“Se Rino Gaetano vivesse oggi direbbero che fa del marketing”. Parte da Roma il viaggio nel mondo del cantautore scomparso a soli 31 anni con la prima mostra dedicata. Dalla libreria con i dischi che ascoltava agli abiti di scena, ai testi delle sue canzoni, oggi ancora attualissime

di Maurizio Ermisino

“Rino Gaetano lo definisco un artista. Un artista è una persona che non sceglie quello che fa, ma è scelto dalla vita per fare una determinata cosa e a volte subisce questo ruolo. Un artista lo fa comunque, anche senza successo. Un impiegato della musica può decidere di iniziare e di smettere. Un artista non smette mai di esserlo. Rino era così, doveva fare quello che faceva, il cantautore”. Così un commosso Riccardo Cocciante ha introdotto oggi a Roma la mostra Rino Gaetano, aperta dal 16 febbraio al 28 aprile 2024 al Museo di Roma in Trastevere, in Piazza Sant’Egidio, a cura di Alessandro Nicosia e Alessandro Gaetano, il nipote del cantautore. “Rino è morto giovanissimo, a 31 anni, ma ha lavorato tanto” ha spiegato Gloria Satta, giornalista de Il Messaggero che ha curato i testi del catalogo. “Quello che sembrava un cantante scanzonato aveva una grande cultura: aveva imparato la musica sacra, il teatro d’avanguardia. Tutto è confluito in canzoni che sono attualissime: dietro il registro dell’ironia e del sarcasmo contenevano messaggi contro il conformismo, l’arroganza del potere e della politica, a favore dell’ambiente”. “E l’emancipazione delle donne” aggiunge. “Le donne che non aspettano il principe azzurro, ma ‘difendono il salario dall’inflazione’, che vivono in ‘un mondo fatto di sesso’”. Chi vivrà vedrà, come dice la canzone.

La visita della mostra

“Io cerco di scrivere canzoni ispirandomi ai discorsi che si possono fare sui tram, in mezzo alla gente, dove ti rendi subito conto dell’andazzo sociale. Non voglio dare insegnamenti, voglio soltanto fare il cronista”. In questa frase, che campeggia in una delle sale della mostra, c’è tutto il senso di un personaggio come Rino Gaetano, umile e geniale, e il perché le sue canzoni siano rimaste: perché parlavano della gente e arrivavano alla gente. La mostra è entusiasmante: si parte da una libreria con i dischi che ascoltava, le sue influenze musicali (De André e Renato Zero, ma anche David Bowie, Pink Floyd, i Doors) e si scorrono i corridoi con le gigantografie dei suoi album. Ci sono gli abiti di scena, tra cui la giacca e il famoso cappello a tuba con cui si esibì a Sanremo cantando Gianna. Ci sono molti strumenti musicali, le amate racchette da tennis e l’immancabile macchina da scrivere. “È una mostra a 360 gradi su mio zio” racconta il nipote Alessandro Gaetano. “Era anche un fotografo e un ricercatore in fatto di strumenti. Ci sono macchine fotografiche e macchine da scrivere: ogni suo testo doveva batterlo a macchina per fissarlo”. Tra gli oggetti di scena, insieme ai vistosi maglioni e giubbetti che spesso indossava, ci sono anche delle “palette” con dei volti noti che furono usate durante un’esibizione televisiva di Nuntereggae più: Gianni Agnelli, Maurizio Costanzo, Enzo Bearzot e Adriano Panatta.

Perché Rino Gaetano?

Se lo chiede Miguel Gotor, Assessore alla Cultura di Roma Capitale. “La sua musica e la sua persona hanno accompagnato l’Italia e la Roma degli anni Settanta, la città dove questo giovane di origini calabresi ha scelto di vivere e la città del dramma, dell’incidente sulla Nomentana che lo ha fatto scomparire per sempre”. “L’intelligenza di Rino Gaetano, quando interveniva nei talk show, era sfavillante, ironica, sarcastica, originale” continua. “Era l’intelligenza di un giovane, ma anche di un intellettuale che capiva il tempo dove stava e riusciva ad esserne dentro e fuori al tempo stesso”. “Facciamo questa mostra per una ragione storica, perché siamo consapevoli dell’importanza che la musica ha avuto per raccontare gli anni Settanta. E per l’attualità: Rino Gaetano è vivo, ci sono adolescenti che non conoscono la sua storia, ma vibrano grazie alle sue canzoni e alla sua persona”. “Le canzoni di Rino mi hanno accompagnato negli anni più belli della mia vita” spiega Alessandro Nicosia. “E clamorosamente non era mai stata fatta una mostra dedicata a lui. Sono riuscito a entrare in contatto con gli eredi, la sorella Anna e il nipote Alessandro, ed è nato un bellissimo rapporto, abbiamo trovato la chimica per portare a buon fine quello che è stato fatto oggi. Anna che è stata per anni la custode religiosa dei cimeli di Rino ha deciso di metterli a disposizione”. “Rino Gaetano è un poeta contemporaneo, amato per le sue canzoni, ma poco conosciuto per quel che riguarda la sua vita, per quel percorso breve di crescita culturale che ha fatto” continua. “Ho voluto strutturare una mostra volutamente leggera, che deve invogliare il pubblico per questa sua leggerezza, ma piena di profondità, così come erano i suoi testi”.

