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Donne in Cdp: Emanuela Cavazzini, Socio e Ad Brand-Cross: il nostro è nato come lavoro maschile. Anche perché prima giravano molti soldi. Ma noi siamo attente, scrupolose, precise. Di qui il proliferare, ma poche ai vertici perché siamo troppo trasparenti e schiette

Perché i produttori  donna sono in minoranza, in Italia e nel mondo?

“Per la solita questione generalizzata nell’ambito del lavoro legata alle posizioni di potere, anche nel mondo produttivo le donne sono in minoranza rispetto agli uomini. Il mestiere di produttore storicamente nasce come lavoro maschile legato ad ambienti di potere e di relazioni in ambito istituzionale, politico e artistico. Tutti ricordano il passato glorioso dei Cecchi Gori, De Laurentis, Cristaldi, Ponti, Berlusconi in Italia; dei Weinstein, Lucas, Spielberg negli US, solo per citarne pochi, e ancora oggi dei Bruckheimer, Bay, Jackson e via discorrendo. Come dire che, come sempre, dove girano i soldi si incrociano le relazioni maschili”.

Però questa è una industry ricca di donne, cosa manca per permettere loro di fare carriera, cosa vorresti cambiasse?  

Nel tempo è diventata una industry ricca di donne perché alle donne viene affidata la parte operativa ed esecutiva perché più scrupolose, più attente, più precise e comunque anche maggiormente in grado, secondo me, di cogliere aspetti più intimi, delicati e creativi. Ma per riuscire a fare il salto e salire nelle stanze dei bottoni al pari degli uomini, alle donne manca ancora quella capacità di saper fare il doppio gioco o di saper rivoltare la frittata per proprio tornaconto. Le donne sono generalmente più schiette, dirette e trasparenti. Se si potesse legare il successo, di un uomo o una donna, semplicemente alla meritocrazia vi sarebbe sicuramente meno disparità”.

Nella tua storia personale, qual è la difficoltà maggiore che hai trovato e a chi o a cosa dai invece il merito per avercela fatta?

Personalmente durante l’arco della mia storia professionale non ho avuto difficoltà sino a quando ho lavorato per produttori (uomini) come executive producer, potendo mettere in pratica l’efficienza, le capacità organizzative, l’esperienza man mano accumulata. Le difficoltà sono giunte quando mi sono messa in proprio e sono diventata imprenditrice. Ho incominciato a sentire il peso della differenza di genere dovendomi confrontare quasi sempre con uomini senza avere gli “strumenti di dialogo” adatti se non solo la mia competenza. Fortunatamente ci sono stati dei momenti importanti e di grande riconoscimento professionale legati alla competenza quando ho dovuto confrontarmi su progetti cinematografici in cui il tuo unico interlocutore è stato il regista e quindi un partner sul progetto”.

La produzione di cui sei più orgogliosa e quella che ti piacerebbe aver firmato?

A parte l’esperienza con Giuseppe Tornatore sul film Malèna, è stata quella legata all’opera prima e unica di Silvio Muccino come regista pubblicitario per la realizzazione dello spot internazionale per ICE (agenzia del MISE per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane). Aver convinto un’agenzia ad affidarsi nelle mani di un regista che non aveva mai fatto pubblicità e produrre uno spot molto bello e di successo per me è stata una grande soddisfazione”.

Prossime sfide?

“Premesso che credo che la strada per cambiare il sistema sia ancora molto lunga, la mia sfida è quella di continuare a testa alta, seppure con fatica, a credere in quello che faccio, e che so fare, sperando che in un futuro non troppo lontano possa venire riconosciuto finalmente il merito”.

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