Spieghiamoci: quando parliamo di AI in realtà parliamo, in questi giorni, soprattutto di ChatGPT, il chatbot di OpenAI che ha il potenziale di amplificare la creatività perché estende le competenze tecniche e velocizza molti processi, indicando magari delle strade che in un quel momento non erano state viste, dando la possibilità di dare forma a quello che fino era stato solo immaginato – e qui, oltre che a ChatGPT diventa persino banale aggiungere alla lista della AI generative strumenti quali DALL•E 2 o Midjourney, ad esempio, che trasformano in immagini gli input di testo.
In fondo è qualcosa che è sempre successo durante la storia dell’uomo: il progresso tecnologico viene accolto in principio con diffidenza e paura, per poi rendersi conto che si tratta di un’occasione da cogliere.
Esistono già esempi di brand che hanno usato ChatGPT per le loro campagne, ma più come se fosse un meme che per la tecnologia in sé: Mint Mobile, ad esempio, ha creato uno spot con Ryan Reynolds in cui lo script è stato prodotto da ChatGPT.
AxiCom, agenzia di comunicazione globale specializzata in tecnologia del gruppo WPP, ha supportato la creazione del primo report completo sul CES 2023 scritto da giornalisti che hanno utilizzato strumenti di intelligenza artificiale.
In Italia, Saikebon è tornata in comunicazione lanciando il suo personalissimo Festival ‘Zero Sbatti’, utilizzando ChatGPT, che ha avuto il compito di realizzare i testi delle canzoni, mentre Midjourney produceva le copertine dei singoli, sempre in ottica noodle.
Un altro esempio, è quello di Avocados from Mexico che ha anticipato l’integrazione di ChatGPT nella campagna in occasione del prossimo Super Bowl del 12 febbraio, per poi rinunciare, scusandosi affermando di non avere ‘abbastanza tempo’.
Un contesto in ebollizione per iniziative e idee: diamo allora la parola a Luca Della Dora, Innovation Director di WE ARE SOCIAL, che ci conduce attraverso il presente e il futuro di questo terreno infido, in continua evoluzione.
Guardando all’AI generativa, le posizioni si possono riassumere nei due eccessi: da un lato ‘è solo uno strumento in più a disposizione dell’uomo’, dall’altro ‘è destinata a breve a sostituire in toto l’uomo nelle sue opere, non solo lavorative’. Tant’è che c’è già chi teorizza un futuro di ‘ozio creativo’ per l’umanità. Qual è la sua opinione al riguardo?
La risposta facile è ‘come sempre la verità sta nel mezzo’. Volendo approfondire un po’ di più la questione, c’è un aspetto che non possiamo ignorare e che credo sia centrale – anche in questo momento di hype su questo tema: l’AI fornisce output assimilabili a quelli prodotti da un essere umano, ma non si comporta come tale. Tutto quello che noi vediamo come ‘linguaggio simile al nostro’ non è in realtà altro che un puro calcolo statistico basato sulle probabilità. La nostra mente funziona in modo completamente diverso.
Una sintesi molto efficace di questo concetto è quella di Gary Marcus – Professore emerito di psicologia e scienze neurali alla New York University: “They [Ai] don’t learn about the world -they learn about text and how people use words in relation to other words”.
Quindi sì, penso che i sistemi generativi siano uno strumento a disposizione – direi a supporto – dell’uomo, ma dico che no, non credo che questo porterà ‘all’ozio creativo’, anzi: nel momento in cui la distanza, tra chi ha competenze tecniche e chi non le ha, sarà ridotta, saranno altri tipi di competenze a fare la differenza (dalla capacità di comunicare, alla leadership, la propensione a risolvere problemi, etc..), tra qui quelle creative appunto. Penso, semmai, che sarà sempre più importante imparare a collaborare e a ‘dialogare’ con sistemi di AI, per farci supportare in task meccanici che oggi occupano gran parte del nostro tempo e dove le competenze di cui sopra non sono richieste – o non fanno comunque la differenza. E, giusto per portare un altro virgolettato molto esplicativo, David Holz – Founder di Midjourney – descrive lo strumento come ‘An engine for the imagination’, definizione che credo possa essere applicata a tutte le tecnologie di questo tipo.
Il punto è che le reti neurali delle AI generative (ChatGPT, Midjourney) sono in grado di reagire ai quesiti posti in linguaggio umano con risposte scritte confezionate in linguaggio umano e a portata di tutti. Ma ha anche fatto passare in secondo piano le ‘altre’ AI: ci stiamo concentrando solo su quella che ha l’output più affascinante?