Rino Gaetano e Trastevere

Non è un caso che la mostra si svolga al Museo di Trastevere. “Il fatto di farla qui, a Trastevere, in questo museo popolare, è una scelta giusta” spiega Gotor. “Ricordo la Trastevere degli anni Settanta, di piazza della Scala, di Stefano Rosso, De Gregori, Venditti, il Folkstudio. Ho negli occhi questa strada che da qui porta a Via Garibaldi, dove si trovava il locale. Sono sicuro che Rino Gaetano abbia frequentato questi posti, li abbia percorsi, li abbia amati”. “È un museo al quale abbiamo destinato questa mostra, perché si trova a Trastevere” aggiunge Ilaria Miarelli Mariani, Direttrice della Direzione Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina. “È un museo che nasce come museo del folclore, per tenere vive le tradizioni di Trastevere, ma si è trasformato, è andato in direzione dei giovani, dell’arte, la fotografia, la musica. È la nostra seconda mostra dedicata alla musica, dopo quella su Armando Trovajoli. È proprio il museo di quella Trastevere che Rino Gaetano frequentava”.

Le sue trovate non erano marketing

Essere qui, vedere la vita di Rino Gaetano, ascoltare la sua musica, chiama alla mente una serie di riflessioni. “Sono i giorni in cui siamo reduci dal Festival di Sanremo e ci domandiamo quante canzoni rimarranno tra un mese o due” ragiona Gloria Satta. “Quelle di Rino, 40 anni dopo, ci sono ancora”. “In questa mostra è bello vedere gli accappatoi” aggiunge, riferendosi a uno dei cimeli più curiosi, un abito di scena molto particolare. “Lui entrava in scena così. Arrivava e lanciava le monete di cioccolato sul pubblico di Sanremo. Oggi queste cose sembrerebbero marketing, allora erano anticonformismo e improvvisazione”. “Oggi ci sono tante cose costruite per raggiungere una comunicazione istintiva, ma quello che aveva fatto Gaetano era in anticipo sui tempi, e per nulla costruito” interviene Giusy Ferreri. “È la sua grande verità, nei testi e nel modo di fare a far sì che qualcosa si mantenga pura negli anni”.

Riccardo Cocciante ricorda Rino Gaetano

Rino Gaetano è vivo, e continua a vivere anche attraverso il ricordo che ne fa Riccardo Cocciante, che si esibì in una serie di concerti con lui. “Il concerto che abbiamo fatto metteva insieme due persone all’opposto” rievoca. “Poteva succedere di tutto, potevamo anche arrabbiarci. Ma c’era qualcosa che ci univa: una difficoltà di vivere. L’artista è così perché non è come gli altri. Si tratta di continuare a fare quello che facciamo pur sapendo che potremmo non essere capiti dalla società.  Negli anni Settanta eravamo visti male, eravamo i capelloni, eravamo aggressivi nella nostra proposta. Ma dovevamo esserlo. Il mio non era un fisico da cantante, non ero omologato, mi mettevo al piano, chiudevo gli occhi e urlavo. Cercavo di farlo in modo armonico, ispirandomi alla musica nera, a un grido di passione”. “Rino era una persona simpaticissima” conclude. “Si capiva che non era inserito bene nella società. Si capiva la sua difficoltà. Era timido, ma sul palco si cambia, è un altro mondo. Per questo il palco a volte è una cosa tremenda da affrontare, è un’incognita. Si arriva sul palco e si diventa qualcos’altro, è l’opposto della vita”.

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