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La industry del gaming tra ‘maschilità tossica’ e istanze del mondo LGBTQIA+. Il dibattito innescato da We Are Social prova a fare chiarezza in un mondo in divenire

Come viene rappresentata la comunità LGBTQIA+ dall’industry del gaming? Come contribuiscono all’empatizzazione e all’esplorazione del sé gli strumenti che questo mondo mette a disposizione? In quale modo i brand possono promuovere inclusività e rispetto delle diversità in questo ambito? Questa mattina WE ARE SOCIAL ha voluto rispondere a queste e ad altre domande con l’evento ‘Gaming with Pride‘, insieme a Paolo Armelli, Co-Fondatore di QUiD Media, Jessica Giorgia Senesi, Azalona e Luca de Santis, tutte persone che, in diversa misura, sono toccate direttamente dalla tematiche discusse nella tavola rotonda.

Il dibattito è stato preceduto da una sintetica prolusione di Marta Prosperi, Strategy Supevisor di We Are Social Italia, che ha presentato il lavoro fatto dal Team Diversity & Inclusion dell’agenzia. Un lavoro che è partito dai numeri, 15,5 milioni di gamer in Italia, il 35% della popolazione dei 15-64 enni, che fa comprendere come questo fenomento sia ormai cross generazionle e cross demografico.

Nonostante questi numeri indichino che il gaming sia ormai diventato un mass media, come audience complessive, la qualità della ‘rappresentazione’ del mondo gaming è invece un punto su cui c’è ancora molto da lavorare per raggiungere un equilibrio tra le varie componenti. Ad esempio solo il 18% dei character nei gaming è di sesso femminile (o di gender femminile o non binario), a fronte di una percentuale molto superiore di giocatrici. Questa ‘sottorappresentazione’ ritorna anche tra i creatori di giochi, e nei ruoli manageriale nella software house di sviluppatori.

Il risultato purtroppo è ancora il dominio di una ‘maschilità tossica’, che porta a fenomeni quali il ‘gender hiding’ per timore di reazioni violente online, o le eGirl, che cercano attenzioni maschili che sconfinano nella prostituzione. Questo nonostante, sul versante opposto, vi siano iniziative quali le ‘Black Girl Gamers‘ americane – non è necessario spiegare chi siano – oppure la statua ad Aloy, protagonista di ‘Horizon Forbidden West‘ eretta a Firenze, o ancora il game ‘Technobabylon‘ sviluppato con il contributo determinante di persone trans, che testimoniano come la necessaria evoluzione sia in corso ma tutt’altro che un traguardo raggiunto.

È possibile seguire l’intero webinar a questo link.