Luchino Visconti di Modrone, Executive Producer ENORMOUS FILMS
E’ finito il 2022. Che anno è stato per voi?
È stato un anno positivo, in miglioramento rispetto al 2021. Abbiamo fatto meno progetti ma più interessanti e stimolanti, siamo stati abbastanza fortunati. Non è stato un anno negativo.
Quali gli obiettivi raggiunti di cui andate più fieri e quale il progetto realizzato che diventa benchmark?
Un progetto è in uscita, una grossa produzione per un brand italiano con dei testimonial di cui non posso far trapelare ancora nulla. Il fattore molto positivo per noi è che ormai da qualche anno è entrata nel nostro Dna la capacità di poter lavorare su dimensioni estremamente diverse del progetto, raggiungendo sempre una qualità che i nostri clienti delle agenzie ritengono premium. L’elemento principale non è il fatturato o la quantità delle produzioni ma le modalità con le quali si svolgono. Questo è un ragionamento che scava più a fondo rispetto al budget di produzione. La capacità di riuscire a adattarsi alla situazione specifica, di interpretare le richieste nel modo corretto con il budget a disposizione. Secondo me oggi, per una casa di produzione, il terreno più complicato è quello. Si parte da progetti che definirei classici ad altri in cui il budget è risicato ma il tasso di creatività è elevatissimo ed è possibile raggiungere dei risultati positivi. Questa è la discriminante tra una buona casa di produzione e una meno buona.
Contingenza a parte, che cosa augurate all’industry per il nuovo anno, insomma quali gli ambiti sistemici su cui lavorare pro tutti?
Auguro all’industry meno incertezza, perché da quando è scoppiata la pandemia non l’abbiamo completamente eliminata. Auguro a tutti, case di produzione e soprattutto clienti, di togliere l’incertezza legata anche a fattori macroeconomici come la guerra, una possibile recessione, l’inflazione. Ci sono problemi molto grossi e se ci si augurasse di superarli si potrebbero apportare vantaggi enormi a tutto il settore.
In che direzione va il rapporto con i clienti, su cosa state ragionando per vestire meglio le loro esigenze, a quali ambiti, nuovi servizi, visioni?
Il rapporto con i clienti è sempre legato alla risoluzione di problemi. Noi siamo consulenti, siamo pagati per risolvere problemi e cercare di fare gli interessi del cliente. È questo il tasto sul quale continuare a spingere. In che modo? Ognuno di noi ha idee e modalità differenti ma l’obiettivo rimane lo stesso. Riuscire a trasmettere il messaggio che la casa di produzione scelta è un soggetto sul quale si può fare affidamento per la risoluzione dei problemi. Al massimo può cambiare il linguaggio, perché affrontiamo mondi molto diversi che sono in continua evoluzione e cambiamento e per questo motivo occorre un’evoluzione parallela ma la sostanza rimane identica.
Nell’era della proliferazione dei touch point sembra che la quantità vinca. Ma alla fine non è la memorabilità a fare la differenza? Non vi sembra che le belle cose siano sempre meno? La causa è del budget, della creatività o della scarsa attenzione riservata al crafting dai committenti?
Credo che si debba ancora trovare un equilibrio tra la multidiffusione con la quale ci siamo abituati con il digitale alla qualità del prodotto stesso. Se una comunicazione si rivela facile da distribuire non deve ingannarci e indurci a pensare che non è anche memorabile. Chiaramente la memorabilità vince, è la base principale e credo che anche in Italia vi siano le professionalità per far si che possa essere messa al servizio delle esigenze del cliente. I creativi italiani sono molto bravi, occorre farli lavorare nella direzione giusta. È compito del cliente trovare un meccanismo nel quale non ci si dimentichi che la memorabilità è qualcosa di fondamentale nella comunicazione.