Niccolò Arletti, CEO DDB GROUP ITALY
Sta finendo il 2022. Che anno è stato per voi e quali gli obiettivi raggiunti di cui andate più fieri?
Il 2022 è stato difficile, intenso e ogni traguardo raggiunto è stato frutto di impegno e determinazione, di grande capacità di reazione e adattamento rispetto a variabili sempre nuove. Un anno che ci ha portato soddisfazioni a livello creativo, con il Leone di Cannes e diversi altri riconoscimenti sia in Italia che all’estero. Ci ha dato conferme di stima reciproca nelle relazioni con i nostri clienti e ha dato avvio a nuove collaborazioni. Tutti motivi che ci consentono di fare un bilancio positivo in cui il contributo delle nostre persone ha avuto un ruolo fondamentale. Lavorare in DDB e occuparsi di brand importanti e clienti estremamente esigenti a cui offriamo consulenza multidisciplinare richiede professionalità, flessibilità, sensibilità strategica, ma soprattutto una grande passione e commitment verso gli obiettivi che ci prefiggiamo. Le nostre persone ci dimostrano ogni giorno queste capacità ed è questo che fa la differenza e di cui andiamo più fieri.
Contingenza a parte, che cosa augurate all’industry per il nuovo anno. Insomma, quali gli ambiti sistemici su cui lavorare pro tutti?
La nostra industry da ormai molti anni fatica a essere riconosciuta come un investimento. È sempre più spesso percepita come un costo, quasi una commodity. Sicuramente buona parte delle responsabilità sono nostre. Auspichiamo di riuscire a tornare a valorizzare il prodotto del nostro lavoro e a renderlo il più sostenibile possibile, nel senso più ampio del termine, rispettoso dell’ambiente ma anche e soprattutto di tutte le persone che vi operano. Gestione delle gare e modelli di remunerazione, per citare un paio di ambiti tra quelli più trasversali ad agenzie e clienti, e forse tra i più attuali, meritano senza dubbio una discussione il più allargata possibile. Considerata la sensibilità dimostrata, abbiamo grande fiducia nel contributo che UNA saprà dare.
In che direzione va il rapporto con i clienti, su cosa state ragionando per vestire meglio le loro esigenze, a quali ambiti, nuovi servizi, visioni?
Ogni cliente vive un momento di trasformazione. Dalla pandemia in avanti nulla può più essere trattato come prima: il consumatore, i modelli di business, i temi energetici, la relazione btb, la formazione, le risorse umane. Per quanto ci compete, ogni trasformazione ha bisogno di visione, comunicazione e misurazione dei risultati. Sono questi i tre livelli consulenziali su cui ci misureremo sempre più nei prossimi mesi e che guideranno l’evoluzione della nostra offerta. Ad una già consolidata qualità creativa si affiancherà un reparto strategico e data-science in progressivo potenziamento.
Nell’era della proliferazione dei touch point ha ancora senso parlare di memorabilità delle campagne? Quanto la creatività è in grado di difendere l’efficacia della comunicazione contro velocità e quantità di messaggi e contenuti?
Ha perfettamente senso, a maggior ragione nell’era della proliferazione dei touchpoint. Bill Bernbach, uno dei fondatori della nostra agenzia, in tempi non sospetti diceva che ‘La creatività è la forza più potente del business’, dove per creatività si intende quella che nasce da un impianto strategico solido e affilato, quella che va a toccare le corde emotive ed entra in empatia con le persone, a prescindere che si abbia a che fare con un piano editoriale social, un’attivazione o un progetto legato al gaming, una promo tattica o uno spot di brand. Ecco, pensando anche alla domanda precedente, questa creatività è ancora in grado di non perdersi nel rumore di fondo e di dare un grande contributo alla trasformazione del business dei nostri clienti.