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Dagli esperti italiani sul Covid-19 sovraccarico di informazioni e indicazioni incoerenti. L’indagine di Reputation Science ha analizzato le dichiarazioni di virologi, medici ed esperti degli ultimi dieci mesi

 Qual è il ruolo avuto dagli esperti nel sovraccarico di informazioni sul Covid-19 registrato negli ultimi mesi? 

Reputation Science, la società attiva nell’analisi e gestione della reputazione, ha condotto un’analisi sulle dichiarazioni di virologi, medici ed esperti che hanno avuto visibilità sul web dal 1° febbraio al 20 novembre 2020 in materia di Covid-19 per dare risposta a questa domanda. 

I principali risultati generati dall’analisi hanno fatto emergere non solo un volume di contenuti generati dagli esperti estremamente rilevante, ma anche un doppio livello di incoerenza nelle dichiarazioni rilasciate. Non solo infatti molti esperti hanno cambiato approccio nei vari mesi, ma in generale si è assistito a una forte divergenza tra le opinioni riguardo alla gravità della pandemia e alla severità delle misure di contenimento; questo potrebbe aver reso gli alti volumi di contenuti registrati ancora più impegnativi da gestire dal punto di vista informativo per i cittadini. 

In questo periodo, lo studio ha analizzato centinaia di dichiarazioni pubbliche degli esperti sulla pandemia, individuandone oltre 120 che hanno avuto impatto mediatico significativo, generando oltre 70mila contenuti online tra web e social network. L’analisi ha inoltre considerato solo i contenuti totalmente dedicati alle singole dichiarazioni, mentre sono stati esclusi i contenuti in cui le opinioni degli esperti hanno occupato spazio marginale. 

Ciò significa che durante i dieci mesi presi in esame, ogni giorno, le esternazioni degli esperti hanno generato circa 234 contenuti sul web; allo stesso tempo, secondo le analisi effettuate da Reputation Science, ogni dichiarazione ha generato in media 586 contenuti online in totale. 

Dal punto di vista del flusso comunicativo, alcuni virologi hanno scelto di intervenire pubblicamente nei momenti in cui il trend dei contagi era in aumento, come Roberto Burioni o, al contrario, hanno concentrato i propri interventi quando i numeri dei contagi erano ai minimi, come nel caso di Zangrillo. Gli altri 10 esperti hanno mantenuto tempistiche di intervento pressoché costanti. 

Infine, l’analisi ha evidenziato anche un andamento dinamico nello share dei singoli esperti nei vari periodi, con professionisti che hanno dominato la scena mediatica nei primi mesi e hanno molto ridimensionato le proprie presenze in seguito. 

Le oltre 120 dichiarazioni rilasciate ai media e analizzate dallo studio sono state analizzate attraverso due indici numerici: l’indice di allerta, l’orientamento prevalente di ciascun esperto rispetto al grado di rigidità delle misure di contenimento da adottare, e il grado di coerenza tra le varie opinioni espresse nel tempo da ciascuno. 

L’indice di allerta 

L’analisi qualitativa delle dichiarazioni mostra come le tesi proposte dai virologi siano state spesso antitetiche: gli esperti hanno infatti assunto posizioni molto contrastanti in merito alle caratteristiche della pandemia e alle soluzioni da adottare per il contenimento della pandemia. L’indice di allerta elaborato da Reputation Science indica appunto l’opinione media dell’esperto in merito alle soluzioni per contenere la pandemia secondo una scala che va da -5 (misure di contenimento minime) a +5 (misure di contenimento massime). Le posizioni degli esperti occupano la quasi totalità del range: si va da quelle più prudenti di Pregliasco, Ricciardi, Galli, Locatelli e Burioni (+4,5/+3,5) a quelle totalmente opposte di Zangrillo (-2) e Bassetti (-3). Nel dettaglio, per 6 virologi su 12 il virus SARS-CoV-2 è molto pericoloso, gli altri 6 hanno affermato almeno una volta che non ha un’elevata mortalità ; il lockdown trova il favore di tre quarti del campione, mentre un quarto è contrario; favorevoli al coprifuoco solo 6 esperti; più di un virologo su due non ritiene affidabili i dati diffusi dal Governo sull’andamento della pandemia; persino sull’App Immuni, strumento pubblicamente sostenuto dal Governo per monitorare il contagio, non vi è unanimità: lo ritengono utile solo 8 virologi su 12. 

L’indice di coerenza 

L’indice di coerenza sviluppato da Reputation Science, espresso in una scala da 1 a 10, misura invece la coerenza delle dichiarazioni pubbliche di ciascun esperto nel corso del periodo preso in analisi, che sono state in grado di generare picchi di visibilità. L’indice è stato ricavato calcolando la varianza tra le diverse opinioni espresse dal soggetto nel tempo. Il punteggio ottenuto tiene quindi conto delle diverse posizioni assunte nel corso della pandemia e spiega quindi come e quanto sia cambiata la sua opinione. 

Fabrizio Pregliasco con 9,67 presenta l’indice di coerenza più alto, seguito con poco distacco da Franco Locatelli (9,11); a seguire: Matteo Bassetti (8,02); Massimo Galli (7,57); Antonella Viola (7,49); Walter Ricciardi (6,41); Roberto Burioni (4,21); Alberto Zangrillo (4,13); Ilaria Capua (3,95); l’indice di coerenza più basso è dei tre esperti le cui dichiarazioni sono state più incoerenti nel periodo di riferimento preso in esame: al decimo posto Giorgio Palù con un indice di coerenza di 3,09, all’undicesimo Andrea Crisanti (3,05), al dodicesimo Maria Rita Gismondo (0,75). 

“Dalle analisi emerge in modo molto chiaro come il flusso di comunicazione innescato dagli esperti sia stato eccessivo e incoerente”, spiega Auro Palomba, Presidente di Reputation Science. “Stiamo vivendo un momento di forte incertezza, ed ora più che mai è necessario comprendere in modo chiaro i meccanismi della comunicazione, il peso che singole parole e messaggi più articolati possono avere sulla percezione e sui livelli di ansia delle persone, già sottoposte a forti pressioni dal contesto attuale. Purtroppo, stiamo assistendo a molti singoli professionisti che stanno utilizzato la ribalta mediatica per promozione personale e ad un gruppo di esperti che sta progressivamente perdendo la propria capacità di svolgere un ruolo di guida. Una deriva acuita dai casi di reciproche accuse a cui abbiamo assistito. Purtroppo, un effetto negativo di questo trend riguarda il fatto che rischia di ledere l’importanza delle misure e dei comportamenti fondamentali per limitare la pandemia”. 

“I dati riportati in questa analisi non sono solo statistiche sulla comunicazione dei soggetti analizzati – aggiunge Andrea Barchiesi, CEO di Reputation Science – sono numeri in grado di cambiare lo scenario percettivo. Non si tratta infatti di un sondaggio sul loro gradimento, ma di una misurazione analitica dei contenuti che riprendono le loro dichiarazioni pubbliche. Se ogni opinione espressa dall’esperto sul Covid19 è stata ripresa in media più di 200 volte al giorno su quotidiani, siti di informazione, social, significa che il lettore è stato sottoposto a una grande pressione mediatica, ogni giorno, ricevendo messaggi spesso contrastanti, ad elevata frequenza e intensità. Questo ha contribuito ad aumentare il livello di infodemia perché i cittadini si trovano di fronte sempre nuove voci, con posizioni diverse, sugli stessi argomenti”.