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C’è bisogno di cambiare la narrazione sui temi dell’ambiente. Bisogna creare empatia con l’emozione. Non c’è niente di più potente che raccontare una storia. Stefano Accorsi ci racconta PLANETARIA

di Maurizio Ermisino

Di PLANETARIA abbiamo parlato, sia in termini di evento di divulgazione scientifica innovativo per l’accoppiata con gli artisti e non solo che di nuovo format per accogliere i brand che vogliono comunicare il modo sinergicamente finalizzato ad alzare l’asticella qualitativa dell’evento, così come la propria valorizzazione di marca. Bene, il tutto grazie a una tua idea. Come ti è venuta in mente e perché?

“Essendo un amante della natura e della montagna vedere che ogni anno i ghiacciai sul Monte Bianco si riducono è qualcosa che mi crea una profonda tristezza. Mi rendo conto che ci sono dei cambiamenti climatici ma ci sono delle cose che non torneranno mai più se continuiamo a fare quello che stiamo facendo. E il fatto che non ci sia più un rifugio ne è emblema. Che da un lato mi auguro stimolerà sempre più ad agire per il bene dell’ambiente. Ma soprattutto mi auguro stimoli la politica, perché senza la volontà politica non andremo da nessuna parte. Ecco questa è stata la molla, ma non mi andava di occuparmene in prima persona. Ho letto uno studio che diceva che il giornalismo e gli articoli non sono la sede più consona per trasmettere questi messaggi, spesso lanciano comunicazioni catastrofiste, perché in poco tempo devono raccogliere molte informazioni e dare un colore per far capire di cosa si sta parlando. Si è così creato un crescente senso di ansia e impotenza verso eventi che sembrano irreversibili, con effetto di allontanare le persone. Il cinema, il teatro, la letteratura possono invece sviluppare un’interlocuzione in modo diverso. Possono mettere i temi ambientali al centro di una narrazione poetica su basi scientifiche, ma in una storia, che quindi diventa esperienza emotiva. Il teatro è per antonomasia il luogo dell’empatia. Abbiamo aggiunto anche l’Intelligenza Artificiale. E le esperienze per i bambini. Vogliamo arrivare a tutti. E lo facciamo non solo per i giovani, come si dice sempre, lo facciamo anche per noi”.

Hai scelto di condividere questa esperienza con SUPERHUMANS : cosa è nato dal vostro connubio che prima non era possibile immaginare?

“Tutta la parte creativa e di sviluppo l’abbiamo condivisa con Filippo Gentili, che è l’altro ideatore del progetto. Ci siamo resi conto che avevamo bisogno di una struttura produttiva solida che ci aiutasse in tutta la parte logistica, per il montaggio produttivo, la ricerca dei partner, i preventivi. Anche il  Teatro della Pergola partecipa, si occupa ad esempio dello sbigliettamento (anche se è tutto gratuito) e dell’accoglienza, in sinergia con i ragazzi della scuola di Pierfrancesco Favino. Ma avevamo bisogno di una struttura produttiva: quando Filippo mi ha fatto incontrare Paolo Platania di SuperHumans è stata subito alchimia. Non solo la ricerca dei partner economici, ma anche il nostro regista è arrivato grazie a loro. Un grande lavoro di squadra. Un partner  strategico e fondamentale”.

Che giudizio hai sul modo di fare comunicazione oggi?

“La comunicazione è in continua evoluzione. Lo è sempre stata, ma oggi si è aggiunto un nuovo capitolo, quello dei social, con gli influencer, i microinfluencer. La comunicazione è un fenomeno planetario importante. Ma per quanto possa evolvere, resta comunicazione. Ed è per questo che è fondamentale fare questi eventi a teatro. Non c’è niente di più potente che raccontare una storia, in tutte le sue forme: una canzone, un concerto, uno spettacolo, un film. Credo che quella debba rimanere l’esperienza. La comunicazione lo può essere in un momento, anche la comunicazione di sé. Ma in un tempo in cui tutto arriva in fretta a saturazione e si passa subito a qualcos’altro, c’è bisogno di memorabilità. Prima c’erano gli influencer che si facevano solo i selfie, poi hanno cominciato a raccontare la propria vita, poi i propri problemi, a mostrare le proprie fragilità. Poi non è più bastato, hanno cominciato a fare le interviste, a creare contenuti. Ma si torna sempre e comunque al contenuto, alla narrazione. Esiste sin dall’uomo primitivo. Intorno un fuoco, qualcuno più bravo degli altri raccontava l’esperienza immortalata nelle pitture rupestri. Il  bisogno di lasciare una testimonianza che prescinda dall’essere umano diventando qualcosa di sublimato. Il teatro è questo. Basta che qualcuno si alzi e incominci a raccontarti una storia”.

PLANETARIA sarà un successo se? Con Paolo Platania si diceva che potrebbe essere ipotizzata l’evoluzione a progetto editoriale vero e proprio. Tu cosa immagini?

“Penso che sia molto interessante, un grazie a Paolo Platania e SuperHumans, perché l’approccio è farina del loro sacco. La nostra idea era di farne un appuntamento annuale, poi da buoni teatranti, una sorta di versione condensata, da portare in giro, tra un evento annuale e l’altro. L’idea di trasformarlo anche in progetto editoriale è di SuperHumans. E la trovo un’idea bellissima. Più noi riusciamo, creando contenuti, a comunicarli in modo più ampio e continuativo possibile, meglio sarà. Dobbiamo diventare uno strumento di dialogo e di confronto. È importante attirare l’attenzione sul cambiamento climatico. Certe azioni dimostrative delle nuove generazioni le capisco, capisco la loro rabbia. Ma non portano la discussione sul tema centrale. Se innescassero un dialogo sarebbe una vittoria. Quando cominci a fare muro contro muro ci si offende. Se invece dici: ‘ti siedi un attimo e parliamo?’ Questo è disarmante. Ci piacerebbe che PLANETARIA diventasse uno strumento sia per le aziende private che per il legislatore. Ma bisogna innescare un dialogo positivo. Arnold Schwarzenegger lo aveva fatto in California e aveva raggiunto standard altissimi”.