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I social media privi di advertising e di indicizzazione, come Discord o Signal: per quali ragioni sono interessanti per investitori sempre più ‘privacy conscious’

Se i marketer cercano comunque di aumentare la reach delle audience e di allontanarsi dai ‘capricci’ di una singola piattaforma – basta guardare a quanto succede a Twitter -, le reti ‘private’ di social media offrono un’altra opportunità: il pubblico è già presente, mentre l’interesse per questi media continua a crescere, dopo l’esplosione durante la pandemia e l’espansione negli ultimi due anni, secondo un nuovo rapporto di Trust Insights, un istituto di ricerche staunitense sulla privacy. Tra le piattaforme di social media ‘privacy conscious’ più popolari vi sono Discord (utilizzato dal 9,2% degli americani almeno una volta alla settimana o più), Signal (8,2%), Telegram (8%), Slack (6%) e Twitch (6%).

Discord, in particolare, sta scalando le classifiche. L’utilizzo della piattaforma da mobile negli Stati Uniti è più che raddoppiato tra il 2020 e il 2022, il che lo mette in competizione con piattaforme quali Messenger e WhatsApp, di Meta.
Una caratteristica fondamentale delle piattaforme private di social media è l’assenza di pubblicità, ma questo non significa che i marketer debbano ignorarle. Per l’ascolto social, innanzitutto. Come marketer, è necessario sapere cosa dicono pubblicamente (e anche ‘privatamente’) le persone del proprio brand.

“I consumatori avranno conversazioni con o senza di voi”, afferma in una nota Christopher Penn, co-Founder e Chief Data Scientist di Trust Insightse. E poiché i social media continuano a frammentarsi, sarà molto più difficile per i marketer raggiungere il pubblico in una unica piattaforma. I social media privati garantiscono una ‘portata affidabile’, ha detto Penn, il che significa che si sa che quando un messaggio viene mostrato al pubblico, questi con quasi certezza lo vedrà.

A questo proposito, quello attuale potrebbe ben essere considerato come un momento ideale per la transizione: mentre le persone fuggono da Twitter, Penn prevede che si sposteranno in spazi e comunità che le faranno sentire sicure e apprezzate. “Le persone vogliono passare più tempo a discorrere con persone che sono come loro”, ha spiegato Penn. “I social media ‘privati’ sono un’estensione naturale di questa tendenza“.

Per quanto riguarda le strategie da adottare in questo passaggio, Penn ha condiviso alcuni consigli per i marketer che vogliono esplorare i social media ‘privati’.
Per prima cosa, è necessario costruire la propria community, e coltivarla. Creando uno spazio dedicato al pubblico, è possibile partecipare alle conversazioni invece di limitarsi ad ascoltarle. Non si tratta di un’impresa a breve termine, però. “Sarà un canale di vendita scadente“, ha aggiunto Penn, “ma non è questo il suo scopo. Nei social media privati, bisogna fornire molto più valore di quanto se ne prenda“.

Il secondo suggerimento è quello di saper resistere alla tentazione di costruire la propria app, o piattaforma che dir si voglia. “Non volete essere un’altra cosa sulla lista delle infinità di cose da fare di qualcuno”, ha sottolineato Penn. “Costruite là dove ci sono le persone, in modo da essere integrate nella loro vita”.

Ma che cosa offrono, di concerto, i social network privati? Al primo posto sta la privacy: questi social network non sono aperti al pubblico e bisogna essere membri di una community per vederne i contenuti. Inoltre, i motori di ricerca non indicizzano i contenuti di queste piattaforme, il che significa che qualsiasi operazione SEO è inutile.

Vi è poi la struttura cronologia adottata: i contenuti vengono visualizzati nell’ordine in cui sono stati pubblicati, il che può significare una lunga attività di scorrimento per individuare il thread di proprio interesse.

L’ultima grande differenza con i social media cui si è normalmente abituati consiste nell’assenza di algoritmi, e questo è sufficiente a spiegare il lungo browsing a cui si faceva riferimento in precedenza: differenza di Twitter e Instagram, non c’è un algoritmo che sceglie e detta i contenuti da proporre agli utenti. Da qui la deriva di nessun introito pubblicitario: queste piattaforme guadagnano in altri modi, che possono includere funzioni premium a pagamento o forme di abbonamento.