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Andrea Redaelli, Connexia: “La proposta da parte di Google, Facebook e Amazon di mezzi che mantengano il loro controllo sui dati va contro la ricerca di una soluzione unica per tutti i player”

Andrea Redaelli, Managing Partner Digital Media Connexia

Come è ormai noto, Google ha rinviato alla fine del 2023 la deprecaziome dei cookie di terza parte, inizialmente fissata per Chrome all’inizio dell’anno prossimo. Ma qual è la reazione del ‘mondo’ del digital advertising alla notizia di questo rinvio? Come si sta organizzando per un evento che sebbene rimandato, rimane ineludibile? Cominciamo con l’opinione di Andrea Redaelli, Managing Partner dell’area Digital Media di CONNEXIA.

Qual è stata la reazione del ‘mondo’ del digital advertising alla notizia del rinvio della deprecazione dei cookie da parte di Google? Come si stanno organizzando per un evento che sebbene rimandato, rimane ineludibile?

“Nell’industry la news era nell’aria da qualche mese, come tutti sappiamo Google è in una posizione di leadership sia per quanto riguarda il suo browser Chrome sia per quanto riguarda le sue soluzioni di Advertising”, esordisce Andrea Redaelli. “Fare le cose velocemente rischiando di mettere in crisi un’intera filiera non è nel suo stile e per questo ha deciso di prendersi un po’ più di tempo chiarendo però che l’obiettivo è quello di arrivare al 2023 con una soluzione realmente funzionante che possa accontentare tutti, soprattutto gli enti regolatori preposti a monitorare privacy e concorrenza. La cosiddetta Privacy Sandbox di Google, il pacchetto di standard e tecnologie per il tracciamento pubblicitario che ha l’obiettivo di mettere insieme tutela della privacy e strumenti efficaci per le aziende, al momento non è pronta”.

Guardiamo allora ai FLoC di Google vs Open Internet: come si stanno posizionando questi due interlocutori? E gli altri operatori che possono contare su un walled garden, da Facebook ad Amazon?

“I FLoC di Google purtroppo non risolvono il problema dei cookie di terza parte, anzi a detta degli altri big player del settore come Safari, Edge e Firefox questa soluzione incrementa ulteriormente la possibilità di ‘profilazione’ degli utenti oltre che creare l’ennesimo Walled Garden. Qualsiasi informazione inviata dal browser agli inserzionisti può potenzialmente servire come riferimento per il fingerprinting del dispositivo e le API sviluppate da Google permetterebbero l’accesso a informazioni anche sulla cronologia di navigazione dell’utente. Essendo l’algoritmo FloC basato su un tracciamento per coorte di utenti (la profilazione per gruppi omogenei ) e non più sul singolo individuo, si acquisiranno anche dati sugli interessi personali e su quelli ‘comuni’ al gruppo come ad esempio età, sesso, etnia.

Pertanto il futuro sarà rappresentato solo dai walled garden, in una forma o l’altra? Le speranze di avere un web aperto stanno scemando?

“Google, Facebook, Amazon ovviamente lavorano tutti su soluzioni proprietarie che possano garantire a loro in primis e ai loro utenti in seconda battuta una situazione di maggior controllo, tutela e ownership dei dati, questo ovviamente va a discapito di una reale ricerca del mercato di una soluzione unica per tutti i player. Vedremo nei prossimi mesi come si muoverà l’industry tra la definizione di nuovi standard, soluzioni di identity e 1st party data, contextual targeting… adesso è troppo presto per scommettere su qualcuno”.