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WhatsApp: come funzionano i ‘canali’ e in cosa sono diversi da quelli di Telegram. La permanenza per soli 30 giorni è minus o plus?

Canali Whatsapp
di Maurizio Ermisino

Siete tra quelli che seguono i canali Telegram, come BBC, The New York Times, Amazon, Netflix o National Geographic? WhatsApp da qualche mese ha preso in prestito l’idea e ha messo a disposizione dei suoi utenti dei canali. Una comunicazione one to many, quasi fosse un’emittente tv col suo palinsesto. Ne abbiamo parlato con Flavius Florin Harabor, consulente di web marketing, formatore e relatore ai principali eventi di settore.

Che cosa sono i canali di WhatsApp?

“I canali non sono altro che una chat dove la persona che si iscrive subisce l’informazione che riceve”, ci risponde Harabor. “Questo valeva e vale ancora per Telegram, ed è così per WhatsApp e tutte le altre app simili: in casa Meta c’è stata anche l’introduzione dei canali per Instagram. Telegram è stato il precursore. Il canale non è altro che un raccoglitore dove uno parla a tanti e quei tanti subiscono”.

È la comunicazione one to many, come dicevamo in apertura. Con questa nuova funzionalità degli utenti selezionati possono creare delle chat unidirezionali a cui possono iscriversi altri utenti per restare aggiornati. Solo l’amministratore del canale può inviare messaggi, mentre chi è iscritto non avrà alcuna libertà se non quella di leggere e informarsi sulla chat.

I canali di WhatsApp e quelli di Telegram: cosa cambia?

“Le differenze si notano ancora parecchio”, ci spiega Harabor. “Nonostante le risorse che sono già presenti all’interno di WhatsApp, non sono state implementate ancora nei canali come con Telegram. Mancano i sondaggi, manca la possibilità di fare dirette live. C’è l’opportunità di pubblicare in questi canali dei contenuti audio e video, ma principalmente video e foto con una didascalia sotto, dove gli utenti possono interagire con le reazioni, o uscire da questo canale andando a visitare il sito della testata giornalistica o del brand che gestisce quel canale. La grande differenza di WhatsApp, che ha attirato l’attenzione rispetto a Telegram, è data dal fatto che ha realizzato una directory dove la persona può andare a trovare più velocemente il canale ufficiale, come può esser quello di National Geographic, di Mediaset, della Roma o del Barcellona”.

Come funzionano i canali WhatsApp?

Nei canali WhatsApp il rispetto della privacy è garantito perché questi sono separati dalle normali chat e in questo mondo l’identità degli iscritti non è visibile agli altri utenti. Ma come si trovano i canali? “Basta andare sulla schermata principale di WhatsApp, che ha sin da subito selezionato la voce chat”, sottolinea l’esperto. “All’interno della schermata c’è una voce che si chiama aggiornamenti. All’interno di questa sezione troviamo le stories o i tag che i propri contatti pubblicano. E poi c’è una zona vuota da cui si possono selezionare i propri canali, e che diventerà animata man mano che ci si iscrive ad essi: aprendo questa schermata potremo vedere tutti i canali a cui è possibile iscriversi, selezionando il proprio paese, o qualsiasi altro. Selezionato il paese possiamo trovare tutti i canali pubblici ufficiali, quelli con la spunta, ma anche canali non ufficiali, cioè canali autonomi, realizzati da appassionati ed esperti di qualche materia che decidono di comunicare in questo modo. Una volta identificato il canale può cliccare sopra per vedere di cosa si tratta, quali sono le informazioni che sono pubblicate e decidere di iscriversi”.

Contenuti disponibili solo per 30 giorni

I contenuti inviati tramite i canali WhatsApp sono disponibili solo per trenta giorni e poi vengono cancellati. “La grande differenza tra Telegram e WhatsApp è che Telegram dà la possibilità di lasciare per i contenuti per un tempo illimitato, o di attivare un timer di pulizia dei messaggi pubblicati, mentre WhatsApp i messaggi mandati all’interno di un canale durano per trenta giorni”, continua Harabor. “In alcuni casi, soprattutto dove il canale è ufficiale, e appartiene a un ente pubblico o a una squadra di calcio, si sono sforati i trenta giorni”. Il perché sia accaduto potrebbe essere questo, ma è solo un’ipotesi. “Visto che in occasione del lancio dei canali si è puntato sul fatto di avere fin da subito persone e identità molto rilevanti, si è dato un occhio di riguardo a questi e si è lasciato più a lungo il contenuto pubblicato”, ipotizza l’esperto. “Probabilmente nel prossimo futuro ci sarà qualche sistema che permetterà agli amministratori di andare oltre il limite dei trenta giorni: avrebbe particolarmente senso nel caso di canali di liberi professionisti e aziende, che hanno bisogno di uno storico dei contenuti che vengono pubblicati”.

A cosa sono utili i canali WhatsApp?

I primi ad avere i loro canali WhatsApp sono state istituzioni ed enti, come l’Agenzia delle Entrate e Roma Capitale, realtà del non profit come la Croce Rossa Italiana e l’Airc, squadre sportive, come la Roma, e artisti come Vasco Rossi. Ma in che cosa è utile avere un canale WhatsApp?

“Dobbiamo pensare ai canali come un sistema di comunicazione one to many che dà la possibilità di entrare in contatto e riuscire a comunicare molto più velocemente con il proprio cliente”, dice Harabor. “Per l’Agenzia delle Entrate il cittadino va visto come un potenziale cliente e può essere utile avere un canale WhatsApp in con cui racconta alle persone come avere uno sconto sulle tasse da pagare o come si possono ricevere rateizzazione dei debiti. Avere un luogo dove trovare l’informazione di cui hai bisogno è un modo per eliminare le fake news. Ma può valere per un’azienda calcistica. Dopo le partite ci sono spesso problematiche di ordine pubblico e di sicurezza e così l’azienda comunica velocemente: non attende di arrivare sui giornali o su un sito, ma arriva subito nel telefono del suo cliente perché questo ha scelto di seguirti. Ormai il telefono è una nostra estensione della vita quotidiana: si tratta di utilizzarlo e sfruttarlo per arrivare alle notizie, per informarci. Ogni azienda poi può utilizzare i canali come vuole: può anche offrire ai clienti vantaggi e sconti. Ad esempio, un canale di Rai Play potrebbe caricare un video con una didascalia che invoglia ad accedere al contenuto, così quelli che si iscrivono al canale non subiscono solo l’informazione, ma hanno un contenuto che permette loro di interagire”.