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Edelman Trust Barometer 2022: cresce la fiducia degli italiani nelle istituzioni. Quella del Business la più credibile, seguono le NGO e i Media. Passoni: le aziende hanno un ruolo sociale a cui non possono sottrarsi

Fiorella Passoni, Ad Edelman Italia

La fiducia degli italiani continua a crescere nonostante i due anni di pandemia e, in controtendenza a quanto accade a livello globale ed europeo, l’indice generale della fiducia nel nostro Paese aumenta ancora di un punto percentuale toccando quota 53.

Si tratta del dato nazionale più alto in Europa dopo l’Olanda (al 57%) ma davanti alla Francia (al 50%) e alla Germania, con quest’ultima che perde ben 7 punti rispetto allo scorso anno (46%).

La fiducia nelle istituzioni, invece, è in linea con il trend globale con tre di loro – il Business stabile (al 59%), le NGO in crescita di sei punti (al 54%) e i Media fermi (al 50%) – che si posizionano nella zona neutrale. Un piccolo passo indietro per il Governo (al 49%) che perde due punti rispetto allo scorso anno quando, invece, ne aveva guadagnati 10.

Sono questi alcuni dei dati principali emersi dall’Edelman Trust Barometer 2022, ricerca condotta a livello globale da Edelman su un campione di oltre 36.000 persone in 28 Paesi e che da oltre 20 anni studia l’andamento del rapporto di fiducia tra i cittadini e quattro tra le principali istituzioni che operano nella società: Governo, Business, Media e Organizzazioni Non Governative.

Cosa preoccupa gli italiani? 

Nonostante una buona fiducia nelle principali istituzioni, gli italiani si dimostrano poco ottimisti a livello globale per le prospettive economiche a breve termine: solo il 27% crede in un miglioramento delle condizioni di vita – proprie e della propria famiglia – nei prossimi 5 anni (la media globale è del 51%). Un dato in linea con le principali democrazie sviluppate ma superiore a quello di altri Paesi europei come Germania (22%) e Francia (18%) che si piazzano in fondo alla classifica. I timori degli italiani restano focalizzati principalmente sull’occupazione: più di nove italiani su dieci (93%), infatti, hanno paura di perdere il lavoro (a livello globale la percentuale si ferma all’85%). Otto su dieci (83%), invece, temono gli effetti dei cambiamenti climatici mentre aumenta di 6 punti la paura di perdere la propria libertà come cittadini (70%) che, nel resto del mondo, è del 65%. “Quella della perdita del lavoro è una paura che si è modificata nel corso degli anni e, se in pre-pandemia era legata alla delocalizzazione delle fabbriche e all’automazione, oggi è il timore di non essere adeguatamente formati a fare la parte del leone”, commenta nella nota  Fiorella Passoni, Ad EDELMAN ITALIA. “Con un’aspettativa di vita e lavorativa molto più lunga, oggi è necessario considerare la formazione costante e il re-skilling come beni di prima necessità su cui i leader dovranno necessariamente esprimersi. Un tema discusso anche all’interno del World Economic Forum in cui è stato ribadito che la ripresa economica mondiale passerà attraverso nuove professioni di cui almeno la metà oggi ancora non esistono”.

 Di chi si fidano gli italiani?

Molti indicatori del Trust Barometer indicano che gli italiani individuano nell’ambito del lavoro i soggetti a cui fare riferimento quando si parla di fiducia. Un dato che, tra le istituzioni, è supportato dall’alta fiducia nel proprio datore di lavoro che resta stabile al 76% mentre è più bassa in altri Paesi europei come la Spagna (72%), la Germania (71%) e la Francia (67%). Tra i leader, invece, mentre cresce fisiologicamente di 5 punti la credibilità degli scienziati (77%), resta altissima quella dei propri colleghi di lavoro (71%), quella delle autorità sanitarie nazionali (in salita di 10 punti al 68%) e del proprio Ceo (60%).

