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E’ sempre una questione di credibilità. Anche quando l’opportunità fa capolino, seppur non si infranga nessuna legge. Edoardo Caprino ci invita a una riflessione. Comunicazione e professionalità c’entrano

Neil Fergurson, il celebre epidemiologo dell’Imperial College di Londra, l’uomo che ha fatto cambiare opinione a Boris Johnson, Donald Trump e Emmanuel Macron rispetto alla minaccia causata dal Coronavirus, entrerà nella storia che verrà scritta post pandemia forse più per il risvolto boccaccesco della scappatella con l’amante durante il Lockdown -da lui fortemente voluto e promosso contro l’iniziale impostazione inglese portata a sostenere ‘l’immunità di gregge’-, che per i suoi studi.

Un’immagine distrutta in pochi secondi che porta con sè una lezione da tenere sempre a mente, anche in tempi di pandemia: la credibilità è tutto. Partiamo da lontano per giungere all’oggi: a un giornalista è vietato, dal codice deontologico, fare pubblicità. Chi si presta rischia richiami e provvedimenti da parte dell’Ordine. Oppure, e fu il caso di Vittorio Feltri e Gad Lerner che prestarono i loro volti per una campagna pubblicitaria di una nota linea di abiti da uomo, dichiararono espressamente -nella pubblicità- che i compensi erano destinati in beneficenza. Il perché è presto detto: la tua immagine di giornalista non può essere ‘prestata’ per comunicare un prodotto. Un discorso di pura logica, prima ancora che deontologico.

In questa fase delicata di piena emergenza Coronavirus abbiamo visto la corsa delle aziende a predisporre protocolli volti a garantire il massimo della sicurezza per i lavoratori. Scelta sacrosanta, oltre che doverosa. Nel predisporli abbiamo visto come alcune aziende si siano avvalse di esperti virologi o infettivologi che spopolano quali opinion leader sui canali televisivi o sulle pagine dei giornali e, giustamente, di questa scelta ne hanno fatto un mezzo di comunicazione e pubblicità indicando come il tal documento sia stato predisposto grazie alla consulenza di x, y z…Bene.

O no? Per le aziende una scelta non solo legittima e doverosa di dare un’immagine di pieno rispetto dei protocolli previsti dalle pubbliche autorità chiamando al proprio fianco l’esperto ormai conosciuto dal grande pubblico, ma per il professionista in questione non vi è il rischio di minare la propria credibilità? Qui non è tanto questione di ranking internazionali di pubblicazioni e citazioni autorevoli verso la costante presenza dei media,  quanto il prestarsi a essere ‘garante’ o addirittura ‘sponsor’ di un’azienda che legittimamente fa business. Che tutto questo venga fatto dietro compenso, o gratuitamente, oppure con destinazione del cachet in beneficienza poco cambia. È una questione di ‘metterci la faccia’ quale opinion leader capace di spostare opinione, consenso. Una scelta delicata quando è in corso un’emergenza. Sottolineiamolo in rosso: nessuna violazione, ma più che altro una scelta di opportunità che dovrebbe, forse, portare all’astensione dell’uso della propria immagine per ‘certificare’ la bontà di qualcosa, anche del miglior protocollo scritto e redatto da un’azienda per tutelare la salute dei propri dipendenti. Si chiama più che altro opportunità che fa rima con credibilità.

Edoardo Caprino