Credo che ci stiamo concentrando su quella più facile da usare, più alla portata di tutti e con cui l’interazione è più immediata. Siamo abituati a chiedere a Google o a Wikipedia qualsiasi cosa, e ci viene quindi naturale fare lo stesso con uno strumento che – tra l’altro – ha un’interfaccia simile a quella delle applicazioni di messaggistica con cui abbiamo familiarità. È ovviamente un modo molto limitato di interagire con questi strumenti, ma accessibile a chiunque. Intelligenze artificiali differenti, pensate per compiti più specifici, richiedono innanzitutto un minimo di creatività per essere usate – ad esempio, anche far creare un contenuto a Midjourney richiede un minimo sforzo rispetto alla richiesta di un’informazione a ChatGPT – e, soprattutto, sono legate ad ambiti a cui non tutti siamo interessati – o non sono, magari, così immediati per chiunque. Credo che l’hype intorno a ChatGPT, a Dall • E e a Midjourney sia importante per generare interesse e portare nelle mani di milioni di persone alcuni strumenti con delle potenzialità incredibili. Nonostante le cose stiano evolvendo a velocità supersonica, non scordiamo poi che questi strumenti sono poco più che dei neonati.
Una rappresentazione interessante dell’hype intorno a ChatGPT è stata condivisa da Ralph Aboujaoude Diaz – HFS Research:
Fonte: LinkedIn
L’andata-e-ritorno dell’Avogados from Mexico sullo spot per il Super Bowl è indice solo di una troppo affrettata iniziativa (come dichiarato dall’azienda) o della volontà di sfruttare in comunicazione una tecnologia di moda? In altre parole, quanto ci può essere di marketing nell’AI?
Credo che a questa domanda possano rispondere solo le persone che stanno lavorando a quella campagna. Non possiamo sapere come siano andate veramente le cose, se non fidandoci delle dichiarazioni che sono state rilasciate dall’azienda. Per quanto riguarda il rapporto tra marketing e AI, credo sia normale che una tecnologia così dirompente rispetto al passato venga comunicata e ‘venduta’ con grande entusiasmo, così come penso sia normale che ci sia anche grande scetticismo.
Penso che, per le agenzie e per le aziende, sia molto più interessante capire quanta AI ci potrà essere nel marketing, e, a mio parere, la risposta è tanto, tantissimo: credo che la diffusione di intelligenze artificiali di ogni tipo cambierà il nostro lavoro, i processi che ci stanno dietro, ma anche i ‘prodotti’ che portiamo al pubblico. E credo che, oltre a essere inevitabile, sarà anche molto naturale, così come lo è stato lo è adattarsi a nuovi luoghi di conversazione per le persone.
Come vede di qui a qualche anno il contesto operativo dell’AI, scevro dai facili entusiasmi e delle critiche che vanno emergendo in questa fase (quale la carenza di fonti delle risposte). Siamo di fronte a un’evoluzione o una vera e propria rivoluzione? E l’AI generativa sarà la vera vincitrice di questa scontro? O emergeranno altre AI?
Come dicevo prima, siamo di fronte a un fenomeno che, seppur venga da anni di studi e test, è nella sua fase embrionale: è normale che abbia enormi limiti. Alcuni di questi sono di carattere tecnologico, altri potranno essere risolti con l’apprendimento, altri ancora sono ‘scelte’ da parte di chi sviluppa determinati strumenti (ad esempio la diffusione di modelli ibridi potrà offrire soluzioni sempre più ampie: basti pensare a You.com o a Perplexity, che ‘risolvono’ l’assenza di fonti o approfondimenti fornite da ChatGPT).
Per rispondere alla domanda, direi che siamo di fronte a un’evoluzione all’interno di una rivoluzione. Mi spiego: siamo già dentro a una rivoluzione che dura ormai da diversi anni, ovvero da quando ci siamo abituati a interagire con AI per fare qualsiasi cosa le nostre vite sono cambiate, inutile negarlo. E come in tutte le rivoluzioni ci sono equilibri che vengono alterati: Google Maps ha reso più semplice spostarsi in luoghi che non conosciamo, ma ci ha resi meno abili a orientarci; Google ci ha dato accesso immediato a miliardi di informazioni, ma questo ha indebolito la nostra memoria, perché ora sappiamo che non è più necessario immagazzinare informazioni che possiamo ritrovare in pochi istanti; tanto per citare due esempi. D’altra parte invece le AI avranno una crescita e una diffusione evolutiva, influenzata sia dai fattori tecnologici di cui sopra, sia da ostacoli normativi – ad esempio – che sicuramente diventeranno un tema cruciale nella diffusione di questi strumenti.