Il 9 giugno scorso avevamo pubblicato la notizia che Netflix aveva dato il via al suo gigantesco progetto di nuovi ‘studios’ fisici a a Fort Monmouth, in New Jersey: un investimento di più di un miliardo di dollari, che andrà ad unirsi ai molti studios già attivi negli USA (Los Gatos in California e Albuquerque nel New Mexico, e altri minori), in Spagna (Tres Cantos a Madrid), in UK (Shepperton Studios e Longcross Studios) e in Corea (Paju-si e Yeoncheon-gun, vicino a Seul). Per citare solo le principali location.
In altre parole, Netflix si è evoluta da semplice distributore di contenuti in uno dei principali produttori mondiali, investendo massicciamente in studi di produzione per realizzare i suoi contenuti originali. Questa strategia le ha permesso di avere un controllo maggiore sulla qualità e sulla quantità delle produzioni, oltre a soddisfare la domanda globale di contenuti localizzati e di alta qualità. E, come dimostra la notizia citata, non ha nessuna intenzione di cambiare strada.
Cosa fanno i concorrenti
A questo punto diventa obbligatoria la domanda: i concorrenti che cosa stanno facendo? Per semplicità prendiamo in considerazione gli OTT originali, Prime Video, YouTube e Apple TV+, con la spuria presenza di Disney+, impossibile da ignorare. E – sorpresa – le strategie di investimento non potrebbero essere più diverse, perché rispondono a obiettivi aziendali differenti: Prime Video usa contenuti di alto profilo come ‘collante’ per il suo impero eCommerce e ora, grazie all’acquisizione di MGM, gioca la partita di Hollywood; Apple TV+ usa contenuti di lusso come un’elegante vetrina per vendere iPhone e rafforzare il suo brand esclusivo; YouTube non vende contenuti, ma vende pubblicità sui contenuti creati da altri, quindi investe nell’abilitare e far crescere la sua infinita e decentralizzata forza creativa invece di puntare sull’acquisizione di studios. Mentre Disney+ si basa su un approccio più pragmatico e consolidato: l’utilizzo della sua vasta rete di studi di proprietà e, soprattutto, la stipulazione di accordi di affitto a lungo termine con importanti centri di produzione cinematografica a livello globale, per continuare ad alimentare la library quasi infinita dei suoi contenuti.
Prime Video: affitti strategici e produzione locale
La strategia di Amazon per sostenere la massiccia produzione di contenuti per Prime Video si articola su un modello ibrido e globale, che differisce da un approccio basato unicamente sulla costruzione di nuovi studi. Con l’acquisizione della Metro-Goldwyn-Mayer (MGM) per 8,45 miliardi di dollari, completata nel 2022, Amazon non ha solo messo le mani su una vasta libreria di IP, ma anche sulla storica sede dello studio. I Culver Studios, che hanno visto la nascita di capolavori come ‘Via col Vento’, sono ora il quartier generale di Amazon MGM Studios e un campus all’avanguardia che unisce edifici storici a sei moderni teatri di posa e uffici creativi.
Per espandere la propria capacità produttiva a livello globale, Amazon ha siglato inoltre importanti accordi di affitto a lungo termine in due dei più importanti centri di produzione mondiali: il Pinewood Group, vicino a Londra, e i Pinewood Toronto Studios, in Canada. Oltre a questi grandi poli, la strategia di Amazon prevede l’utilizzo di studi e location in tutto il mondo per le sue produzioni originali. Questo approccio flessibile permette di sfruttare gli incentivi fiscali locali, l’autenticità delle ambientazioni e i talenti specifici di ogni regione.
Un esempio significativo è il Sudafrica, dove sono state girate per produzioni Amazon come il thriller politico ‘G20’ e la serie ‘Good Omens’. Per anni, Amazon ha siglato accordi di output con studi locali, come Inkblot Studios in Nigeria, per portare i contenuti africani sulla piattaforma globale, anche se la strategia in questa regione è attualmente in fase di revisione.
