Bruno Sparandeo, Direttore Generale YOLO PLUS
Sta finendo il 2022. Che anno è stato per voi?
Un anno di ulteriore crescita anche se moderata, a misura d’uomo. È comunque ciò che ci aspettiamo. Al di là di fortunosi o meritevoli colpi ad effetto viviamo e operiamo in un territorio nel quale una modesta crescita organica va sudata. Ci confermiamo comunque una realtà ormai solida e presente, a sette anni dalla nostra organizzazione come agenzia di comunicazione integrata. Abbiamo ampliato il numero di clienti, raggiungendo in qualche caso anche l’estero e lavorando con brand importanti.
Quali gli obiettivi raggiunti di cui andate più fieri?
Come diceva Einaudi, un imprenditore lavora anche per il gusto di vedere clientele più vaste e impianti più ampi. Nel nostro caso, la soddisfazione consiste nell’aver lavorato con più brand e aver ricevuto più lead organici, senza sforzi commerciali da un positivo passaparola. Inoltre, la nuova sede che inauguriamo in questi giorni è un momento davvero importante per noi, un traguardo al quale siamo arrivati con sacrificio e passione.
Contingenza a parte, che cosa augurate all’industry per il nuovo anno. Insomma quali gli ambiti sistemici su cui lavorare pro tutti?
Personalmente, per quanto non sia un creativo di formazione bensì appartenga alla sfera manageriale delle agenzie, ritengo che sia cruciale non allontanare il mercato dall’importanza del contenuto. Ho già notato un ritorno al passato e qualcun più autorevole di me ha speso qualche parola importante contro l’ossessione nei confronti del dato. Credo sia inevitabile, e sarebbe ingiusto non utilizzare quanto l’umanità si è conquistata per misurare le performance. Tuttavia, senza un contenuto in grado di toccare le corde giuste è difficile che le marche possano riuscire a conservare il legame con le persone.
In che direzione va il rapporto con i clienti, su cosa state ragionando per vestire meglio le loro esigenze, a quali ambiti, nuovi servizi, visioni?
Il nostro è un continuo lavoro di educazione del mercato e di chi ne fa parte. Allontaniamo chi non riesce a vedere in noi, e nei nostri colleghi, solo meri fornitori. S, senza un contenuto in grado di toccare le corde giuste è difficile che le marche possano riuscire a conservare il legame con le persone ensibilizziamo alla collaborazione proattiva, ad un modo umano di interfacciarsi con le persone dell’agenzia. Questo è l’aspetto soft.
Dal lato servizi, abbiamo chiaramente un occhio aperto sui new media, aspetto che incontra anche facilmente il favore del cliente. La missione più grande, per quanto possa sembrare paradossale o scontato, è dar valore all’aspetto strategico e consulenziale.
Nell’era della proliferazione dei touch point ha ancora senso parlare di memorabilità delle campagne? Quanto la creatività è in grado di difendere l’efficacia della comunicazione contro velocità e quantità di messaggi e contenuti?
Senza volere ho già toccato questo punto in una precedente domanda. Sono un paladino della creatività pura. Uno sguardo al passato con più attenzione ci aiuterebbe a capire quanto siano memorabili, e tutt’ora redivive, campagne che non avevano l’appoggio di alcuna automation. È proprio laddove ce ne sono tante che la pubblicità migliore viene fuori con la creatività giusta. Utilizzare lo strumento di misurazione è giusto ma engagement e rate vari non possono essere tutto. Altrimenti parliamo di tutt’altro, rispetto a ciò a cui tutti ci siamo ispirati quando abbiamo iniziato questo lavoro. Oggi ci si riempie di tanti paroloni e acronimi ma quando Netflix e Publicis realizzano ‘Tudum’ mi pare che a nessuno sia venuta voglia di leggere i dati della campagna. Sono ancora tutti a bocca aperta o a ripetere quel verso quando inizia la puntata della serie che stanno guardando.