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IF! Italians Festival spiega con un’indagine cos’è la ‘creatività scomoda’

La creatività – interpretata come necessità di mettersi scomodi per lasciare il segno è al centro della sesta edizione di IF! Italians Festival, evento organizzato e promosso da ADCI – Art Directors Club ItalianoUNA – Aziende della Comunicazione Unite insieme al main partner Google, che dal 7 al 9 novembre tornerà ad animare l’hub creativo BASE Milano con un programma di talk, interviste, workshop e approfondimenti sulla comunicazione creativa a 360 gradi.

Al tempo stesso motore e prodotto di un ampio ventaglio di settori e industry, la creatività è un concetto fluido, declinato diversamente a seconda di inclinazioni personali, progetti e necessità di business.

IF! Italians Festival ha condotto uno studio sul significato della ‘creatività scomoda’ per mettere a confronto le visioni dei protagonisti della comunicazione già affermati e di quelli di domani.

Grazie al supporto di ADCI e UNA – che hanno coinvolto gli associati – e a quello del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, dell’Università Cattolica di Milano / Master Digital Communications Specialist, di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti e dell’Accademia di Comunicazione / Master in Art Direction e Graphic Design e Master in Copywriting, è stato possibile raccogliere e confrontare i punti di vista dei professionisti di agenzie di comunicazione pubblicitarie, pr, media e creative e degli studenti che muovono i primi passi nel settore e aspirano a diventarne parte integrante.

Creatività: costruire ex novo a suon di musica o reinventare con e per gli altri?

La prima sostanziale differenza tra i due mondi si riscontra nella definizione stessa di creatività. Se per gli studenti è da intendersi come capacità di produrre qualcosa di sorprendente e inedito, alla novità dall’effetto wow costruita dalle fondamenta i professionisti contrappongono l’arte di rinnovare e reinventare per fini pratici ciò che già esiste.

Il 50% di chi ancora guarda a questo mercato dai banchi di scuola, infatti, descrive la creatività come la capacità di generare nuove idee attraverso ragione e fantasia, mentre a condividere questa posizione è solo poco più di quarto dei professionisti (29,3%). Chi già lavora nel settore, infatti, ritiene che essere creativi consista piuttosto nel trovare collegamenti inaspettati tra cose apparentemente non correlate (34,7%), concetto che per gli studenti passa invece in secondo piano (26,7%). Inoltre, per i professionisti – principalmente per gli over 40 (53,8%) – essere creativi vuol dire saper trovare una soluzione smart a un problema comune (17,3%), mentre gli studenti prediligono la capacità di creare stupore e nuove esperienze (14%).

Per quanto divergenti siano le definizioni, si somigliano invece le top 3 degli elementi che stimolano la creatività di studenti e professionisti. Per i primi è soprattutto la musica (54,7%) a favorire la creazione di nuove idee; seguono il confronto con gli altri (38,4%) e camminare (34,9%). Se le passeggiate chiudono il podio anche della classifica dei professionisti, in questo caso le prime due posizioni sono invertite rispetto a quelle dell’altro campione: poco meno della metà (45,3%) sostiene che la loro primaria fonte di ispirazione sia la compagnia di altre persone, seguita a distanza ravvicinata dalla musica (41,3%). Curiosamente, una ridotta percentuale di professionisti (8%) – equamente divisa tra uomini e donne e prevalentemente concentrata nella fascia di età compresa tra 31 e 40 anni (66,6%) – dichiara che anche fare sesso stimola la loro creatività. In questo caso, le numeriche calano tra gli studenti (3,5%).

 I nemici della creatività: la mancanza di tempo e di libertà 

Che cosa, invece, ostacola il processo creativo? Su questo punto professionisti e studenti si trovano d’accordo: la mancanza di tempo – con scadenze ravvicinate e molteplici task da portare a termine simultaneamente – è il principale nemico dell’ispirazione per entrambi i gruppi di rispondenti (52% nel primo caso, 47,7% nel secondo). Ad accomunare i due punti di vista anche l’influenza negativa esercitata dalla confusione. Stare in mezzo agli altri è sì fondamentale per pensare e agire in modo creativo, ma a patto che il confronto non avvenga in un ambiente o modo caotico, come conferma circa un terzo di studenti (36%) e professionisti (32%). Questi ultimi completano il quadro sottolineando come non sia possibile arginare il problema con un’organizzazione inflessibile: sia guideline troppo stringenti (30,7%) che contesti sociali troppo rigidi (26,7%) sono colpevoli di mettere un freno all’approccio out-of-the-box.

Al netto degli elementi di disturbo, professionisti e studenti raggiungono il picco della loro creatività in situazioni e momenti diversi. I primi ammettono di essere più creativi proprio sul lavoro (60%), mentre poco più di un quarto (26,7%) sente di dare il meglio di sé fuori dall’ufficio. Gli studenti, invece, si sentono ugualmente all’apice del processo creativo in entrambe le occasioni: il 45,3% nel tempo libero, il 44,2% in occasione di attività legate allo studio. Per entrambi i gruppi, invece, la vita di coppia non sembra essere un forte incentivo all’inventiva: l’ambito sentimentale permette di manifestare il massimo della propria creatività solo al 10,7% dei professionisti e all’8,1% degli studenti.

