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Tra il serio e il faceto, domande a creativi d’oggi. Simone Cristiani: vado a orecchio, sono un creativo istintivo. Resta un lavoro bislacco e sorprendente. Mi piace fottere l’algoritmo. Abbiamo bisogno di pirati, meno di un vocabolario da gara

Simone Cristiani, Executive Creative Director TRUE COMPANY.

Dovendo usare una cosa, un animale, un luogo per descriverti, quale?

Mi dicono un gatto, ma non ho ancora capito se Silvestro, Rum Tum Tugger, lo Stregatto, Behemoth Gambadilegno…

Cannes è ancora il non plus ultra della creatività in comunicazione, o sei d’accordo tocchi al Ces?

Oggi ci sono sempre più luoghi insoliti dove andare a cercare ottima creatività, si tratta solo di andarli a scovare fuori dai circuiti classici, ma Cannes rimane il palcoscenico più ricco e stimolante per capire a che punto è la narrazione sul nostro lavoro.

Che tipo di creativo sei?

Vado a orecchio, sono istintivo. Non amo i modelli e le tecniche. Inseguo caparbiamente un’intuizione finché non si trasforma in un progetto concreto. Ogni volta la strada è nuova, e più faticosa forse, ma mi piace sorprendermi e amo convincere.

Caffè, cappuccino, the o centrifuga?

Caffè filtrato vietnamita.

Meglio vincere o partecipare?

Ma deve sempre e per forza essere tutto una gara o una battaglia? Credo che la pubblicità abbia bisogno di un’epica più serena e costruttiva dello scontro e dell’arte della guerra. E comunque non è uno sport, quindi meglio vincere!

Nei reparti creativi oggi manca?

Un po’ di leggerezza e divertimento, un po’ più di voglia di fottere l’algoritmo. Questo per me è ancora un lavoro bislacco e sorprendente, vorrei incontrare più pirati nei corridoi.

L’era in cui vorresti rinascere?

A me questa piace! Ma se dovessi scegliere ti direi la prossima, sono curioso.

Il brand per cui lavoreresti gratis?

Nessuno. Quello che vendiamo è qualcosa che serve a fare vendere, se nell’equazione non ci sono dei soldi c’è qualcosa che non funziona da una parte o dall’altra.

Il social che elimineresti?

Mi pare che si eliminino benissimo da soli.

Film preferito?

Dai, seriamente uno!?

L’ad da sogno?

Il proprio, naturalmente!

Network o indipendente?

Indipendente. Mi è sempre sembrato il punto di vista più interessante e libero. Con tutta la fatica che si porta dietro eh, non raccontiamoci favole.

Se creatività è la creatività, ossia femminile, ha un senso?

No, anzi! Essere creativi è pensare fuori dai generi o ancora meglio stare comodi dentro a tutti.

La cosa che proprio non ti va giù?

Ormai la pancia, maledizione.

Nei panni di chi cambieresti di più il mondo?

Sono sempre stato allergico ai grandi condottieri. Il mondo si cambia da solo, cioè tutti insieme.

Cosa ti piace di più di te e cosa detesti?

Se lo sapessi sarei una persona migliore e più equilibrata, quindi probabilmente non farei il creativo.

Quanto conta quello che si è nel lavoro che si produce?

Tutto. La trappola in cui mi sono ripromesso di non cadere mai è diventare il lavoro che faccio, per questo ho scelto un lavoro in cui posso mettere tutto quello che sono.

La domanda più stupida di quelle che ti ho fatto?

Quella sul film preferito!

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