Podcast

I podcast hanno un pubblico crescente, ma i brand vogliono davvero raggiungerlo? Siamo così sicuri di aver capito come funziona il connubio marche-podcast per essere efficace?

branded podcast, we are social

La settimana scorsa abbiamo pubblicato i risultati dell’ultima survey di Osservatorio Branded Content sui podcast: se da un lato cresce la domanda di contenuti audio in Italia, dall’altro diminuisce il numero di ascoltatori di podcast branded. Come interpretare queste evidenze e come possono i brand sfruttare al meglio le potenzialità del mondo audio?

WE ARE SOCIAL, che proprio in questi giorni ha lanciato insieme a Birra Messina ‘Mosaici di Meravigghia’, ha voluto condividere con noi il suo punto di vista. Ce ne parla Giuseppe Schiavone, Editorial Director dell’agenzia.

La ricerca ‘From podcast to branded podcast’ realizzata da OBE in collaborazione con DVA Doxa e presentata di recente a Milano in occasione della seconda edizione di ‘Give your brand a voice – Il podcast nella comunicazione di marca’ ha illuminato dati incoraggianti circa la crescita della domanda di contenuti audio in Italia: 14,9 milioni di ascoltatori contro i 13 milioni del 2021. A fronte di questa crescita, diminuisce, in proporzione, il numero di italiani che ascolta branded podcast: dal 74% al 61%.

Alcune ipotesi sul perché esista questa forbice, sulle motivazioni per cui il numero di ascoltatori sale e quello di ascoltatori di podcast branded non cresca pro quota vengono già dal report:

  • la prima è legata al contesto: ci sono sempre più opzioni per chi vuole ascoltare e il pubblico è quindi più esigente;
  • la seconda è legata alla qualità del prodotto: il 41% di chi ha ascoltato branded podcast li trova troppo commerciali (una percentuale che sale al 58% sul cluster più appassionato di podcast) e il 51% genericamente poco interessanti.

Fatte queste considerazioni sorge spontaneo chiedersi perché invece i podcast rappresentano un’opportunità per i brand e quali sono le considerazioni da fare per dimostrarlo…

Considerando l’ampio pubblico i podcast sono sicuramente un’opportunità per i brand, per almeno tre ordini di ragioni che provo a elencare qui di seguito.

1. Share of voice verso contatti in valore assoluto

Certo, non saranno i MILIARDI di reach aggregata che si mettono nelle case, ma un podcast che funziona, con decine di migliaia di ascoltatori ha una visibilità – rapportata al mercato dei prodotti audio – enormi.

Di per sé dire che in uno stagno piccolo lo stesso sasso sembra più grande è una banalità, me ne rendo conto. Ma nell’analogia le onde che può fare quel sasso sono potenzialmente anche più alte, proprio perché lo stagno è più piccolo. Fuori di metafora, aumenta significativamente la probabilità che il successo di un prodotto audio – in un mercato che cresce, ma che ancora ovviamente non è paragonabile a quello, per dire, dell’infinito archivio di contatti che è Meta – si traduca in conversazioni.

È più accessibile il sogno di trasformare un’idea creativa, in un’idea worth talking about, in qualcosa cioè di cui le persone abbiano voglia di parlare. Questo a sua volta significa che uno share of voice significativo è in grado di generare menzioni e altra reach – come si dice in questo mestiere la cui lingua è spesso un creolo bizzarro – ‘earned’.

Si può far tracimare lo stagno, insomma.

2. Short-termism verso costruzione di relazioni

C’è una ragione per cui il 41% di chi ha ascoltato branded podcast li trova troppo commerciali, molti di questi podcast lo sono. Motivati dall’ambizione di raggiungere risultati visibili sulla bottom line, spesso ci ritroviamo a scegliere focus di racconto che sono collegati molto banalmente ai prodotti, al core business del brand.

Lavoriamo per un provider green di energia, facciamo divulgazione sulle rinnovabili. Lavoriamo per una banca, approfondiamo il mondo della finanza. E così via…

La scelta dell’impostazione del format e il suo oggetto sono forse frutto di una forma di miopia: se investo in questo prodotto editoriale dev’essere chiaro che c’è dietro un brand, di cosa si occupa il brand e idealmente dovrebbe vendere (più o meno direttamente). Purtroppo questa postura (a cui possiamo dare il nome di ‘short-termism’ rispetto al ritorno sull’investimento) genera una serie di forzature che penalizzano il valore di intrattenimento del prodotto e rendono implausibile la costruzione di relazioni con una community tramite il podcast.

Quello che manca nell’esecuzione dei format, spesso, è poi un angolo realmente contemporaneo, un’urgenza non pretestuosa di discussione. E uno spazio che sia di discussione reale, non timida o impastoiata dall’opportunità, una tensione, un contraddittorio vero.

Senza ‘ma’ non ci sono storie.

3. Profondità verso superficialità della reach

Se si paragona il costo per contatto di un podcast a quello di un reel su Instagram, per fare un esempio, difficilmente si sceglierà un podcast, come detto, i numeri dei podcast in valore assoluto crescono, ma non sono paragonabili.

Quello che però sfugge a una ricognizione così superficiale è che sono reach qualificate in maniera molto diversa: secondo una ricerca Ipsos di fine 2022, il 58% degli ascoltatori di podcast ascolta il contenuto per l’intera durata. Durate che non di rado sono ordini di grandezza superiori a quelle di video short-form. In uno scenario che ha rincorso per anni il cutoff dei 3 secondi – al punto da considerarlo un parametro di performance – ci troviamo a parlare di un engagement non letteralmente, ma figurativamente inaudito.

Giuseppe Schiavone, Editorial Director We Are Social
Giuseppe Schiavone, Editorial Director We Are Social

Potremmo dire quindi che occorre proporre un prodotto di qualità, realizzato in modo da essere rilevante per l’audience che si intende raggiungere. Tra i vari progetti che avete realizzato, quali esempi puoi farci che rispecchino questo approccio?

Per quanto ci riguarda, tra i vari progetti realizzati nel mondo audio, teniamo particolarmente a citarne due:

Insieme a Netflix abbiamo realizzato una serie di podcast disponibili su Spotify nati per aiutare a intrattenere i bambini, Le Ascoltafiabe. Ogni puntata è un racconto di una storia tratta dal catalogo Netflix Kids, narrata dalla voce di Pierfrancesco Favino. Le Ascoltafiabe sono state molto apprezzate, tanto da raggiungere il 5° posto nella classifica di Spotify Italia.

Un altro lavoro è quello creato insieme a Ita Airways per Halloween, un’occasione solitamente non presidiata dal brand. Abbiamo realizzato una puntata all’interno del podcast Leggende Metropolitane per raccontare ‘il lato oscuro’ di tre destinazioni della compagnia di bandiera – Venezia, Parigi e Boston – dando così vita a uno storytelling coerente con la marca. L’episodio è andato molto bene tanto da superare i numeri medi del podcast.