Interactive

We Are Social: i brand cercano i ‘gamefluencer’. I content creator dominano il mondo degli eSport, forti di community elevate a protagoniste del gioco

Mara Bonavoglia di We Are Social e 'Pow3r' Giorgio Calandrelli

Se n’è parlato durante ‘WTFuture Gamefluencer Edition’, tenutasi venerdì 2 gennaio, dove  WE ARE SOCIAL ha esplorato il crescente fenomeno dei gamefluencer – i creator nel mondo del gaming – il loro ruolo rispetto alle community e la loro rilevanza per il settore della comunicazione.

“In WAS abbiamo creato una divisione globale che si occupa del gaming, non ancora in tutti i nostri uffici nel mondo, ma con una forte presenza di almeno alcune unità ovunque siamo attivi”, ha spiegato l’Innovation Director di We Are Social Luca Della Dora.

Perché oggi la figura del gamer è diventata un modello a cui aspirare, in grado di riunire intorno a sé community di persone molto attive e coinvolte con cui crea un dialogo diretto. In questo scenario, per i brand diventa sempre più importante comprendere in che modo si possono inserire in questo legame.

“In realtà dall’evoluzione del gamer classicamente ritratto, quello dello stereotipo, un po’ nerd, chiuso in casa a giocare da solo per ore, che ha pochi o nulli contatti sociali, è uscita una figura totalmente diversa che sta diventando sempre più popolare, che ha conquistato il mondo degli eSport, a loro volta evoluti negli anni, sia agendo come gamer pro, sia come entertainer e streamer”, ha sottolineato Della Dora.

Il mondo del gaming, innanzitutto, ha raggiunto dimensioni economiche superiori a quelle del cinema: quando si parla di un successo cinematografico come Avatar che ha racconto ricavi globali di circa 2,9 miliardi di dollari, a fronte di un investimento di un paio di centinaia di milioni, si tende a dimenticare che – a sostanziale parità di denaro investito – il gioco GTA (Great Theft Auto) ha ricavato oltre sei miliardi in tutto il mondo. E se qualche anno fa si realizzavano videogiochi ispirati ai film, oggi i game hanno rese grafiche superiori a quelli dei migliori prodotti cinemetografici, e sono doppiati dagli autori più famosi.

Il gaming, in altri termini, è diventare un caposaldo della pop culture attuale, ed è stato capace di costruire interno a sé un intero universo che è seguito non più da ‘spettatori’, bensì da ‘partecipanti’ a diverso titolo delle vicende del gioco. E a quelle guidate dai ‘gamefluencer’, la figura che è emersa quasi logicamente dalla crasi tra il gamer di successo, l’influencer che è diventato, e la community che lo segue.

“La figura del gaminfuencer è diventata di particolare interesse per i brand”, ha aggiunto Della Dora, “perché riunisce in se tre pillar significativi per la brand communication: l’esistenza di una community con chi le interazioni sono quotidiane, praticamente 1to1, in tempo quasi reale, anche durante il gioco; la capacità di co-creazione per realizzare insieme al brand campagne impegnandosi in prima persona; la coerenza tra il suo agire nel gioco e al di fuori di esso”.

Il gaming e l’eSport in particolare sono quindi diventati, e lo stanno diventando sempre più, veri e propri media che arrivano a occupare il prime time di quei palinsesti sempre più parcellizzati dagli OTT, e raccolgono anche le iniziative di fashion brand, come Balenciaga e Nike, raddoppiate dall’esplosione degli NFT e del Web3.0, o attività come la Lavazza Arena su Roblox, per aiutare la riforestazione dell’Amazzonia.

Per approfondire l’argomento, a fianco del team dell’agenzia, è intervenuto anche ‘Pow3r’ (Giorgio Calandrelli), uno dei content creator più seguiti del settore in Italia, che ha raccontato la sua trasformazione da semplice giocatore che occupava il tempo da ‘povero’ esiliato in Francia per lavoro, che giocava per passione, in un tempo in cui non c’era soldi in palio, a protagonista di progetti come quello realizzato da WAS per Vodafone, a Lucca e a Milano.

Related articles