In sintesi, l’investimento globale di Prime Video negli studios fisici non si traduce in una corsa alla costruzione di nuove proprietà, ma in un abile mix di possesso (l’iconica eredità di MGM), affitti strategici a lungo termine in centri nevralgici e collaborazioni mirate a livello locale.
YouTube: dagli hub globali al modello virtuale
In questo caso si è assistito a una vera e propria inversione di rotta negli anni: a partire dal 2012, YouTube ha lanciato un ambizioso progetto globale: gli YouTube Spaces, studi di produzione all’avanguardia, situati in città chiave del mondo come Los Angeles, Londra, Tokyo, New York, San Paolo, Berlino e Parigi. Questi spazi fisici rappresentavano un investimento significativo e offrivano gratuitamente ai creator idonei (solitamente in base al numero di iscritti e allo stato del canale) l’accesso a teatri di posa professionali, attrezzatura di produzione, studi di post-produzione, formazione e networking.
Nel febbraio 2021, YouTube ha annunciato invece una svolta strategica: la chiusura definitiva di tutti i suoi YouTube Spaces fisici permanenti. La decisione è stata accelerata dalla pandemia di COVID-19, che aveva già imposto una transizione verso eventi e supporti virtuali, ma rifletteva una visione più ampia e a lungo termine: l’adozione di un approccio più flessibile e scalabile per raggiungere un numero maggiore di creator in più paesi, superando i limiti geografici imposti dai pochi hub fisici.
Si sono invece privilegiati programmi storici come YouTube NextUp – che continua a esistere ma in formato prevalentemente virtuale – e iniziative come il #YouTubeBlack Voices Fund, che permette ai creator di affittare studi, acquistare attrezzature o assumere personale, investendo direttamente nella qualità delle loro produzioni. Senza dimenticare la vasta gamma di risorse online: la Creator Academy, il canale YouTube Creators e il supporto fornito dai Community Partner Manager, che guidano e consigliano i creator su come far crescere i loro canali e sfruttare al meglio le nuove funzionalità della piattaforma.
AppleTV+: flessibilità e contenuti
A differenza di alcuni dei principali concorrenti nel mondo dello streaming, che investono massicciamente nell’acquisto di storici studi cinematografici o nella stipula di accordi di affitto a lungo termine per intere strutture, Apple TV+ adotta un approccio decisamente più cauto e flessibile per quanto riguarda gli investimenti in ‘studios’ fisici. La strategia del colosso di Cupertino non si basa sulla proprietà immobiliare, ma su un modello ‘asset-light’ che privilegia l’agilità, il controllo dei costi e gli investimenti diretti in contenuti e talenti di alto profilo.
Il principale investimento infrastrutturale di Apple legato alla sua divisione entertainment è il nuovo, imponente campus da oltre 50.000 metri quadrati in costruzione a Culver City, Los Angeles. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che non si tratta di un tradizionale lotto di studi cinematografici. Questo campus è concepito come un hub direzionale e creativo, destinato a ospitare gli uffici del personale di Apple TV+, i team di produzione e post-produzione e spazi di lavoro per i talent. La sua funzione primaria è quella di quartier generale per le operazioni di streaming, piuttosto che un insieme di teatri di posa da affittare o utilizzare per molteplici produzioni in contemporanea come avviene nei grandi studi.
La filosofia di Apple è chiara: il vero valore risiede nel contenuto, non nel contenitore. Invece di immobilizzare capitali in asset immobiliari, l’azienda preferisce investire miliardi di dollari in accordi pluriennali con le più importanti case di produzione e i creativi di maggior talento a Hollywood. Accordi strategici con entità come Skydance Media (per film e animazione) e, più di recente, con North Road di Peter Chernin (precedentemente legato a Netflix) assicurano ad Apple una pipeline costante di progetti di alto livello, lasciando che siano questi partner a gestire in gran parte la logistica della produzione fisica.
Disney+: proprietà storiche e affitti a lungo termine
Contrariamente a una corsa alla costruzione di nuovi studi, la strategia di The Walt Disney Company per sostenere il massiccio piano di produzione di contenuti per la sua piattaforma streaming Disney+ si basa su un approccio più pragmatico e consolidato: l’utilizzo della sua vasta rete di studi di proprietà e, soprattutto, la stipulazione di accordi di affitto a lungo termine con importanti centri di produzione cinematografica a livello globale.
