della quotazione, ma anche un’importante scuola di formazione per imprenditori. Una significativa visione su come si evolvono i modelli di business.

Si chiude il 2020. un anno non facile, cosa ha rappresentato per te?

È vero, non è stato un anno facile, anche per motivi personali. Ma io vivo sempre guardando il bicchiere mezzo pieno e questo il 2020 ha rappresentato un ennesimo trampolino di lancio. Ho incontrato colleghi stupendi che si sono rimboccati le maniche e “non si sono pianti addosso”, oltre a clienti che hanno ridisegnato con noi la collaborazione che abbiamo. Molti progetti innovativi che abbiamo fatto per contrastare l’impatto del Covid sui servizi che offriamo sono diventati una modalità acquisita di business per Different. Un esempio tra tutti, gli eventi phygital dove offriamo un giusto mix tra fisico e digitale. Siamo riusciti, ad esempio, a ideare un Giro d’Italia digitale: l’evento più fisico che esiste in Italia lo abbiamo portato nelle case di migliaia di persone per uno dei main sponsor. Grazie alla nostra idea, abbiamo fatto vivere agli spettatori sul divano di casa quello che erano abituati a seguire in strada. Insomma, una nuova modalità di contatto col consumatore che probabilmente non tramonterà con la scomparsa del virus, ma si evolverà per l’ennesima volta.

Essere oggi leader: qual è la principale dote che bisogna possedere?

Fino a ieri essere leader voleva dire prevalentemente saper ascoltare e delegare; quanti manuali (spesso tutti uguali) sulla leadership hanno costruito i propri modelli su questi due aspetti. Oggi, per me, essere leader vuol anche dire comprendere lo scenario attuale e ridisegnare l’azienda del domani tra spazi fisici e digitali, abbandonando gli stilemi tradizionali della scrivania, con spazi fluidi e remotizzazione delle attività. Due dovrebbero essere le doti guida di un bravo leader. La prima è quella della delega delle responsabilità: perché ogni dipendente deve sentirsi “imprenditore di se stesso” a prescindere dal suo ruolo in azienda e comprendere come il proprio successo contribuisca al successo della società e, di conseguenza, (chiudendo il cerchio) un beneficio personale. La seconda, individuare collaboratori preparati: ho letto un giorno una frase illuminante: “il tuo secondo deve essere migliore di te”, solo così l’azienda cresce. Tornando alla remotizzazione, ritengo che debba essere virtuosa e non obbligata: quella che abbiamo visto in questo appena terminato 2020 non è stato frutto di una ponderazione e di un disegno preciso, ma un obbligo e un’improvvisazione dovute alle circostanze. In questo modo si rischia, infatti, di perdere tre grandi valori: lo spirito di appartenenza, la formazione dei giovani e lo human touch. Tanti Amministratori di grandi aziende non hanno ancora compreso che lo smart working, se non strutturato, porterà a una debolezza aziendale a breve; spesso, si sono semplicemente crogiolati sui minori costi dovuti alla chiusura delle sedi.

Successi, progetti, quali vuoi menzionare come emblematici della tua impostazione?

Sicuramente il progetto Giro d’Italia digitale di cui ho già parlato. Un altro progetto di successo è stato sicuramente una grande cena natalizia fatta per 2.000 dipendenti per una grande banca. L’evento si è svolto tra la fisicità dello studio con presentatori, comici e cantanti e un videowall dove si affacciavano i dipendenti, costantemente coinvolti dai presentatori, con la sensazione di essere tutti insieme “in presenza” nella stessa location, come gli anni precedenti. E non posso non citare anche l’attività #graziebalconi ideata dal nostro team creativo per consentire al player musicale Spotify di ringraziare quanti – comprese numerose celeb – spontaneamente hanno utilizzato la musica per regalarsi un momento di spensieratezza e di comunità in questi difficili e lunghi mesi di lockdown.

Il tema della rilevanza del mercato della comunicazione: è un tema? Ossia perché non sempre si è tenuti in alta considerazione, da governo, aziende, opinione pubblica? Una questione di carenza di ‘carismatiche star’?

In generale le aziende sono molto più predisposte ad ascoltare ed accogliere i suggerimenti e le strategie proposte dai player della di comunicazione. In questi mesi si sono viste campagne geniali ben pianificate e con viralizzazioni importanti. E qui forse le vecchie carismatiche star hanno lasciato il passo a nuovi soggetti oggi più numerosi e forse meno noti ma da cui, sono convinto, usciranno le star della comunicazione dei prossimi dieci anni. Forse proprio perchè i nuovi protagonisti sono meno noti rispetto le precedenti star, al momento non sono presi in considerazione dalle istituzioni, tra cui il governo.

Andrea Cimenti, Ceo DIFFERENT.

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