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Autori e sceneggiatori ‘bistrattati’. Eppure il successo dipende moltissimo dalla scrittura. L’America lo sa e ne ha fatto un fiore all’occhiello. Gli sceneggiatori guadagnano in Italia 24mila euro di media, quelli attivi sono tra i 600 e gli 800, in un’industria da 12 miliardi. Mare Fuori 4: WGI e 100autori esprimono il proprio disappunto

di Maurizio Ermisino

Mercoledì 17 gennaio al centro di produzione Rai di Napoli è stata presentata la quarta stagione della serie Mare Fuori, di cui avevamo visto i primi due episodi alla Festa del cinema di Roma. Si tratta di una serie di grandissimo successo, che si deve in buona parte anche ai suoi creatori e sceneggiatori. Autori e sceneggiatori però, purtroppo, non hanno trovato spazio sul palco degli ospiti presenti in sala alla conferenza stampa. Se è vero che il regista e gli interpreti di Mare Fuori che erano presenti sul palco rappresentano l’immagine della serie, è altrettanto vero che gli autori e gli sceneggiatori che l’hanno creata sono i veri custodi di quei personaggi e di quelle storie. Alla luce di ciò e di quanto accaduto in occasione della presentazione della quarta stagione, WGI e 100autori, con un comunicato, hanno deciso di manifestare il loro disappunto rispetto alla mancanza di attenzione riservata agli sceneggiatori in questa, come in numerose altre occasioni. “Leggendo giornali, consultando i siti web e facendo un giro sui social ci siamo imbattuti nelle immagini e nelle fotografie della conferenza stampa di presentazione della nuova stagione di Mare Fuori – dichiarano il board di WGI e 100autori in una nota – La serie, che ha numeri da capogiro in quanto ad audience, è ormai un caso internazionale, che ha suscitato clamore e interesse nel settore audiovisivo dell’intero pianeta. Mare fuori è un prodotto seriale riuscito, un lavoro 100% made in Italy e un esempio di come si dovrebbe scrivere e immaginare un prodotto audiovisivo. Non poteva, quindi, non balzare agli occhi, guardando le immagini diffuse in occasione della presentazione della nuova stagione, l’assenza degli sceneggiatori tra i relatori”. “Gli autori della serie erano relegati in platea e gli sceneggiatori addirittura assenti, cosa che sembra quasi negare la centralità e l’importanza della scrittura nella serialità televisiva ormai riconosciuta in tutto il mondo” si legge nella nota. “La scrittura rappresenta il momento fondamentale di un prodotto di successo. Eppure il suo valore sembra evaporare all’improvviso nelle conferenze di presentazione alla stampa, nelle quali esistono solo i registi e gli attori”.

Si dà voce e corpo ad attori e registi e mai agli sceneggiatori

Ne abbiamo parlato con Giorgio Glaviano, Presidente WGI, Writers Guild of Italy, l’associazione degli sceneggiatori. “Questo comunicato viene fuori da un percorso più lungo” ci ha spiegato. “È un anno e mezzo che abbiamo lanciato un’iniziativa che si chiama No script No film per sensibilizzare il mercato e i non addetti ai lavori sul ruolo centrale, apicale degli sceneggiatori. Proprio per il successo a livello planetario della serie Mare Fuori, di cui siamo contentissimi, proprio perché è un esempio eclatante, raccolti un po’ di commenti tra gli associati che si chiedevano dove fossero gli sceneggiatori, abbiamo utilizzato questo esempio per stigmatizzare un’abitudine: dare voce e corpo ad attori e registi e mai agli sceneggiatori. Come ripetiamo sempre, senza gli sceneggiatori non ci sarebbero storie: non ci sarebbe lo sviluppo dei personaggi, quel punto di vista, quella struttura di racconto, quelle progressioni, quelle tematiche. Ci sembra assurdo che in Italia vengano quasi in maniera scientifica esclusi sempre dal palco gli sceneggiatori”.

