L’hanno intitolato ‘Da dove inizio?’ proprio per enfatizzare come le basi, i fondamentali della professione restino comunque condizione sine qua non, anche quando la tecnologia impazza e l’universo media si arricchisce, parcellarizza, trasforma. Trattasi della nuova iniziativa ideata da Gianna Paciello, AIDA PARTNERS, dedicata a tutti i giovani che sentono l’esigenza di entrare nel merito di una professione quanto mai indispensabile, ma oggi bistrattata dalla formazione, le Rp. In sintesi, una mattinata che la manager, dal prossimo 13 febbraio e periodicamente ogni 15 giorni, dedicherà a un colloquio mattutino ‘one to one’ con chiunque abbia interesse a capire e approfondire questo lavoro.
Partecipare è semplice, basta inviare una mail a dadoveinizio@aidapartners.com
Gianna, perché credi ce ne sia bisogno?
Perché, ascoltando i ragazzi che escono dalle università, mi rendo conto che i dubbi sono molti e le lacune vistose. Nonostante frequentino scuole di comunicazione, purtroppo viene data solo una leggera infarinatura sul mestiere delle Relazioni Pubbliche. Ne deriva una visione così leggera e poco allettante che, appena usciti, tutti vogliono occuparsi di ‘digital’, così come, ai tempi in cui iniziai io e la mia generazione, tutti volevano occuparsi di organizzare feste. Senza nulla togliere a queste specializzazioni, continuo a pensare che se non si conoscono le basi della comunicazione, che affondano anche nella sociologia e nella filosofia, non si possa diventare un buon professionista. Sarebbe come pretendere di costruire un palazzo solo perché si è competenti sull’impianto elettrico.
Ripetiamo come i giovani interessati possono prenotare il proprio slot?
A partire dal prossimo lunedì, 13 febbraio, attraverso una semplice mail (dadoveinizio@aidapartners.com), niente di complicato dunque. Ogni 15 giorni (tutti i dettagli nel nostro profilo linkedin) metterò a disposizione una mattinata per ricevere personalmente, oppure on-line, tutti coloro che vorranno saperne di più prima di entrare in questo mondo.
Quali i temi che oggi hanno più urgenza di approfondimento?
Ripeto, se non torniamo alle basi del lavoro del comunicatore e continueremo a insegnare delle mere ‘tecnicalità’ condanneremo a morte la nostra professione di consulenti. Se per esempio prendiamo le media relation, quelle vere, purtroppo, come spesso ho detto anche alla vostra testata, non vengono più insegnate. Se non viene trasmesso il senso ‘olistico’ del lavoro di ufficio stampa, che affonda le proprie radici in una profonda e sapiente analisi critica del sistema socio-economico e politico prima ed editoriale poi, questo finisce per diventare poco più che un volantinaggio (oggi soprattutto digitale) di comunicati stampa ‘con preghiera di pubblicazione’.
Tanto che i giovani pensano si tratti di un lavoro poco interessante e marginale. Una vera piaga per tutte le agenzie di Rp, che fanno molta fatica a reperire talenti per un’attività che, nell’80% dei casi, è invece proprio quella più richiesta a una agenzia come la nostra.
L’universo media è cambiato. Non ci sono più i giornali e i giornalisti di una volta, verrebbe da dire, ma quindi cosa succede ai fondamentali della vostra professione?
La nostra professione non cambia e non deve cambiare. Sono cambiati gli strumenti e il target si è sicuramente modificato, ma la nostra professione no. Si deve ancora incentrare sul rapporto interpersonale, sulla conoscenza profonda dei media e di come lavorano, sulla capacità di leggerli. Perché ‘leggere una notizia’ per noi non è come lo potrebbe fare l’uomo medio. Noi dobbiamo saperci guardare ‘dentro’, leggere fra le righe, capirne i veri obiettivi mediatici, le eventuali manipolazioni che sottende. Insomma, una visione critica, per poi avere un pensiero laterale. Se facciamo quello che potrebbe fare chiunque che bisogno c’è di noi?
Da qui discende poi la capacità di comprendere le esigenze del media e di quel giornalista in particolare, facendole convergere sulle esigenze di comunicazione dei nostri committenti. Così decliniamo le informazioni dell’azienda perché siano interessanti per quel target. Non basta inviare una mail, seguita da un sms o un whatsapp a una lista di sconosciuti per essere dei bravi professionisti, quindi. Bisogna leggere, capire, comprendere le differenze tra una testata e l’altra, che sia un media on line, cartaceo o televisivo. Esattamente quello che si faceva 30 anni fa…
Come si valuta chi questo mestiere lo sa fare bene?
Dai risultati che ottiene, dalla reputazione che si crea sul mercato, dall’attenzione e dall’amore che mette in quello che fa. Bastano poche domande e si capisce subito se c’è un terreno fertile su cui agire
Ufficio stampa, reputazione, social media, tutte facce della stessa medaglia?
Strumenti diversi ma che puntano al medesimo obiettivo: costruire, mantenere o migliorare la reputazione e l’immagine dell’azienda, del brand, del manager, dell’istituzione, fornendo informazioni serie, veritiere, confermate ai diversi target a cui ci si rivolge. Certo, è diventato più arduo riuscire a farsi spazio tra fake news, comunicazione manipolante del mainstream e voglia di commentare qualunque cosa, soprattutto se sconosciuta, ma dobbiamo insistere e cercare di costruire un futuro dove l’essenziale e la verità abbiano più spazio.
Ma ai giovani consigli ancora di intraprendere questa professione?
Ma certo! Rimane uno dei mestieri più belli del mondo. L’unica raccomandazione che mi sento di dare è porsi degli obiettivi e puntare al loro raggiungimento. Mettere in quello che si fa qualcosa di personale che serva a migliorare il servizio che si offre al cliente. Essere curiosi, assetati di nuove informazioni e di nuove conoscenze, rifiutandosi di fare un lavoro ripetitivo e senza valore aggiunto. E la differenza la si può fare se ci si appassiona al proprio lavoro e si prova a lasciare un segno.
Cosa manca al mondo delle Rp in termini di competenze, insomma dove puntare per la formazione delle nuove generazioni?
Bisogna ripristinare corsi ad hoc nelle università, insistere di più con corsi di formazione che trasmettano non solo il sapere e l’esperienza, ma aiutino a trovare la passione e il proprio talento. Insegnare la strategia, il crisis management, le media relation; ma anche come gestire i rapporti umani, perché si dimentica troppo spesso che alla base del nostro lavoro c’è proprio quella capacità.
Le scuole di comunicazione sfornano professionisti all’altezza delle sfide contemporanee?
No, ma capisco che sia così. Il vero mestiere si impara facendolo. Quello che rimprovero alle scuole è di aver dimenticato di insegnare le basi di questo lavoro. Quelle sono fondamentali per creare dei buoni professionisti.
Nel vostro settore bravi si nasce o si diventa?
Nel nostro, come in qualunque altro settore, si nasce con del talento e poi serve la passione e l’amore per quello che si fa e, infine, si diventa bravi. Senza talento e passione non si va da nessuna parte, ma anche se provvisti senza esperienza si arriva poco lontano.
Questa iniziativa sarà un successo se…?
Se riuscirò a trasmettere anche solo a una persona su cento un po’ dell’amore sarò già soddisfatta. Perché so che quella persona lo trasmetterà ad altri e si creerà una catena che non potrà che proseguire nel tempo.