Interactive

Basterà un ‘Gesto’ per comunicare. Da un’idea di Pietro Greppi, al via uno studio per l’elaborazione del linguaggio universale dei segni. Pro persone con handicap sensoriale, ma pure pro tutti, così che la lingua non sia più ostacolo. Partito il crwdfounding, perché senza sostenitori non si fa

L’idea, appunto, è di Pietro Greppi, consulente per la comunicazione, da sempre impegnato nel promuovere l’etica e la qualità delle relazioni fra le persone come elemento imprescindibile per poter parlare di crescita. Non a caso, anni fa fondò il giornale di strada ‘Scarp de tenis’, poi ceduto a Caritas.

In sintesi, uno studio per l’elaborazione del linguaggio universale dei segni, mosso dal fatto che le persone sordomute – che pure sono clienti di molte aziene- non hanno nel mondo una lingua che le unisca. E questa stranezza Greppi l’ha colta e l’ha inserita fra gli obiettivi del progetto, battezzato appunto ‘Gesto’. Ma c’è di più.

Il linguaggio, che verrà studiato da un gruppo di studiosi e creativi di varia estrazione, ha come ulteriore obiettivo il mettere a disposizione di tutti, in tutto il mondo e gratuitamente, il ‘Gesto’ come lingua universale non parlata. Non solo, quindi, pro persone afflitte da handicap sensoriale, ma anche per chiunque si trovi nella condizione di non conoscere la lingua parlata dal suo interlocutore.

Sicuramente un progetto interessante, vista la potenziale utilità, anche per le agenzie e aziende che intendessero comunicare con chi resta, per ragioni diverse, escluso dal verbale.

Chi dei nostri lettori fosse interessato ad approfondire, sostenere e seguire il progetto può contattare il fondatore scrivendo a info@ad-just.it, o provvedere ad una donazione sul crowdfunding Indiegogo.

Pietro Greppi spiega Gesto:

“L’obiettivo è preciso: ‘produrre’ una lingua dei segni unica (non verbale), universale. ‘Più universale’ di qualunque altra lingua conosciuta. Una lingua che sia effettivamente lo strumento di unione di un mondo che ha oggettivamente bisogno di capacità di comprensione reciproca. Trovare, quindi, le risorse per realizzarla e per metterla poi a disposizione di tutti gratuitamente.

L’incomunicabilità tra persone deriva certo da molti fattori, ma il principale ostacolo alla reciproca comprensione è certamente la lingua parlata, che costringe ad articolare suoni diversi da paese a paese.

Cominciai a riflettere sul tema del linguaggio universale (o lingua per i puristi) un giorno che, casualmente, osservavo due bambini che ne stavano usando uno loro, ‘primitivo’. Bimbi che, pur non avendo ancora capacità verbali codificate, stavano capendosi usando dei segni che, chissà come, venivano spontanei. La folgorazione arrivò però quando le rispettive madri li richiamarono, una parlava inglese, l’altra una lingua orientale che non ho riconosciuto. Quei bambini dunque si capivano senza avere ancora un linguaggio verbale e nonostante vivessero con ogni evidenza in ambiti familiari i cui stimoli verbali erano certo diversi. Esistono dunque segni e gesti che possono essere capiti anche istintivamente da altri che non conosciamo. I due bambini ne erano la prova. E mi venne in mente che esiste un linguaggio dei segni. Anzi più di uno. Li usano prevalentemente persone afflitte da carenze sensoriali. Uno per tutti il linguaggio dei sordomuti. Ma, stranamente, quel linguaggio non è davvero ‘uno per tutti’. Perché è la traduzione in gesti di parole della lingua di origine e ogni paese ha il suo. E ci sono pure i dialetti.

È incredibile, pensai, come le comunità di persone sordomute e altre, che potrebbero comunicare con un unico linguaggio in tutto il mondo, con l’agio di non dover articolare lingue parlate, non abbiano colto l’opportunità. Trovai strano soprattutto che le associazioni dei non udenti e delle persone afflitte dagli handicap che impediscono loro di comunicare, non avessero avuto una guida che li stimolasse, prima di me, a seguire questa ricerca.

