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We Are Social Digital 2025: performance ed equity devono coesistere

Siamo stati ieri, 11 marzo, a Milano presso la sede We Are Social alla presentazione del loro report annuale Digital 2025. Prima macro lezione: il Roi di medio lungo aumenta del 40% se si investe solo in performance, ma del 90% se si accoppia all’equity

Bello toccare con mano l’interesse delle aziende, clienti e prospect, ai temi legati alla comunicazione sui social. In effetti, c’è sempre molto da imparare. E la platea di giovani manager presenti ieri all’approfondimento del report Digital 2025 WE ARE SOCIAL, lo ha dimostrato. Un universo in costante movimento quello dei social, anche se poi, a conti fatti, nel marasma della contingenza caposaldo restano proprio loro, le piattaforme, che sì evolvono e in qualche maniera cambiano, ma si mantengono sempre imprescindibili nella relazione tra brand e consumatori. Peraltro, le evidenze principali emerse ve le abbiamo già raccontate, ma dal live abbiamo appreso alcune ulteriori informazioni, che vale la pena di condividere

Non solo per performance, ma per brand equity

Partiamo da un dato che ci piace. il ritorno dell’investimento in comunicazione nel medio lungo più che raddoppia se assieme alla performance si lavora sul brand, sull’equity della marca (dal 40% al 90%). C’è poi un altro dato che invece ci piace meno, quello degli investimenti marketing scesi del 15% dal 2023, valendo nel 2024 il 7,7% del fatturato. Ci viene da aggiungere quanto non sia visione strategica, ma questo lo sosteniamo da sempre, non comunicare vuol dire non crescere, il punto sta nel farlo nella maniera corretta, come dimostrato da più fonti, che con ricerche differenti arrivano alla medesima conclusione (da Digital 2025 al lavoro Kantar), non solo tattica ma strategia. Ok quindi a concentrarsi sulla performance ma mai dimenticare di lavorare anche sul valore della propria marca, pure nei social. Tre i tre pillar strategici dell’equity: Humor, Community & Shareability, Celebrity & Creator.

Humor

In un mondo sempre più polarizzato, l’equity di marca si può costruire anche con leve diverse dagli statement valoriali. Ad esempio, con l‘intrattenimento ‘conversazionale’, presidiando momenti ad alta attenzionalità con contenuti dal chiaro entertainment value, ovviamente considerando anche lo humor come linguaggio. Sì a pianificazioni integrate Atl e digital, per un dominio più esteso e reach più ampia. Ricordando che le risorse per take umoristici possono annidarsi ovunque, bisogna fare attenzione ai commenti e conoscere i propri asset.

Community & Shareability

I brand devono prendere parte alla conversazione trovando il proprio tono distintivo. Non tutti, infatti, devono avere l’approccio ‘unhinged’ da Gen Z, vincono quelli capaci di distinguersi puntando sulla propria personalità, senza imitare gli altri. Altro suggerimento ‘reed the room’, se si vedono commenti già pieni di brand meglio saltare il giro. E poi vale sorprendere il proprio pubblico con momenti positivi di leggerezza e gioia, creando contenuti altamente condivisibili.

Celebrity & Creator

I creator rafforzano i legami con le piattaforme grazie a contenuti ingaggianti e di intrattenimento. L’umorismo ne amplifica l’impatto, ma il vero potenziale sta nell’opportunità di attivare diversi verticali con contenuti rilevanti per pubblici sempre più segmentati. Senza dimenticare l’utilizzo di influencer e creator come nuovo approccio alle Pr. I brand hanno oggi anche l’occasione di coltivare i loro creator ‘assoldandoli’ agli esordi così da costruire assieme la propria community. Ovviamente anche l’influencer marketing è strategia per brand equity e performance.

Cosa è cambiato nel social marketing

L’approccio al social marketing è più consapevole. Se nel recente passato la performance dominava, alla ricerca di un value for money qui e ora, oggi, lo abbiamo più volte ripetuto, è nell’accoppiata performance – equity che si ottengono i ritorni maggiori, con i marketer focalizzati nella definizione di azioni che posizionino il loro brand.