Se in ambito B2c la gestione efficace della customer experience nei confronti del consumatore finale è una sfida già colta dalla gran parte delle imprese italiane, nel B2b solo di recente le aziende hanno iniziato ad affrontare il tema in chiave strategica, sulla spinta dei cambiamenti relazionali registrati durante il periodo pandemico e influenzati positivamente dai contesti consumer. Oggi, solo il 34% delle aziende B2b italiane ha già un approccio ‘customer centric’ capace di creare maggiore valore, perché basato sull’ascolto e l’attenzione verso il cliente, con strategie volte a cogliere le specifiche esigenze e caratteristiche peculiari di ciascuno. Il 16% è in fase di avvicinamento verso questo modello, ma la maggior parte – il 50% – è ancora focalizzato sulla componente di prodotto/servizio offerto.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno ‘Customer Experience nel B2b: ai blocchi di partenza’.
Una strategia orientata al cliente richiede prima di tutto un’organizzazione ad hoc, che coinvolga tutti gli attori e i processi nella relazione, con iniziative o strumenti declinati per ciascuna realtà. Eppure, il 66% delle aziende italiane ha con i propri clienti un rapporto limitato a un solo scambio di informazioni di natura tecnica e/o commerciale, il 20% ha attivato una relazione strategica basata su uno scambio di dati o informazioni (dati di sell-out granulari, condivisione di liste di clienti/lead con il proprio distributore) e appena il 14% sta evolvendo verso una relazione di supporto e ascolto reciproco, lo step abilitante la costruzione di una relazione collaborativa.
Per un modello ‘cliente centrico’, poi, serve un’opportuna dotazione tecnologica di piattaforme e strumenti in grado di valorizzare gli scambi informativi. Ma le imprese B2b mostrano ancora immaturità nella raccolta e poi nell’integrazione di queste informazioni, con scarsa possibilità di avere a disposizione tutti i dati relativi al cliente in un unico punto. Solo il 14% delle aziende raccoglie almeno un dato avanzato, il 56% possiede informazioni relative ai propri clienti sparse in diversi database o su Excel. E anche nei casi in cui sia presente un’architettura in grado di gestire tale integrazione (44%), le informazioni contenute sono per lo più basiche (non dati avanzati, provenienti da uno scambio evoluto con il cliente). Sono ancora sporadiche iniziative di segmentazione dei canali di contatto, creazione di strategie ad hoc per singolo cliente e mappatura dell’intera relazione cliente-fornitore. In generale, circa la metà delle aziende non ha progetti basate su un approccio data-driven.
“Negli ultimi due anni, anche le aziende B2b, hanno compreso l’importanza di attuare un approccio ‘cliente-centrico’, volto a mettere al centro delle strategie aziendali proprio il cliente facendo attenzione alle sue esigenze e caratteristiche peculiari”, spiega in una nota Paola Olivares, Direttrice dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b della School of Management del Politecnico di Milano. “Tale approccio consente di estrarre valore per il business sotto diversi punti di vista. Permette da un lato di ottenere miglioramenti della soddisfazione del cliente e dall’altro di sbloccare importanti benefici di efficacia ed efficienza dei processi aziendali interni con un impatto significativo sui risultati economici dell’azienda. Per ora, però, i risultati di questo interesse sono ancora molto limitati. Il settore inizia a muovere i primi passi e bisognerà aspettare ancora qualche anno per vedere i risultati di questo percorso”.
“Il percorso verso la costruzione di un approccio cliente-centrico è ancora in divenire per la gran parte delle aziende B2b, ma una buona parte di esse dimostra di voler scattare dai propri blocchi di partenza”, aggiunge Sara Zagaria, Project Manager dell’Osservatorio. “Per raggiungere l’obiettivo però non è sufficiente essere teoricamente attrezzati a livello organizzativo e tecnologico: le aziende B2b devono comprendere appieno l’importanza e i benefici dell’ascolto di tutte le tipologie di clienti attivi, che siano end-user, distributori, retailer e professionisti, adeguando le proprie strategie alle peculiarità e alle necessità di ciascun attore”.
Per valutare la maturità delle imprese italiane sulla Customer Experience B2b, l’Osservatorio ha costruito una matrice che considera, da un lato, la relazione instaurata con il cliente e, dall’altro, l’infrastruttura tecnologica adottata. Ne emerge, che il 32% delle aziende B2b italiane è ‘non attrezzata e immatura’: ha una scarsa visione cliente-centrica, una ridotta collaborazione tra le funzioni aziendali che si interfacciano con il cliente e, a livello tecnologico, è in grado di raccogliere solo un numero limitato di informazioni attraverso strumenti basici come Excel o Spreadsheet. Il 21% può essere definita ‘tecnologica’, perché dispone di un’infrastruttura tecnologica di gestione del dato, con un unico repository, ma con una scarsa attenzione alle esigenze del cliente. Il 23% è ‘in transizione’, con una propensione agli investimenti in progetti di digitalizzazione B2b simile a quelli dei cluster meno maturi. E solo il 24% è ‘attrezzata’, con un approccio al cliente migliore in entrambe le categorie, ma con una forte dispersione. Solo il 9%, infatti, si è mosso pienamente in entrambe le direzioni mostrando una maturità superiore in questo ambito.