La mostra si compone di cento fotografie che Giorgio Armani ha selezionato insieme a The Guy Bourdin Estate.
Nata dall’idea di raccontarne l’intento compositivo e narrativo, la mostra è un omaggio all’opera del fotografo francese, al di là della provocazione da sempre associata al suo lavoro.
“Questa mostra conferma la mia volontà di fare di Armani/Silos un centro di cultura fotografica contemporanea, includendo ciò che è prossimo al mondo Armani, ma anche ciò che ne è lontano. A prima vista, Guy Bourdin non è un autore a me vicino: il suo era un linguaggio netto, grafico, forte. Nella sua opera quel che si percepisce subito, in superficie, è la provocazione, ma quello che mi colpisce, e che ho voluto mettere in risalto, sono piuttosto la sua libertà creativa, la sua capacità narrativa e il suo grande amore per il cinema. Bourdin non seguiva la corrente e non scendeva a compromessi: un tratto nel quale mi riconosco io stesso, credo non ci sia un altro modo per lasciare un segno nell’immaginario collettivo”, commenta Armani.
Chi Guy Bourdin
Nato nel 1928 a Parigi, inizia la carriera come pittore, passando alla fotografia da autodidatta nei primi anni Cinquanta. Sviluppa da subito uno stile personale, intriso di atmosfere e richiami surrealisti, anche grazie alla lunga amicizia con Man Ray, conosciuto nel 1951. Notato da Vogue Paris, Guy Bourdin inizia a collaborare con la testata e a produrre servizi fotografici, ma anche campagne pubblicitarie, che si contraddistinguono per l’incredibile libertà creativa. La sua ferma volontà è di mettere in primo piano la creazione dell’immagine, non il prodotto, e rimane costantemente fedele a questo intento. Il background di Bourdin come pittore influenza il suo approccio, dallo studio minuzioso dei colori alle composizioni sospese tra l’assurdo e il sublime, capaci di stimolare il subconscio dello spettatore. I colori iperreali, i giochi di luci e ombre, ma anche il trucco ‘glossy’ delle modelle fanno parte del suo codice visivo, unico e riconoscibile.