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Il valore degli eSport. Negli Usa un professionista pagato da Microsoft come CR7. Investimenti a oltre mezzo miliardo. Ma in Italia il settore aspetta una veste legislativa

Ieri in queste pagine è stato pubblicato un articolo dedicato agli eSport, basato sulla ricerca sviluppata da We Are Social. Qui vorremmo procedere a un approfondimento di quanto emerso nella sessione di presentazione che ha visto partecipare Luca Della Dora, Innovation Director di WE ARE SOCIALLuca Casaura, Head of Brand and Advertising Vodafone; Antonio Jodice Sales & New Business Director di Progaming Italia, rappresentante di ESL; e soprattutto, molto interessanti per la loro esperienza diretta, Alessandro Avallone “Stermy” e Paolo Marcucci “Paolocannone”. Hanno chiuso gli avvocati Stefano Lava e Gianluigi Marino, di Osborne Clarke.

Il punto più interessante da consiederare è che, tra gli eSport, non sono i giochi elettronici derivati dagli sport tradizionali a guidare la classifica: sono gli eSport competitivi, da Fortnite a House of Legends, i più visti e giocati.

Luca Della Dora ha ricordato le dimensioni quantitative in gioco, quando ho sottolineato come il Superbowl, l’appuntamento principe per la pubblicità televisiva, abbia avuto 98 milioni di telespettatori, mentre a guardare la finale di League of Legends era più di 100 milioni.

“Ovviamente il profilo delle audience non è comparabile”, ha ammesso, “ma è anche tempo di considerare il fatto che le audience più giovani, dai 10/12 anni ai 34, sono a tutti gli effetti responsabili di acquisto che non è possibile trascurare, e – in prospettiva – sono quelle destinate a durare di più”.

Né si può dimenticare che il più celebre dei giocatori professionisti, lo statunitense Tyler “Ninja” Blevins, ha più visualizzazioni sulla Rete e sui social di CR7: solo che il primo è virtualmente sconosciuto tra le audience televisive e gli over40, ma Microsoft gli ha pagato 50 milioni di dollari perché lasciasse Twitch e si spostasse (con tutte le sue imprese sportive) su Mixer, la piattaforma di gaming di Xbox.
E non è solo un fatto di Redmond, anche RedBull e Adidas investono massicciamente su questo (ed altri) giocatori. “Nel 2018 gli investimenti in eSport hanno superato il mezzo miliardo di euro”, ha calcolato Della Dora, “e la cifra sta crescendo considerevolmente”.

I brand in gioco si possono dividere in tre categorie: endemici, come Samsung e Intel, che sono consustanziali al gaming; non endemici, come RedBull, Adidas e Mercedes Benz, che investono in un’ottica di awareness; e semi-endemici, come Vodafone, in una posizione intermedia.
“Vodafone sponsorizza anche quest’anno le finali alla Milano Games Week alla fine di settembre”, ha aggiunto Casaura. “Fa parte del nostro DNA connettere le individuo. E quale migliore esperienza di connessione del gaming, con un occhio rivolta al 5G – già attivo a Milano – per la sue caratteristiche di zero latenza (gioco in real time) e di Agile Network, per gestione di un numero incrementale di giocatori”.
Il mobile streaming, per Vodafone, è il settore che conoscerà il maggior sviluppo nei prossimo anni. “Ovviamente le console sono sempre il mezzo più adatto al gaming”, ha ricordato Casaura, ma con i 5g e i terminali adatti la concorrenza è imbattibile. Poter giocare (o guadare il gioco) ovunque, quando lo si desidera, offre un’esperienza completa. “In un prossimo futuro accadrò come è già successo per la musica, con la definitiva affermazione del terminale mobile come unico media necessario per fruire di ogni aspetto del gaming”.

Interessanti anche le testimonianze di “Stermy”, giocatore professionista di FPS (First Person Shooter) e co-founder di FaceIt, e di “PaoloCannone”, streamer e co-founder di Moba Rog.
Due racconti in prima persona che hanno evidenziato i diversi percorsi personali, l’appoggio o meno della famiglia, le “migrazioni” per raggiungere i livelli desiderati, limiti e difficoltà di un professionista che in Italia non c’è ancora, e la necessità di operare in un ambito sovranazionale per ottenere il riconoscimento dovuto.”Questo settore è ancora nell’indeterminatezza quanto riconoscimento giuridico”, hanno concluso i Lava e Marino, “Gli eSport non sono riconosciuti dal Coni e quindi non si può applicare la legge che garantisce i lavoratori del calcio e di altri sport olimpici. Servirebbe una legge quadro per identificare obblighi e garanzia per professionisti che oggi sono ancora considerati a metà strada tra il lavoro occasionale e gli influencer”.