Qual è la tua visione per affrontare il futuro, su quali paradigmi fondi il tuo credo?
Collaborazione, rispetto e gentilezza sono per me fondamentali a ogni livello del lavoro. Credo che siano le basi di ogni relazione umana e lavorativa. Essere preparati e competenti, approfondire e aggiornarsi vuol dire avere rispetto per la propria professione e per le persone con cui ci si confronta, che siano clienti, fornitori o studenti al loro primo colloquio di lavoro. E vuol dire affrontare il futuro dando un proprio contributo e non subendolo.
Cosa ti è maggiormente dispiaciuto constatare nell’anno appena trascorso?
Quello appena passato è stato un anno in cui ho osservato molto le reazioni delle persone alle notizie e alle restrizioni che tutti abbiamo dovuto accettare e mi è dispiaciuto molto constatare l’aumento dell’intolleranza reciproca. Mi sembra che ci sia sempre meno empatia o voglia di provarla. Ampliando il discorso, credo che il dispiacere più grande l’ho provato ogni volta che la rabbia e l’intolleranza si sono trasformate in violenza.
Se fossi Ceo o Cmo di un brand che investe in comunicazione come agiresti, insomma, potendo dare consigli quali senti di dare al mercato dei clienti?
Non mi sento di dare consigli, ma posso dire quello che farei io: prima di comunicare creerei le condizioni per cui essere orgogliosa del mio brand, condizioni che passano da azioni dii impegno concrete nei confronti delle persone e dell’ambiente e le comunicherei perché diventino un esempio. Proverei e sperimenterei molto, anche assumendomi il rischio di sbagliare. Quest’anno abbiamo visto alcuni brand reagire in tempi rapidissimi alla pandemia e lo hanno fatto impegnandosi concretamente, convertendo le loro produzioni perché diventassero utili subito: Bulgari, Campari, davines, Ferrari, Prada e Armani, solo per citarne alcuni. Ecco, mi piacerebbe agire come loro.
Si chiude il 2020. un anno non facile, cosa ha rappresentato per te?
Professionalmente parlando, è stato un anno difficile da gestire, soprattutto lavorando con clienti legati al mondo della ristorazione. Ci siamo trovati a cambiare con molta frequenza le strategie e i messaggi da comunicare, a volte anche il giorno prima dell’on line. Ma questo ci ha anche permesso di rafforzare il legame con i clienti che ci stanno dando sempre più fiducia anche su progetti digital e social.
Essere oggi leader: qual è la principale dote che bisogna possedere?
Per essere leader bisogna avere credibilità. Un leader ha una storia e delle esperienze da condividere, ha una cultura che gli consente di saper osservare e capire prima degli altri e, mia personale opinione, un leader non grida.
Successi, progetti, quali vuoi menzionare come emblematici della tua impostazione?
Ho provato molta soddisfazione quando un grande cliente ci ha contatti perché aveva apprezzato i nostri progetti definendoli “disruptive” e, sicuramente, i lavori di The 6th che più rappresentano questa impostazione sono quelli legati al packaging. Come il progetto speciale per il lancio del brand Carnero, i packaging infografici dell’azienda Mastro e i nuovi packaging di tonno Mare Aperto, per cui stiamo curando anche un progetto speciale per buyer e food-influencer.
Il tema della rilevanza del mercato della comunicazione: è un tema? Ossia perché non sempre si è tenuti in alta considerazione, da governo, aziende, opinione pubblica? Una questione di carenza di ‘carismatiche star’?
Credo che nel nostro settore ci siano professionisti di altissimo valore, forse non star, ma sicuramente carismatici. Penso però che in Italia chi lavora nella comunicazione viene associato alla parola pubblicità che, ahimè, non gode sempre di grande stima. C’è ancora una narrazione sbagliata di questo mondo e forse questa è una colpa di tutto il settore che non riesce a comunicare al meglio se stesso.
Elena Carella, The6th.