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Il punto di vista legale. Oggi parliamo di identità e patrimonio digitale. Tema delicato che porterà a incrociare le dita o fare tutte le corna del caso. Ma la questione non è banale, cosa succede alla nostra identità in caso di morte?

Michele Gioffrè, founding partner di Amtf Avvocati

Seppur con un pizzico di scaramanzia, a chi non è capitato di chiedersi cosa succederà al suo profilo social, alle conversazioni via chat o all’account di posta elettronica in seguito alla sua morte?

La vita ‘online’ di ciascun individuo contiene una miriade di dati: documenti, immagini, video, conversazioni ecc. i quali, nel loro insieme, costituiscono la c.d. ‘identità digitale’.

La gestione di tutti questi beni comporta problematiche giuridiche di diritto successorio, questioni etiche e patrimoniali; basti pensare a personaggi come ad es. gli influencerche producono contenuti online e lucrano sulla pubblicazione degli stessi.

In Italia non esiste una legislazione specifica in materia di successione nell’identità e/o nel patrimonio digitale.

Il GDPR nulla prevede per quanto concerne i dati personali dei soggetti deceduti ma riconosce agli Stati membri la possibilità di disciplinare autonomamente la materia, con inevitabili ripercussioni in un’ottica di armonizzazione del mercato digitale.

L’art. 2 terdecies del D.Lgs. 196/2003 (c.d. “Codice Privacy”) così come modificato dal D.Lgs. 101/2018, prevede per quanto concerne i ‘servizi della società dell’informazione’ la possibilità di precludere ai terzimediante dichiarazione di volontà espressa (presentata al Titolare del trattamento o allo stesso notificata), l’esercizio dei diritti relativi ai propri dati personali c.d. digitali. L’eventuale divieto imposto dall’interessato non può però arrecare un pregiudizio ‘all’esercizio da parte di terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi’ (comma 3, art. 2 terdecies D. L.gs 196/2003).

La soluzione consigliabile resta, quindi, quella di fare un testamento con cui stabilire espressamente come si vuole che il proprio patrimonio e l’identità digitale debbano essere gestiti.

Del medesimo avviso è il Consiglio Nazionale del Notariato, impegnato dal 2007 sul tema, il quale ha adottato anche un decalogo di moniti per la gestione dell’eredità digitale tra i quali è appunto annoverato quello di usare un c.d. mandato post mortem per affidare ad una persona di fiducia le credenziali di accesso ai vari provider, social network ecc. con istruzioni su cosa fare in caso di decesso.

Inoltre, sarebbe utile creare una lista con i vari account aperti e relativi dati di accesso oppure utilizzare un’applicazione di password manager, custodita in un luogo sicuro o anche allegata al testamento di cui sopra (da aggiornarsi periodicamente è chiaro), al fine di evitare che gli eredi siano costretti ai Titolari dei trattamenti per recuperare i dati di accesso.

Quali sono le policy dei vari provider?

Ad esempio, Yahoo impone la non trasferibilità dell’account il cui contenuto viene del tutto cancellato alla notizia di morte del titolare dello stesso.

Alcuni social come Facebook ed Instagram offrono la possibilità di convertire i profili di persone decedute in pagine commemorative e consentono anche di individuare un ‘contatto erede’ legittimato ad accedere e a gestire l’account del de cuius, con alcune limitazioni.

Qualora tale contatto non optasse per la cancellazione del profilo, infatti, quest’ultimo, come anticipato, sarà trasformato in un account commemorativo, ove l’erede può sì scrivere post e modificare l’immagine del profilo, ma non ha alcuna facoltà di interagire rispetto alle attività compiute in passato dal de cuius, per le quali si è ritenuto prevalente l’interesse di tutela di riservatezza dell’originario utente.

In una situazione di incertezza ‘giuridica’ circa la materia della identità e della correlata eredità (patrimonio) digitale, è consigliabile in conclusione avere contezza della propria identità digitale e di tutto ciò che la compone e di interrogarsi sulla sorte che si desidera farle avere, attesa la sua potenziale eternità, fornendo una guida dettagliata ai propri eredi (redazione del c.d. testamento digitale, redazione della lista delle password e dei dati di accesso ecc.).

In particolare, la redazione del testamento c.d. ‘digitale’ sembra uno degli strumenti più consoni per assolvere alle esigenze di gestione della propria identità e dei propri dati digitali, il che potrebbe rappresentare un ulteriore stimolo per l’utilizzo del correlato strumento giuridico di antica origine del testamento. Dall’analisi dei dati del Registro Generale dei Testamenti svolto dal Ministero della Giustizia Ufficio Centrale degli Archivi Notarili per l’anno 2017, è stata rilevata una percentuale molto bassa di pubblicazione di testamenti, pari al 13% rispetto ai decessi avutisi nell’anno 2016.

Il testamento è, pertanto, ancora poco sfruttato in Italia nonostante le sue evidenti potenzialità, i vantaggi ad esso connessi e la sua innegabile malleabilità rispetto alle più disparate esigenze del de cuius, lasciando nel limbo e in alcuni casi con troppo ‘margine di manovra’ i parenti superstiti, anche nel campo del patrimonio e dell’identità digitale.

a cura dell’Avvocato Michele Gioffrè, founding partner di
Amtf Avvocati