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DLVBBDO: un 2017 con il digital al 35% del business. Volendo essere sempre contemporanei nell’offerta delle soluzioni siano esse strategiche, creative o tecnologiche. Oggi con un posizionamento chiaro e distintivo perché il nostro lavoro parla di noi

L’anno che si chiude e il nuovo che si apre nelle risposte di Romeo Repetto, Amministratore Delegato DLVBBDO.

Partiamo dai dati. In questo 2016 gli investimenti, qualsiasi sia la fonte della rilevazione, parlano di almeno un 3% in più, con la rete a fare da regina, la tv a occupare la metà della torta, o quasi, la stampa ancora in crisi, specie la quotidiana. Come questa situazione si riflette sul vostro andamento? Insomma, diamo i numeri, i vostri, indicando le previsioni 2017

“Il peso di quello che genericamente definiamo ‘digital’ continua sempre ad essere maggiore, anno su anno, e per noi non è diverso. Prevediamo che sia ancora più importante nel 2017 superando la soglia del 35% del totale del nostro business, passando tanto da attività di ideazione di contenuti per i nostri clienti, attraverso la gestione delle numerose attività social che già nel 2016 hanno avuto un forte incremento, fino ad arrivare ad attività di crm. Le previsioni danno anche una crescita molto più contenuta per il 2017, intorno al +1.4%, questo vuole significare che il mercato non è poi così dinamico e quindi per crescere bisogna essere sempre più competitivi, in termini di qualità dell’output, capacità di rispondere in modo adeguato ai già clienti conoscendo sempre più profondamente il loro business ed avere conversazioni ‘ingaggianti’ con i prospect”.

Passando, invece, al qualitativo, in un contesto di comunicazione sempre più liquido, dove le specializzazioni hanno confini sempre più fluidi e indefiniti, siete soddisfatti di come siete riusciti a trasferire al mercato la vostra essenza e di quanto la conseguente differenziazione dal resto risulti premiante?

“Il percorso è iniziato diversi anni fa e, volendo essere sempre contemporanei nell’offerta delle nostre soluzioni siano esse strategiche, creative o tecnologiche, è un lungo cammino che non sarà mai finito. Sicuramente oggi  DLV e Proximity hanno un posizionamento chiaro e distintivo perché è il nostro lavoro che parla di noi. Case come quelle di Tempo, Yamaha, CheBanca!, Vogue, Nastro Azzurro, GNV, Linear – solo per citarne alcune – credo diano un profilo molto preciso all’agenzia e al suo lavoro, produciamo contenuti di brand e siamo in grado di veicolarli in modo specifico qualunque sia il punto di contato”.

In termini di innovazione. Di offerta, processo, servizio, creativa, organizzativa, cosa avete in serbo nel 2017?

“Continuiamo nel percorso segnato in questi due anni cercando costantemente di migliorarci. Se tra due anni quasi la totalità dei contenuti usufruibili in rete saranno essenzialmente video, credo che dovremo pensare come organizzarci in proposito, un contesto dove forse creatività e produzione non saranno più così distinte e le parole d’ordine saranno ‘fast, good, cheap’.

Difficile citare un cliente e progetto, ma dovendone scegliere uno realizzato nel 2016 a emblema della vostra visione, quale case history racconteresti e perché?

“Il progetto Tempo: per come è stato concepito, realizzato e i risultati di visibilità che ha conseguito è sicuramente qualche cosa di cui andiamo particolarmente orgogliosi. Così come tutto il lavoro di positioning e realizzazione di contenuti fatto per Yamaha Europe che ha in Faster Sons la sua massima espressione. Per correttezza dovrei citarne tanti altri, tutti probabilmente, perché ciascuno è espressione del nostro modo di lavorare insieme ai clienti e il desiderio di generare qualcosa che sia realmente ‘effective’”.

Da un lato, la comunicazione ha bisogno di recuperare cultura e di trasferire, anche insegnandolo, il valore dell’autorialità, dall’altro di ricalarsi nella vita reale andando a conoscere lì le persone, quando si esprimono nel loro modo più vero. Si tratta di facce della stessa medaglia o di dicotomia inconciliabile? Ossia, è possibile alzare l’asticella qualitativa coinvolgendo la gente, abituando al bello, dirigendo il ‘senso di cool, il gusto collettivo’, assumendosi dunque la responsabilità e l’onore di poterlo fare, anche nei confronti delle aziende clienti? 

“Facciamo un lavoro per cui dobbiamo raccontare nel modo migliore ed il più esteticamente gradevole delle storie che abbiano la capacità di coinvolgere le persone. Quindi nessuna dicotomia, anzi le due cose devono sempre essere profondamente compenetrate, il neorealismo in fondo era anche questo. Quotidianità, rilevanza, bellezza, gusto da narrare e interpretare senza venire mai meno alla qualità tanto creativa che realizzativa. I clienti cercano tutto questo e tutto ciò deve essere funzionale a conseguire gli obiettivi che ci vengono dati”.