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‘Attitudes to Programmatic Advertising 2020’, lo IAB Europe fotografa la situazione attuale di un comparto in evidente crescita

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I budget per il digital advertising continuano ad aumentare, con la pubblicità in programmatic che ancora una volta beneficia dei maggiori investimenti: gli inserzionisti che investono più del 41% del loro budget tramite metodi programmatici sono cresciuti al 70% nel 2020 rispetto al 55% nel 2019.

È quanto rivela il report ‘Attitudes to Programmatic Advertising 2020’ rilasciato da IAB Europe venerdì scorso, che si basa sulla rilevazione che nel mondo del programmatic, a livello internazionale, tutti gli indici sono costantemente in aumento, con l’eccezione della tendenza all’in-housing, passato dal 38% dell’anno scorso al 20% attuale.

Come è stato segnalato per la prima volta nel report dell’anno scorso, la maggior parte degli investitori concorda sul fatto che i dati e la ricerca dell’efficienza – il celebre ‘efficientamento’ di bdei tempi passati – guidano il loro spending in programmatic. Allo stesso tempo, i publisher cercano di far evolvere la loro modalità di attivazione e propongono soluzioni di misura e di gestione ancora basate su cookie. Quasi la metà (il 48%) cita i dati come elemento-guida per decidere gli investimenti e le strategie in programmatic, un aumento di 10% rispetto allo scorso anno. Il che fa pensare che non si sta attribuendo il giusto peso all’ormai prossima ‘rivoluzione cookieless.

Non sorprendentemente, gli investitori pubblicitari sono alla ricerca di un accesso ai media a costi inferiori, mentre le agenzie media puntano su premium inventory. In mezzo, i fornitori di tecnologie e i publisher stanno lavorando per soddisfare le richieste di entrambi: quasi due terzi dei primi riferiscono di fare investimenti per offrire un modello di business completamente trasparente. Guardando agli ostacoli attuali all’adozione del programmatic, infatti, la trasparenza è la preoccupazione principale per gli inserzionisti, che segnalano la necessità di un maggiore controllo dell’inventory (a costi inferiori, naturalmente) e chiedono visibilità e chiarezza sui prezzi applicati dai loro partner.

Da parte loro, anche gli editori si sono concentrati sull’ottimizzazione della domanda, complice una catena di fornitura opaca: sono gli stessi publisher a chiedere di conoscere come la loto offerta è stata proposta ai potenziali clienti, e a valutare questi dati in comparazione con i competitor.

I KPI di vendita continuano comunque a essere le metriche chiave per la valutazione dell’efficacia di campagne programmatich, ma si rileva un aumento delle metriche proprio del brand, come l’awareness e l’intention to buy, rilevate presso gli investitori e le agenzie, che suggeriscono più campagne di branding attraverso il programmatic.

Per quanto riguarda le aree di crescita, infine, la Connected TV è emersa come il settore con il maggiore potenziale: nonostante un numero ancora ridotto di investitori (meno del 20% dei rispondenti è al momento attivo in quest’area) i consumi di contenuti degli OTT, che ne alimentano la penetrazione nel mercato consumer, sono in costante e continuo incremento, e fanno ritenere probabili  futuri sviluppi esponenziali del comparto.