Healthcare

Comunicare: l’emergenza sanitaria Covid-19 raccontata dagli ospedali. Informare e tranquillizzare, senza mai trascurare i pazienti con necessità di continuità di cura. Web, social network e comunicazione verso i media, le vie per stare accanto in modo diverso a tutte le persone

L’emergenza sanitaria da coronavirus si è abbattuta come uno tsunami sulla popolazione mondiale, colta impreparata e disorientata. In questo scenario di generale sconcerto e incertezza, si è assistito al dilagare di quella che viene definita infodemia, ovvero la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non verificate accuratamente, che rendono difficile orientarsi. Un fenomeno accentuato dalla diffusione delle informazioni sui social network – che hanno nel loro DNA sovraesposizione, immediatezza, emotività – come canale di “informazione” principale, per molti il solo: secondo i dati ufficiali di Facebook, durante il lockdown il tempo passato sui social dagli italiani è incrementato del 70%, passando da 1,5 a quasi 4 ore al giorno. La stessa OMS il 3 febbraio scorso ha messo in guardia dall’uso improprio di hashtag, condivisioni di informazioni non verificate e chat: l’indigestione di informazioni – in parte corrette e in parte no, in parte verificate e in parte no – rischia di rendere difficile il reperimento delle notizie attendibili e di creare panico incontrollato e reazioni estreme nella popolazione.

In questo quadro di grande confusione, un ruolo fondamentale lo ha rivestito la comunicazione sanitaria di enti, istituzioni e strutture ospedaliere, chiamati a comunicare le loro attività ma nel contempo a mettere ordine nel caos delle fake news.

Youmark ne parla con Franco Balestrieri, direttore marketing e comunicazione GVM Care & Research, uno tra i primi Gruppi ospedalieri italiani, con oltre 30 strutture private, molte delle quali accreditate con il SSN, collocate in 10 diverse regioni (Beatrice Lomaglio su Agenda Digitale ne ha lodato la comunicazione chiara, trasparente, puntuale e autorevole).

Ricordando che all’alba dell’epidemia, poi divenuta pandemia, il presidente Ettore Sansavini ha risposto alla richiesta di supporto delle regioni per far fronte comune contro un virus di cui si sapeva poco, se non che correva veloce. Di pari passo con la riorganizzazione delle strutture e delle risorse, il gruppo ha anche avviato un’attività di comunicazione multicanale con il duplice obiettivo di informare da una parte e tranquillizzare dall’altra, senza mai trascurare i pazienti che avevano necessità di continuità di cura. Attraverso sito, social network e comunicazione verso i media, si è continuato così a stare accanto alle persone. Una scelta fatta a tavolino che ha coinvolto le varie strutture sanitarie del Gruppo, con un’analisi continua dei messaggi sui vari canali digitali che sono diventati utili per plasmare giornalmente sia la comunicazione che il miglioramento della risposta da parte degli ospedali verso quei pazienti che erano in attesa di cure.

Qual è stato il ruolo della comunicazione in questa emergenza?

La complessità di questo periodo ha fatto sì che la comunicazione (in particolare quella politica e inerente alla salute) diventasse protagonista della nostra quotidianità, soprattutto sotto 3 punti di vista. In primo luogo, a causa della diffusa ansia sociale dovuta a un’incertezza generalizzata, i cittadini hanno aumentato esponenzialmente la ricerca di informazioni attraverso ogni tipologia di canale. Ciò ha comportato un incremento della competitività, costringendo i produttori di contenuti a trovare modalità sempre più efficaci nell’attirare l’attenzione delle persone. Tale fenomeno ha a sua volta provocato ciò che viene solitamente definita “viralizzazione della comunicazione”, ovvero l’esasperazione di messaggi il cui obiettivo primario non è la correttezza delle informazioni veicolate, piuttosto il far leva su forti emozioni (come la paura o l’incertezza) o espressioni suggestionanti (come “i morti della giornata”) capaci di agganciare il fruitore. Trattandosi tuttavia di un fenomeno trasversale tanto ai mezzi di comunicazione più tradizionali quanto ai nuovi media, non solo risulta sempre più difficile identificare e scegliere tra le molteplici fonti quelle a cui affidarsi mettendo le basi per la proliferazione di fake news, ma si rischia al contempo di polarizzare la cittadinanza attorno a opinioni che non hanno alcuna concreta base scientifica, scambiando il plausibile per reale.

Sotto questo punto di vista le informazioni istituzionali sono indubbiamente più attendibili, ma talvolta l’utilizzo di un linguaggio meno accattivante e comprensibile rende le persone paradossalmente meno inclini a consultarle rispetto ad altre. Non a caso parlo di “persone” e non di “target”, perché nel mondo della comunicazione, e in particolare del marketing, non dovremmo mai dimenticare che ci rivolgiamo a persone, con una loro psicologia, una loro cultura e aspettative che se non prese in considerazione possono fortemente compromettere la comprensione dei nostri messaggi, oppure addirittura impedire che tali messaggi raggiungano adeguatamente il destinatario.

Che scelte ha fatto GVM Care & Research in questo contesto?