Ho così deciso di occuparmene io, coinvolgendo persone di fiducia e competenti in diverse discipline. Si tratta di un progetto importante, basato su logiche di buon senso e il cui destino non è ad oggi prevedibile. Realizzarlo non sarà facile, ma ho scelto di evitare le cause di rallentamenti inutili come quelle di cercare preventive approvazioni o pareri di enti di qualunque tipo. Il linguaggio va realizzato considerando che l’opportunità di utilizzo e la sua diffusione capillare verrà stabilita liberamente nel prossimo futuro dalle persone quando sarà pronto. Utilizzo che sarà più facile mettere in gioco una volta completato il progetto, che sarà messo a disposizione gratuitamente, insieme ai relativi tutorial che verranno prodotti.

Vale la pena segnalare alcune cose:

  • Lo studio del linguaggio considera sia le esperienze dei linguaggi dei segni esistenti, sia caratteristiche presenti nelle lingue orientali che fungono da stimolo di riflessione per alcuni paradigmi dello studio. Elementi di studio saranno quindi i linguaggi esistenti, la figura umana e gli ideogrammi.
  • La base di studio (il canovaccio). Il programma di studio considera di integrare diverse realtà e filosofie tra cui: i linguaggi esistenti, la figura umana e gli ideogrammi. Il fine e l’idea operativa di fondo (già tutelata da deposito) sono arrivare a definire uno standard basato sulla considerazione della figura umana come una matrice per ideogrammi in movimento.
  • Nessuno escluso. La figura umana come matrice per ideogrammi in movimento, implicitamente determina un’area delimitata di ‘scrittura nell’aria’ che consentirà una trascrizione del linguaggio anche in forma grafica e tattile per includere nell’universo delle persone raggiunte anche coloro che sono affetti da handicap visivi. Quindi, gli utenti potenziali saranno tutte le persone udenti, non udenti e non vedenti.
  • Le istruzioni. Per imparare e insegnare il linguaggio (una volta pronto), sarà necessariamente realizzato il manuale, con un linguaggio scritto, grafico, tattile e/o verbale nelle lingue principali. Stiamo pensando anche a un modello di istruzioni totalmente costituito da immagini (statiche o in movimento) al fine di riuscire a rendere superflua la traduzione. Di fatto un progetto nel progetto.
  • I sostenitori del progetto. Il progetto necessita di contributi di ogni genere. Oltre a quelli di natura scientifica, quelli economici non devono mancare sia per coprire le spese vive sia per poter affrontare l’acquisto degli ausili tecnologici per realizzare il linguaggio, provvedere alla sua evoluzione e alla sua comunicazione e divulgazione. Oltre a questo sarà ovviamente necessario raccogliere il lavoro e salvarlo in varie forme per metterlo a disposizione. La pagina Facebook e il sito sono in allestimento. In entrambi si prevede di citare ‘i sostenitori’ (nomi e sigle di chi contribuisce). A questo proposito mi piace usare l’immagine della cappelliera perché ogni sostenitore avrà il posto per il proprio cappello, ma nessuno potrà ‘mettere il cappello’ sul progetto, che infatti sarà merito di molti (si spera) e patrimonio per tutti.
  • I sostenitori come volàno. I sostenitori potranno utilizzare a scopo di immagine la loro qualifica di sostenitori utilizzando una formula precostituita da GESTO. Questo punto è sperabile sia praticato perché comporterà per il progetto la conseguenza di stimolare l’emulazione in altri e di diffondere la notizia anche in funzione del fatto che, una volta licenziato GESTO nella versione definitiva, sarà più facile venga considerata la diffusione del suo utilizzo.

Bene. In questa fase, dunque, sto cercando sostegni di ogni tipo, soprattutto economici, da ogni fonte. Singole persone, aziende, istituzioni … perché le persone che contribuiranno a studiare, definire, comunicare e diffondere questo linguaggio, per quanto possibile, desidererei poterle remunerare per il loro contributo professionale. Coordinate da me, appartengono a diverse realtà: utilizzatori professionali dei vari linguaggi dei segni esistenti, semiologi, studiosi, creativi.