Nel 2019, Disney ha siglato un accordo di locazione a lungo termine per una porzione significativa dei Pinewood Studios, situati vicino a Londra. Questo ha trasformato di fatto i Pinewood in una delle principali basi operative per le produzioni Disney in Europa, ospitando la realizzazione di numerosi film e serie di alto profilo, in particolare quelli legati ai franchise di Star Wars e Marvel.
Negli Stati Uniti, pur non avendo un accordo di esclusiva, Disney è uno dei maggiori clienti dei Trilith Studios in Georgia. Questo stato è diventato un polo di attrazione per le grandi produzioni grazie a generosi incentivi fiscali, e i Trilith Studios sono stati il set di molti dei più grandi successi del Marvel Cinematic Universe, come ‘Avengers: Endgame’ e ‘WandaVision’.
Oltre agli affitti strategici, Disney massimizza l’utilizzo delle sue proprietà storiche. Il celebre Walt Disney Studios lot a Burbank, in California, rimane il cuore pulsante delle operazioni, e recenti decisioni indicano una volontà di consolidare ulteriormente le attività in questa sede. È notizia recente, infatti, la decisione di Disney di non rinnovare il contratto di affitto per gli studi della 20th Century Fox a Los Angeles (acquisiti con l’omonima major), prevedendo di trasferire i team di produzione a Burbank entro la fine del 2025.
Fanno parte del portafoglio di studi di proprietà anche il Golden Oak Ranch, sempre in California, utilizzato per le riprese in esterna, e i Disney Studios Australia, che continuano a essere un importante centro di produzione per la regione Asia-Pacifico.
Un modello che privilegia l’agilità operativa e la capacità di dislocare le produzioni nei luoghi più convenienti dal punto di vista logistico, creativo e fiscale, garantendo al contempo un flusso costante di contenuti per la sua piattaforma streaming.
Cinque strategie diverse: chi vincerà?
Partendo da Netflix, che ha da sempre un vastissimo catalogo di contenuti (originali e acquisiti), con un forte investimento nella produzione di serie TV e film originali per tutti i gusti, anche i concorrenti presentano, come abbiamo visto, una notevolissima diversificazione nello loro strategie per affrontare i mercati globali.
Apple TV+ si distingue per un approccio focalizzato sulla qualità e l’esclusività dei contenuti originali, piuttosto che sulla quantità. L’obiettivo è offrire produzioni di alto livello con grandi nomi di Hollywood, puntando a premi e riconoscimenti per attirare un pubblico che ricerca intrattenimento premium. Al contrario Disney+ punta alla valorizzazione del proprio immenso catalogo di intellectual property, che include Disney, Pixar, Marvel, Star Wars e National Geographic. L’obiettivo è attrarre famiglie e fan di questi franchise, offrendo contenuti esclusivi e di alta qualità.
Prime Video, dal canto suo, ha ormai l’obiettivo principale di aumentare la fidelizzazione e l’attrattiva del servizio Prime nel suo complesso. Si punta anche sull’acquisizione di diritti sportivi esclusivi per differenziarsi, oltre a un mix di film e serie TV originali (con investimenti significativi, ad esempio, in produzioni come ‘Il Signore degli Anelli’ che però non ha riscosso successo) e contenuti in licenza.
A differenza degli altri, infine, YouTube non nasce come servizio di streaming a pagamento di contenuti premium, ma come piattaforma per contenuti generati dagli utenti (UGC). La sua strategia si basa sulla vastità e diversità dei contenuti gratuiti (dai video amatoriali ai creator professionisti, ai canali di news e intrattenimento). Offre anche opzioni a pagamento come YouTube Premium (per la rimozione della pubblicità e funzionalità aggiuntive) e noleggio/acquisto di film, ma l’obiettivo è essere la piattaforma video globale di riferimento per qualsiasi tipo di contenuto video.
di Massimo Bolchi