Nell’anno 2000 veniva pubblicato da Mondadori in Italia l’Era dell’Accesso, di Jeremy Rifkin, che è diventato poi la Bibbia della sharing economy. Oggi, a vent’anni di distanza, la pandemia da Covid-19 ha messo in crisi il modello complessivo della fruizione ‘a tempo’ praticamente di qualsiasi cosa, dalle auto agli appartamenti, senza possederne nemmeno una.
Una crisi dovuta sostanzialmente a una sola domanda, che l’utilizzatore si pone quasi in automatico: ma qui dentro, prima di me, chi c’è stato? Una domanda cui fa seguito subito la successiva: chi mi garantisce che tutto sia stato correttamente sanificato? Ed ecco che il meccanismo, che metteva a disposizione di ciascuno un appartamento, un’auto, una bicicletta elettrica, un ufficio, solo per il tempo necessario, ovunque nel mondo, si è interrotto.
Ci sono alcune imprese che della sharing econmy sono stati epitomi, veri e propri simboli di un modo più nuovo e diverso di fare le cose, abbandonando i vecchi modelli economici: Uber, WeWork, e – soprattutto – Airbnb, la società che non possedeva neanche una stanza d’albergo e era il maggior operatore globale di soggiorno, con a disposizione camere e case in tutto il mondo.
Ovviamente le difficoltà che ciascuna di questa aziende doveva affrontare sul mercato prima dello scoppio dell’emergenza Covid-19 erano peculiari e ben diverse tra loro, ma il loro essere tutti Unicorni in vista della quotazione in Borsa ne tracciava un profilo comune. Poi il Coronavirus è apparso dal nulla, e dalla Cina si è allargato a tutto il mondo, riscrivendo la storia di molte economie e di molti mercati. Uno in particolare, quello turistico, che è stato investito misura massiva a livello internazionale.
Airbnb, che si stava preparando per la quotazione nel 2020, ha quasi raddoppiato la dimensione delle sue perdite nel quarto trimestre, e questo ancora prima che il coronavirus si facesse sentire.
Secondo i dati resi pubblici da Bloomberg, nel quarto trimestre del 2019, Airbnb ha avuto un incremento delle entrate del 32%, raggiungendo gli 1,1 miliardi di dollari, in parte grazie dell’aumento degli investimenti di marketing, ma gli utili prima di interessi, tasse, deprezzamenti e ammortamenti (EBITDA) sono precipitati del 92,3%, facendo registrare una perdita di 276,4 milioni di dollari.
Nonostante le perdite del 2019, Airbnb aveva più di 2 miliardi di dollari in banca alla fine dell’anno, secondo le informazioni Bloomberg, che potrebbero aiutare l’azienda a navigare attravrso queste condizioni senza precedenti: ad esempio, nei primi due mesi del 2020, le prenotazioni di Airbnb erano già precipitate in città-chiave, quali Pechino, Seul, Roma e Milano, secondo i dati di AirDNA.
Accantonata per il momento l’ipotesi della quotazione, il contesto attuale ha visto un’iniziativa per 250 milioni di dollari in totale da parte di Airbnb, annunciata lunedì 30 marzo, per aiutare gli host colpiti dalle cancellazioni dovute alla pandemia, e relativa alle prenotazioni effettuate entro il 14 marzo con data di check-in tra il 14 marzo e il 31 maggio 2020, che sono state cancellate dall’ospite per motivi correlati all’emergenza Covid-19. Airbnb invierà un importo pari al 25% di quanto l’host avrebbe ricevuto per una normale cancellazione effettuata da parte dell’ospite.
Ma la crisi è più profonda, e non smetterà di certo il 31 maggio, quindi il secondo fronte su cui Airbnb si sta attivando riguarda la sanificazione degli ambienti.
Il Programma avanzato di sanificazione è stato a maggio e include procedure migliorate e linee guida su come pulire ogni stanza di un alloggio così come un programma di apprendimento e certificazione dedicato alla community di host. Il protocollo prevede inoltre informazioni specifiche sulla prevenzione del Covid-19, come l’uso di dispositivi di protezione individuale, tra cui mascherine e guanti, nonché disinfettanti approvati dalle autorità di regolamentazione. Un periodo di 24 ore di attesa prima dell’ingresso nell’alloggio sarà inoltre richiesto al fine di eliminare ogni rischio legato alla presenza di particelle nocive nell’aria, e altre 24 ore dopo il processo di sanificazione. Nel complesso, un’attesa di 72 ore tra un affitto breve e il successivo.
Basterà per rassicurare le persone, che elettivamente stanno vivendo la pandemia attuale, accompagnata dalla crisi del trasporto aereo, con in prima fila le compagnie low cost, come una cesura tra il vecchio mondo e il mondo nuovo, fatto di mascherine, guanti, aerei semivuoti per il distanziamento sociale, e bar, ristoranti, concerti e musei a numero chiuso?
Per ora sono stati annunciati 1.900 licenziamenti per i dipendenti di Airbnb, pari a un quarto della forza lavoro impiegata, mentre le previsioni parlano di un calo del 50% del fatturato alla fine del 2020. Una crisi che si inserisce in quella più ampia che sta colpendo turismo, viaggi, autovetture e, guardando in maniera più ampia, consumi in tutti i paesi sviluppati.
Con in più l’aspetto specifico di Airbnb, che sta tagliando le gambe non solo ai rentier che sfruttano decine di appartamenti, ma anche ai piccoli proprietari, e alle strutture di servizio che sono nate sull’onda del successo di mercato di Airbnb. Nell’attesa di scoprire come andrà a finire, quel debutto pubblico nel 2020 potrebbe essere molto, molto in dubbio – understatement – in queste circostanze.
Massimo Bolchi