 Steve Jobs, guru della ‘scomodità’; giovani impauriti dall’inesplorato

Filo conduttore dell’edizione 2019 di IF! Italians Festival, la capacità di “mettersi scomodi” che presuppone l’abbandono della propria zona di comfort per incanalare al meglio e alimentare la propria creatività. Sorprendentemente, le nuove generazioni si dimostrano meno audaci quando si tratta di sperimentare percorsi nuovi e incamminarsi lungo strade inesplorate. La maggior parte dei professionisti (40%), forte di anni di esperienza e della profonda conoscenza delle dinamiche del settore, si dichiara infatti fortemente propensa a uscire dalla propria comfort zone, mentre la stessa percentuale di studenti (40,7%) preferisce non sbilanciarsi, definendosi solomediamente incline ad abbandonare il certo per l’incerto.

Nonostante ciò, i diversi campioni di intervistati si trovano d’accordo sul ruolo chiave giocato dalla diversity in questo scenario. Sia per i professionisti (57,3%) che per gli studenti (47,7%), infatti, il contatto con persone ed esperienze che esulino dalla propria realtà (sia essa culturale, etnica, religiosa o di orientamento sessuale) rappresenta il principale stimolo a uscire dalla propria comfort zone. Differenze emergono dall’analisi dei fattori secondari. Se un terzo (33,7%) di chi frequenta università e accademie indica la noia e la voglia di cambiamento tra le altre motivazioni valide per lasciarsi alle spalle la propria zona di comfort – seguite dalla ricerca di situazioni adrenaliniche (16.3%) – la percentuale scende al 20% nel caso dei professionisti. Di contro, questi ultimi accennano all’emulazione: per il 12% di loro è l’esempio di qualcun altro a ispirare scelte coraggiose.

Questo qualcuno può essere un collega, un insegnante, un conoscente o una ‘mente’ universalmente nota. Interpellati su questo punto, sia professionisti (34,7%) che studenti (44,2%) hanno indicato Steve Jobs come il personaggio famoso che meglio incarna il concetto di creatività capace di uscire dalla propria comfort zone per percorrere strade inesplorate. Non solo tecnologia e imprenditoria sono terreno fertile per virtuosi cambi di prospettiva: si guarda anche all’esempio di artisti del calibro diAndy Warhol (nominato dal 38,4% di studenti e dal 24% dei creativi di professore) e di icone della moda come Coco Chanel (con preferenze che oscillano tra il 37,2% degli studenti e il 24% professionisti). Chi già opera nel campo della comunicazione attinge per ispirazione anche alla musica e all’architettura – in particolare a Mozart e Le Corbusier – mentre chi si appresta a entrare nel mondo del lavoro fa i nomi di Premi Nobel (Rita Levi-Montalcini), pubblicitari (Armando Testa) e penne immortali (Dante Alighieri).

 Dai brainstorming orizzontali al desk sharing: gli strumenti ‘scomodi’ delle agenzie

IF! Italians Festival ha chiesto ai professionisti della creatività di scendere ulteriormente nel dettaglio per capire come la propensione a mettersi scomodi venga tradotta nella vita lavorativa. In questo ambito coincide soprattutto con il coraggio di esprimere il proprio punto di vista e prendere posizione su temi ‘scomodi’ (56%). In linea generale, in agenzia significa esporsi e assumersene le responsabilità: da saper dire di no a un cliente (34,7%) ad ammettere un errore (30,7%).

Il quadro italiano della creatività scomoda è incoraggiante, se si considera che in oltre la metà (56%) delle agenzie già si implementano iniziative per incentivare il team a ‘mettersi scomodi’. In particolare, a conferma della crucialità del costante confronto con gli altri, gli strumenti primari sul luogo di lavoro risultano essere i brainstorming orizzontali (61,9%), che coinvolgono colleghi e team con specializzazioni, funzioni e ruoli diversi, e le attività di team building (42,9%). Il desk sharing (praticato dal 19% dei professionisti), infine, è capace di trasformare l’apparente scomodità di non avere una postazione o scrivania fissa in un’occasione per dare sfogo alla propria creatività.

“Raccogliere gli insight dei protagonisti della comunicazione di oggi e fare il punto su aspettative e approcci dei talenti di domani è cruciale per delineare un prezioso quadro del panorama creativo italiano, che in IF! Italians Festival trova l’occasione ideale per raccontarsi e fornire ispirazione. Confrontarsi, individuando le best practice da valorizzare e gli spunti vincenti da coltivare, è il primo passo per trasformare in occasioni di crescita professionale e personale le sfide che impongono di uscire dalla propria comfort zone”, dichiara nella nota Alessandra Lanza, Direttore Generale IF! Italians Festival.