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Tra NFT, avatar e abiti fatti di pixel, la ‘digital fashion’ è già realtà. E no, il metaverso non si sta gentrificando…

La moda virtuale non sarà tangibile, ma è un business decisamente serio. E complicato, considerato che sono molteplici le strade, tra gaming, skin, realtà aumentata, realtà virtuale, NFT e metaverso (o metaversi), attraverso cui i brand hanno messo piede nel digitale. Ma il successo (anche commerciale) è solo l’inizio.

Perché con l’arrivo dei metaversi, le occasioni per vestirsi con abiti fatti di pixel sono destinate ad aumentare esponenzialmente. E quindi prende forma un’altra bella fetta di mercato da accaparrarsi: dagli avatar alla realtà aumentata in cui ciascuno può ‘indossare’ abiti digitali, il passo è dunque breve. Così breve che si stanno già moltiplicando gli eStore specializzati: inviando una tua foto gli abiti (digitali of curse) vengono ‘cuciti’ per realizzare esattamente il capo scelto.

Concretamente i primi ‘rudimentali’ metaversi sono quelli proprio del gaming, su cui i brand hanno già provveduto a mettere le mani. Giusto per citare qualcuno: Louis Vuitton veste League of Legends, Gucci Roblox, Balenciaga Fortnite.

In cima alla piramide di questa gigantesca offerta digitale, però, ci sono gli NFT, che sono i pezzi unici del digitale. “Forse il concetto più vicino alla comune concezione di lusso”, ha commentato in una presentazione Carlo Moltrasio, Senior manager di Bain & Company. “Il lusso nella moda si basa anche sulla scarsità, proprio come accade con gli NFT. Per questo la loro applicazione ad arte e moda è più comprensibile anche da chi non è nella fascia d’età di riferimento”. Perché, in effetti, la questione è anche demografica, ma non solo: può venire il dubbio di una ‘gentrificazione’ del Metaverso. Ma andiamo con ordine.

Gli NFT, Non Fungible Token sono un prodotto della blockchain spesso associati al sistema delle criptovalute: certificati digitali di autenticità e proprietà relativi a un’opera d’arte o a un oggetto, che possono essere solo virtuali oppure anche fisici. Non staremo qui a ripetere le incredibili valutazioni che queste ‘opere d’arte’ hanno raggiunto, certificate dalle aste internazionali. Citiamo solo quella maggiormente valutata, in testa alla classifica delle opere d’arte NFT più costose al mondo: autore Beeple, intitolata ‘Everydays: The First 5.000 Days’. Un collage composto da 5000 immagini per un’ampiezza pari a 21.069 x 21.069 pixel e acquistato su Christie’s da un programmatore con sede a Singapore per oltre 69,3 milioni di dollari.

A questo punto potrebbe scattare l’annosa polemica tra ‘avanguardisti’ e ‘passatisti’, ma ve la evitiamo volentieri limitandoci a un approccio ‘laico’ all’argomento: se c’è uno che compra significa che il prezzo è accettabile. Saranno i secoli futuri a dirci se l’investimento è giustificato da elementi concreti e non solo il frutto di una sbornia collettiva.

In ogni caso, l’industria della moda virtuale, che sempre più viene battezzata ‘digital fashion’, ha già registrato vendite per decine di milioni di euro, andando a creare una sovrapposizione tra prodotto digitale e prodotto fisico. D’altra parte, che cosa potrebbe richiedere di più un direttore creativo dotato di fantasia vera, scatenata, di non doversi sottoporre alle limitazioni di un abito fisico, di una modella vera, di un ‘taglia e cuci’ per realizzare una ‘vera’ collezione. Già qui c’è qualche cosa che non funziona nel discorso, perché i capi digitali sono veri, altroché, come confermano anche le sneaker da decine di migliaia di dollari (reali, non i Linden dollars di Second Life memorial) che imperano nel Metaverso, e l’acquisto di Nike, nei giorni scorsi, di una società che le produce, la RTFKT Studios, un’azienda specializzata nella manifattura di NFT e collezionabili virtuali.

E non è neanche il primo caso di una colosso del retail che investe – pesantemente – nella attività proprie del Metaverso, prima ancora che il Metaverso sia definito esattamente. Perché, in effetti, la corsa per la conquista di questo spazio virtuale si è già attivata: secondo Gucci, uno dei brand di maggior successo del momento, è solo una questione di tempo prima che le principali case di moda entrino a far parte del mondo NFT e di altri aspetti della moda digitale. Con il mese della moda che si è concluso a ottobre, molti marchi hanno infatti lavorato con gli NFT per inserire capi digitali all’interno delle loro collezioni.

Ed ecco allora apparire i ‘digital twin’, che associano la dimensione fisica a quella digitale, in quanto un prodotto fisico, come una borsa o un paio di calzature, ha un corrispettivo gemello digitale, combattendo così il mercato della contraffazione, ne sono un esempio le CryptoKicks di Nike.

Il concetto di metaverso è uno degli argomenti di tendenza nel mondo della tecnologia, ancor più da quando Facebook ha adottato pienamente la sua nuova visione, arrivando fino a cambiare il nome del gruppo stesso in Meta. Di per sé, il metaverso è un termine ampio che si riferisce generalmente ad ambienti virtuali condivisi, in cui le persone possono accedere via internet e nel quale si è rappresentati da un proprio avatar 3D, in cui operare con strumenti sperabilmente di uso comune, quali gli smart glasses e i visori panoramici.

Fino a oggi, abbiamo interagito online andando su siti web o attraverso i social media e app, mentre l’idea del metaverso consiste in interazioni più multidimensionali, dove gli utenti sono in grado di immergersi nei contenuti digitali piuttosto che semplicemente vederli. Uno strumento pienamente in linea con le aspettative della clientela dei brand e delle griffe (moda o sport poco importa, dopotutto) che operano in questo mercato.

E questo porta all’ultima considerazione: il metaverso sta già gentrificandosi? NFT quotati milioni di dollari, calzature o abiti digitali valutati decine di migliaia di euro: questo mondo sarà destinato solo ai più ricchi, escludendo i miliardi di ‘poveri’ dall’universo trascendente? Verrebbe da rispondere di sì, leggendo ad esempio un annuncio immobiliare per una proprietà da mezzo milione di dollari venduta qualche settiamna fa: ‘Mars House’, così si chiama l’immobile virtuale costruito dell’artista contemporanea Krista Kim. Per 288 Ether il nuovo proprietario ha ricevuto il file univoco del progetto, un NFT non c’è necessità di ripeterlo, e potrà caricarlo in più mondi immersivi 3D per vivere lo spazio digitale attraverso la realtà virtuale e la realtà aumentata. In pratica, non potrà farci nulla di pratico.

Ma attenzione, società come Meta, con miliardi di user attivi, non vogliono certamente costruire un club esclusivo, in cui l’accesso è permesso solo ai ‘super ricchi’. Questo approccio serve per ‘fa notizia’, viene riportato dai media, ma non va mai dimenticato che le persone che non possono spendere molto sono un’infinità, a cui vendere prodotti digitali a prezzi accettabili, non appena l’hype sarà stato montato a sufficienza…