Mare Fuori è stata l’occasione per stigmatizzare questo comportamento

Piano piano le cose stanno cambiano e sui palchi delle conferenze stampa, soprattutto delle nuove serie tv dei canali di streaming, si vedono più spesso gli sceneggiatori. “La nostra campagna sta avendo successo” ci spiega Glaviano. “E oggi gli sceneggiatori appaiono sempre di più. Ma noi vorremmo che di base ci fossero sempre gli sceneggiatori e poi gli altri. È a loro che andrebbero fatte le domande. Sono gli unici che conoscono la storia, i suoi sviluppi, gli obiettivi futuri. Mare Fuori è stata l’occasione per stigmatizzare questo comportamento, proprio perché è un caso di successo europeo e planetario, e si parla di remake negli Stati Uniti. È il momento di parlarne, dopo lo sciopero degli USA. Durante quello sciopero, di cui noi abbiamo parlato e in occasione del quale abbiamo fatto un picchettaggio, ci sono state fatte delle interviste per sapere come funzionava… ma quando si parla degli italiani si dimentica tutto”.

In America tutti conoscono i creatori di film e serie

“Il fatto è che, essendo un’attitudine inveterata, ci vuole tempo perché cambi” ragiona il Presidente di WGI. “Sta cambiando: vediamo una sensibilità diversa da parte dei giornalisti, soprattutto le nuove leve, quelli che vanno più a fondo e hanno un’alta opinione della serialità americana. Dove tutti conoscono Shonda Rhimes, una creatrice diventata un marchio tanto che le sue opere sono firmate Shondaland, o J.J. Abrams, Damon Lindelof. Noi invece tendiamo a non attribuire quella carica e quell’importanza ai creatori delle serie. Anche qui le cose stanno cambiando: le nuove società di produzione, la sensibilità dei nuovi player e le campagne di sensibilizzazione stanno facendo molto. Ma anche stavolta c’è stata una disattenzione. Quando vai a parlare con le tue controparti, anche loro non dicono mai che non vogliono far apparire gli sceneggiatori. Ma è una catena di dimenticanze o di pressappochismo. Noi chiediamo di poterci raccontare, di raccontare il nostro lavoro: non perché ci piaccia stare sul palco, ma perché serve a raccontare al meglio l’idea seriale e filmica”.

Si arriverà ad avere il nome sul cartellone?

Ma si arriverà finalmente ad avere il nome sul cartellone del film, o, in ambito seriale, alla dicitura “creata da”, per gli sceneggiatori?  “In ambito cinematografico alcuni colleghi associati WGI hanno ottenuto, con il loro lavoro, nel corso del tempo una forza contrattuale tale da avere già il loro nome in cartellone a chiare lettere, quasi a garanzia della qualità del film” ci racconta Glaviano. “Capita poco ma sta cominciando a succedere. E vorremmo che diventasse la norma. Quanto alla serialità è totalmente diverso: il controllo creativo delle storie sta in capo alla writers room, l’head writer – non ancora uno showrunner visto che la situazione rispetto agli USA è differente – ha una visione totalmente diversa rispetto ai registi, che possono dirigere anche solo alcune puntate. Il created by è un credito a cui WGI sta lavorando”.

Uno sceneggiatore guadagna in media 24mila euro lorde l’anno

Ma si potrebbe arrivare ad uno sciopero anche in Italia? “La Writers Guild Of America è diversa, si occupa anche dei diritti d’autore” ci spiega Glaviano. “Qui le cose sono molto differenti. Ma è ovvio che c’è stata un’attenzione maggiore da parte dei produttori, che si sono chiesti che succederà qui in Italia, ben consapevoli comunque delle differenze. L’ipotesi di uno sciopero ogni tanto serpeggia. Noi pensiamo che la pratica della contrattazione, quella dell’interazione con il sistema della produzione, con gli streamers e i broadcaster ci possa consentire di arrivare a meta. Se dovesse continuare un atteggiamento di contrapposizione uno guarda anche all’extrema ratio. Stiamo lavorando a una serie di aspetti come la qualità contrattuale e economica. Come Writers Guild abbiamo commissionato un sondaggio, con domande a 150 colleghi. I numeri sono inquietanti. La media del guadagno di uno sceneggiatore è di circa 24mila euro lorde l’anno. Spesso sei costretto a fare più lavori in contemporanea. È un lavoro molto faticoso mentalmente, costringe a stare sempre sul pezzo, a lavorare su più cose contemporaneamente. Parliamo sia di cinema che di serialità. È lì che cerchiamo di interagire. E ogni volta che interveniamo tendiamo a parlare di cifre, altrimenti non si capisce dove si trova nella catena economica del Paese. Gli sceneggiatori guadagnano 24mila euro di media, quelli attivi sono tra i 600 e gli 800. Ma a valle c’è un’industria da 12 miliardi. Questo è il problema”.