Abbiamo cercato di porre sempre molta attenzione nella scelta delle parole, per essere chiari, semplici, trasparenti, ma allo stesso tempo soprattutto reattivi non solo nell’adattare la tipologia di comunicazione in base all’evoluzione della situazione, ma anche nel comprendere le numerose, in certi giorni numerosissime, richieste pervenute da parte delle persone tramite le varie nostre piattaforme di comunicazione. Anche nella scelta delle immagini da abbinare alle parole abbiamo posto molta attenzione, per cercare di creare empatia e supportare le parole con coerenza. Le innumerevoli fonti di informazione digitali in crescita continua, la velocità dei media digitali in termini di produzione di informazioni e in particolare lo “scrolling veloce degli schermi” portano infatti inevitabilmente a leggere i contenuti sommariamente e distrattamente. Non è un effetto della pandemia, bensì un fenomeno già evidente da tempo: le ricerche sociologiche hanno evidenziato come la teoria dell’ago ipodermico (secondo cui basta iniettare informazione e si ottiene immediatamente il risultato sperato) non sia più attendibile in Occidente già a partire dalla fine degli anni 80. La recente infodemia ne ha tuttavia decretato definitivamente la caduta, creando una popolazione sempre più distratta e con una propensione all’attenzione in continuo declino. Immagine, titolo, primo commento sotto al post possono essere i soli elementi di un contenuto di cui si fruisce, specialmente se lo stato d’animo con cui lo si affronta è influenzato da noia o sconforto, conducendo a non approfondire, a non leggere tutto il testo.

Avendo ben chiaro questo fenomeno e lavorando quindi per agevolare al massimo la fruizione delle informazioni veicolate, il nostro intento è stato quello di produrre contenuti autorevoli, utili, trasparenti e semplificati, relativamente alle nostre attività a favore di tutto il Sistema Sanitario Nazionale e in particolare delle Regioni dove siamo presenti con le nostre strutture.

Quali criticità avete riscontrato?

La maggiore criticità per GVM è stata quella di organizzarci, rapidamente, in 10 regioni italiane, dove abbiamo messo a disposizione 1.750 letti, di cui 550 di Terapia Intensiva, trasformato 5 ospedali in Covid Hospital e altri 3 in Covid Hospital parziali, oltre a rendere disponibili verso gli Ospedali Pubblici sale operatorie e tecnologie per i chirurghi che avevano necessità di effettuare interventi urgenti. Quando abbiamo risposto all’appello delle Regioni dando la disponibilità ad accogliere pazienti Covid e altri non Covid provenienti da strutture pubbliche, ci siamo trovati a dover affrontare reazioni contrastanti da parte dell’opinione pubblica, divisa tra chi sosteneva questa scelta e chi, invece, ha gridato alla speculazione (al momento non è infatti ancora diffusa nella cittadinanza una conoscenza tecnica della modalità di collaborazione tra pubblico e privato e su questo sarà certamente necessario lavorare in futuro in termini di comunicazione). Giorno dopo giorno abbiamo monitorato, sull’onda dell’evoluzione della pandemia, i bisogni delle persone che interagivano con noi tramite i nostri canali e abbiamo sempre cercato di fornire loro informazioni chiare, analizzate con spirito critico e scientificità, senza lasciarci travolgere dalla frenesia di dare la notizia prima degli altri. Abbiamo dedicato una pagina del sito internet del Gruppo alle notizie Covid, aggiornando di giorno in giorno e fornendo risposte puntuali, sulle varie piattaforme, alle richieste di informazioni e chiarimenti dei nostri utenti.

Tra l’immediatezza dell’online e il pericolo delle fake news in che direzione sta andando la comunicazione nel vostro settore? 

Il media digitale è per sua natura veloce e immediato, ma noi abbiamo la responsabilità di fornire notizie certe. In tema di Sanità, Dr. Google ha sicuramente rivestito un ruolo divulgativo importante, ma nel contempo ha prodotto disinformazione generando in parte anche un clima di sfiducia verso il mondo scientifico e medico. In GVM riteniamo, invece, che una buona cura debba anche passare da una corretta informazione proveniente da fonti ufficiali e autorevoli. Siamo tutti caduti, chi più chi meno, nella rete delle fake news, ma chi fa comunicazione non può prescindere da una accurata verifica delle fonti. E allo stesso modo, chi contribuisce a divulgare la notizia tramite condivisione con i propri followers deve essere consapevole del ruolo che ricopre: come evidenziato da numerose ricerche, una notizia condivisa e rilanciata da più persone viene percepita come vera sfruttando il meccanismo della “prossimità relazionale”. Secondo tale meccanismo per combattere l’incertezza e semplificarci la vita, ci affidiamo agli “altri significativi” (amici, conoscenti, ma anche persone che la pensano come noi), in secondo luogo a quanti rilanciano una notizia (immaginando che sia più difficile fuorviare una grande quantità di persone rispetto a piccoli gruppi). Si tratta di un fenomeno da non sottovalutare, specialmente considerato che anche le più recenti rilevazioni statistiche mostrano come le persone non si sentano responsabili per gli effetti di ciò che comunicano online (specialmente se ricondividono contenuti altrui) e che smontare una fake news dopo che è circolata può risultare molto complesso e talvolta inefficace, anche per le Istituzioni o per i professionisti più qualificati.

 

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