 Una grande opportunità per il business

Da molti indicatori del Trust Barometer 2022 emerge l’importanza che gli italiani attribuiscono al mondo delle imprese e in particolare ai CEO: secondo il 72% degli intervistati questi ultimi dovrebbero informare e alimentare il dibattito pubblico su temi sociali come cambiamento climatico, lavoro/economia, tecnologia/automazione e su temi più legati ai diritti come l’equità degli stipendi, la discriminazione o l’immigrazione. Dall’analisi, inoltre, emerge una diffusa richiesta che i diversi stakeholder fanno alle aziende e ai loro leader affinché assumano un ruolo più ‘sociale’, senza però sconfinare nella politica. In Italia oggi il 60% dei consumatori, il 57% dei lavoratori e il 56% degli investitori sceglie il posto di lavoro e i brand da acquistare o in cui investire in base ai propri valori e convinzioni, in linea con il trend che si registra a livello globale.

“È un momento di grande opportunità per le aziende che hanno l’occasione di diventare una guida per continuare a fare crescere il livello generale di fiducia nel Paese – aggiunge Passoni –. Le aziende hanno un ruolo sociale cui non possono più sottrarsi: i dati ci dicono che sette italiani su dieci vogliono che i leader aziendali interagiscano con la società e con i vari stakeholder e soprattutto che prendano posizione sulle principali tematiche sociali. Questo non vuol dire che il Business debba sconfinare nella politica: le aziende dovranno occuparsi di policy e non di politics, ossia di fatti concreti, per rassicurare le persone sul proprio futuro, fornendo loro informazioni affidabili e chiare. In questo quadro, come emerso dall’ultimo Forum di Davos, è importante sottolineare il ruolo strategico della comunicazione che, grazie alla sua capacità di formare le abitudini, sarà fondamentale per il recovery di alcune industry come, ad esempio, quella del turismo. Sarà però necessario che le aziende, ma anche tutte le istituzioni, cambino la propria narrazione facendola diventare più diretta, positiva ed empatica”.

 L’igiene e la qualità dell’informazione

La bassa speranza in un cambiamento repentino delle condizioni economiche va di pari passo con la preoccupazione per la qualità dell’informazione con quasi 8 italiani su 10 (il 79% contro una media globale del 76%) che teme il proliferare delle fake news. Un aspetto che, però, spinge a non fermarsi alla prima informazione ricevuta e che fa del propriodatore di lavoro (65%) la fonte più autorevole in cui credere, più del governo (61%) e dei media ufficiali (54%). Gli italiani, inoltre, sono tra i più attenti quando si parla di “igiene dell’informazione” e dimostrano una maggiore di capacità di “isolare” le fake news visto che, più di uno su tre (il 35%), dichiara di effettuare una verifica dell’attendibilità delle notizie prima di condividerle, mentre a livello globale questa percentuale è di appena uno su quattro (26%).

Quello della qualità dell’informazione all’interno della società è uno dei temi approfonditi dal Trust Barometer che, dall’analisi dei dati relativi ai 28 Paesi coinvolti, ha rilevato un livello di fiducia mediamente più alto tra gruppi ad alto reddito (62%) rispetto a quelli a basso reddito (47%). Un “gap sociale” che però si riduce grazie alla buona informazione, visto che tra i “ben informati” a basso reddito l’indice di fiducia sale al 57% mentre si ferma al 55% tra i “meno informati” con alto reddito.

 La fiducia nei settori economici

Torna a crescere la fiducia degli italiani nel settore della tecnologia (+ 4% sia in Italia che a livello globale), che guida la classifica da sempre, che raggiunge il 73% nel nostro Paese, ben lontano, però, dai livelli del passato quando superava i 90 punti. Seguono poi il farmaceutico/salute (+2%) e il manifatturiero (+4%), entrambi al 68%. Stabili rispetto allo scorso anno i servizi finanziari (al 42%) che, al contrario, rispetto al passato, fanno registrare un trend in crescita che supera i 10 punti.

Tra le diverse tipologie di aziende, inoltre, quelle più credibili agli occhi degli intervistati sono le aziende familiari (68%), seppur nel corso degli ultimi 8 anni abbiano subito un calo di 10 punti e quelle private (+3%) al 54%. In ripresa, infine, anche la fiducia nelle aziende statali che guadagnano 3 punti rispetto allo scorso anno (47%) e che, su un orizzonte temporale di 8 anni, crescono di 10 punti.

Da segnalare, infine, un diffuso europeismo degli italiani, secondi solo agli irlandesi a livello continentale, in quanto a fiducia nei confronti dell’Unione Europea che tocca il 60% (+5%), mentre, allo stesso tempo, aumenta la credibilità di istituzioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) (66%) e le Nazioni Unite (60%).