Youmark

Comunicare Domani 2013. Più facile a dirsi che a farsi, è il commento che sorge spontaneo, specie se la si guarda in numeri. Sorridendo invece un po’ di più in area qualitativa, con tante sfide da lanciare e da recepire. Intanto gli associati Assocom hanno approvato la bozza di Statuto. Quindi, almeno sino a fine settembre, data di rinnovo delle iscrizioni, il comparto continua ad avere la sua associazione. Con la chimera di fare sistema

L’abbiamo specificato nel titolo perché il tutto è avvenuto ieri pomeriggio, dunque, nella mattinata quando si è svolto l’annuale convegno Assocom ‘Comunicare Domani’ nessuno ne aveva certezza (ascolta al microfono di youmark i legali e operativi rappresentanti Assocom Enrico Gasperini e Peter Grosser).

Certo che a giudicare da quanto abbiamo ascoltato dalle voci dei diversi relatori, fare sistema per la comunicazione italiana oggi è quanto mai necessario (c’è da dire che l’adv nel mondo va tutt’altro che male. E pure in Europa, dove un po’ si piange, la situazione nostrana è la peggio). Resta così indelebile l’appello all’ottimismo lanciato da Giuliano Noci, Ordinario di Marketing e Prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, convinto che di opportunità ce ne siano, purché si accantonino i ragionamenti sull’andamento economico. Se si ragionasse con i numeri, infatti, la paralisi sarebbe il minimo che ci potrebbe succedere.

Ma prima di somministrare l’antidoto, tagliamo la testa al toro e rendiamoli immediatamente noti questi dati, tanto prima o poi un bagno di realtà dovremo comunque farlo. Vi basti sapere che gli investimenti dal 2007 hanno lasciato sul campo 3.000 mio di euro, di cui due tutti nell’ultimo biennio (fine 2012 a 7,095 mio contro i quasi 10 del 2007). E’ come se avessimo perso 11 Telecom, 13 Vodafone, 29 Eni, o 31 Nestlé. E il primo quadrimestre 2013 per Nielsen parla di -19%, con Assocom a prevedere la fine a -12,5, grazie a un rimbalzo tecnico.

Alleghiamo a proposito la ricerca presentata da Roberto Binaghi presidente del centro studi Assocom, così potrete approfondirne i dettagli. Sommariamente, comunque, è basilare tenere a mente che tutti i mezzi cedono, a eccezione del digitale, che però rallenta (e ciò preoccupa), con appena un +5,7% (vale 1,5 mio, ma se conteggiando quanto non viene rilevato si raddoppia). Video e mobile i suoi nuovi driver, rispettivamente a +15,0% (valgono 170 milioni) e +20,0% (a quota 50 mio).

La tv resta regina (perdono comunque tutte, quest’anno per la prima volta anche Sky e La7, meglio si comportano le ‘native’ digitali, con quelle di casa Mediaset a brillare di più) valendo il 51% della torta, che vede la stampa (che però resta il mezzo più sopravvalutato in base al valore mediatico effettivo) sorpassata definitivamente dal web (17,2% contro quasi il 20). (continua sotto)

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Come detto, col segno meno anche tutti gli altri mezzi. Radio -11% (meglio vanno le commerciali), esterna -16,5, cinema -30 (per non parlare dei settori – automotive, finanza, telco – non si salva nessuno. Pure il retail in controtendenza nel 2012 oggi delude).

Dunque che fare? A ridare la carica è lo speach di Noci. Perché le cose da cambiare non sono poche. A partire dallo spostare il perno sul consumatore e i suoi nuovi e paralleli tempi di fruizione dei media, che portano ad aumentare o distogliere l’attenzione dallo screen principale. Dunque, occasioni di engagement prima inesistenti che la nuova era ‘multi’ (channel, screen e tasking) e in mobilità offre a chi le sa cogliere e capire. L’integrazione tra paid, owned ed earned media, infatti, disegna nuovi spazi, in sintonia e complementarietà con i media tradizionali. Ovvio che l’advertising debba essere ripensato e con esso le stesse agenzie.

Lo ha dimostrato pure l’ultimo Cannes, ci viene da aggiungere, la comunicazione oggi deve dare un servizio, rendere migliore la vita della gente (a questo proposito le app servono benissimo lo scopo) e coinvolgere. Con l’ascolto a farsi indispensabile a monte e lo storytelling a tornare prepotente (le aziende diverranno sempre più editori di contenuti propri), rivitalizzando gli sforzi creativi.

Insomma, dovrebbe essere la rivincita della partnership strategica contro un’operatività da commodity (sensata, però la precisazione posta da Layla Pavone, gruppo Aegis, ossia, come si può parlare di rapporto quando le aziende non danno né il tempo né la fiducia, né la trasparenza necessari alle agenzie per lavorare in modo differente?), rivedendo le modalità di remunerazione in ottica sharing dei risultati (vi ricordate la visione Bnl di start up ad hoc in cui agenzia a azienda condividono e lavorano gomito a gomito su uno specifico progetto di comunicazione?).

Anche perché, lo ha dimostrato la ricerca Makno, le agenzie che vincono saranno quelle in grado di offrire maggiore presidio strategico e coordinamento. Pensate che oggi il 25% delle marche vuole un servizio tradizionale, facendo comunicazione atl e btl. Il 35% la fa multicanale e ricerca specializzazione. Infine, il 40% compete a chi ha voltato pagina passando all’era della convergenza e ricercando partner con capacità di regia (date un occhio anche a questa ricerca Aegis).

[pdf]Comunicare Domani – Gli investimenti pubblicitari nel 2013