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(#7) Gestire la reputazione con l’AI. Non solo strumento ma essa stessa stakeholder. Aziende, la sfida è capire e influenzare gli algoritmi che si frappongono tra voi e i vostri clienti

GIUSEPPE MAYER
GIUSEPPE MAYER
di Giuseppe Mayer

Nell’era dell’intelligenza artificiale, il modo in cui le aziende si relazionano con i propri stakeholder sta subendo una trasformazione radicale. Gli algoritmi e i sistemi di AI non sono più semplici strumenti, ma stanno diventando essi stessi degli stakeholder a tutti gli effetti, con un’influenza sempre più decisiva sulle scelte e le preferenze dei consumatori.

La gestione degli stakeholder, sebbene oggi sia formalizzata con framework e strumenti digitali, affonda le sue radici nella storia delle relazioni umane. Dalle piazze dell’antica Roma ai moderni uffici delle corporation, la capacità di costruire e mantenere relazioni di fiducia è sempre stata fondamentale per il successo di qualsiasi impresa.

Ma con l’avvento dell’era digitale, le dinamiche sono cambiate. Email, videoconferenze, social media hanno rivoluzionato il modo in cui le aziende comunicano con i propri stakeholder. La sfida non è più solo trasmettere messaggi, ma orientarsi in un mare di dati, feedback e interazioni in tempo reale.

Per navigare in questo nuovo scenario, le aziende possono fare leva sul potenziale dell’AI generativa. Questi strumenti possono aiutare a identificare e categorizzare gli stakeholder, analizzarne i sentiment, simulare scenari e personalizzare le comunicazioni su larga scala.

Immaginate di poter mappare in tempo reale la rete dei vostri stakeholder, individuando alleanze, conflitti e sinergie. O di poter monitorare costantemente le percezioni e le reazioni ai vostri prodotti o iniziative, intervenendo tempestivamente per gestire eventuali crisi. O ancora, di poter coinvolgere ogni gruppo di stakeholder con messaggi su misura, nel formato e con la frequenza più efficaci.

Tutto questo è possibile grazie all’AI, che può processare enormi quantità di dati, cogliere pattern e insight, e adattarsi dinamicamente all’evolversi delle situazioni. Ma attenzione: l’AI non è una bacchetta magica. Richiede una strategia chiara, una supervisione umana e un forte senso etico.

Ma l’AI non è solo uno strumento per gestire gli stakeholder. Sta diventando essa stessa uno stakeholder chiave, con cui le aziende devono imparare a relazionarsi. Pensate a quanto gli algoritmi di raccomandazione di Amazon, Netflix o Spotify influenzano le scelte dei consumatori. O a come i feed di Facebook o Twitter plasmano le opinioni e il dibattito pubblico.

Per le aziende, questo significa che la partita si gioca su un nuovo terreno: capire e influenzare gli algoritmi che si frappongono tra loro e i clienti. Se un algoritmo può orientare la scelta di un consumatore, le aziende devono trovare il modo di assicurarsi che quell’orientamento sia a loro favore.

Ma come si fa a relazionarsi con un’entità che non ha emozioni, bias o preferenze personali? Come si negozia o si influenza qualcosa che opera in base a dati e logiche predefinite? Sono sfide nuove, che richiedono un cambio di mentalità e di competenze.

In questo nuovo scenario, la gestione degli stakeholder diventa insieme un’arte e una scienza. Richiede empatia e creatività, ma anche rigore analitico e padronanza tecnologica. Richiede di saper leggere i segnali deboli, anticipare i trend, gestire la complessità.

Ma soprattutto, richiede di mettere al centro le persone, i loro bisogni e i loro valori. È una sfida affascinante e impegnativa, che ridefinirà il modo in cui facciamo business nei prossimi anni. Una sfida che richiede visione, coraggio e intelligenza, non solo artificiale ma anche emotiva.