Interviste

Nell’era dell’AI Search, costruire solide brand authority è fondamentale per restare competitivi

Simone Rinzivillo, Ceo Archetipo: "I brand si trovano ora di fronte a una nuova e decisiva sfida: non basta più conquistare la vetta dei risultati organici, bisogna essere 'interpellati' dall'algoritmo poiché ritenuti una risorsa affidabile"
Simone Rinzivillo, CEO Archetipo
Simone Rinzivillo, CEO Archetipo

Negli ultimi mesi, il modo in cui scopriamo i brand online sta attraversando una trasformazione profonda. L’intelligenza artificiale generativa è entrata con decisione nella Search Experience, ridefinendo le regole del gioco per aziende, marketer e professionisti della comunicazione. Con l’arrivo delle AI Overviews anche in Italia, Google non si limita più a restituire risultati: sintetizza, rielabora e propone direttamente risposte ‘intelligenti’, selezionando le fonti che ritiene più autorevoli e utili.

Ma cosa significa, oggi, essere visibili nella nuova SERP? Come cambia il concetto stesso di ‘Brand Search’ in un panorama in cui social media, contenuti generati dagli utenti e modelli AI si contendono l’attenzione (e la fiducia) dell’utente? Ne abbiamo parlato con Simone Rinzivillo, Ceo di Archetipo Agency, per comprendere come stanno evolvendo le strategie digitali, quali competenze diventano centrali in questo nuovo contesto e quali sono gli strumenti giusti per guidare brand e aziende in una transizione che non è più futura: è già in atto.

Con l’introduzione delle AI Overviews di Google, il concetto di ‘visibilità’ sta cambiando. Come stanno reagendo i brand a questo nuovo scenario, in cui l’obiettivo non è più solo posizionarsi, ma ‘entrare’ nelle risposte generate dall’intelligenza artificiale?

Nel contesto attuale, in cui la SERP è una mappa dinamica che include anche risposte sintetiche, contenuti generati da AI e altre forme di interazione, la visibilità non dipende più solo dalla posizione, ma dalla capacità di essere percepiti come fonti autorevoli e rilevanti per le query degli utenti.

I brand si trovano ora di fronte a una nuova e decisiva sfida: non basta più conquistare la vetta dei risultati organici, bisogna essere ‘interpellati’ dall’algoritmo poiché ritenuti una risorsa affidabile. Questo cambiamento porta con sé una forte enfasi su due aspetti fondamentali: autorevolezza e qualità dei contenuti. Le risposte AI non si limitano a riportare i contenuti dei brand, ma attingono anche a una varietà di fonti esterne – articoli specializzati, blog di settore, discussioni online e altre menzioni – per costruire una risposta completa e pertinente. Per questo, le aziende non devono solo competere con i propri diretti concorrenti, ma anche con una vasta gamma di contenuti esterni che l’algoritmo considera autorevoli. Per affrontare questa nuova realtà, i brand stanno rivedendo le proprie strategie di contenuto. La focalizzazione non è più solo su ottimizzazione tecnica e keyword, ma sull’offrire contenuti di qualità, che rispondano in maniera completa e concreta alle domande degli utenti. Si tratta di offrire valore reale, andando oltre la quantità di contenuti, e puntando su risposte ricche, chiare e utili. Un ritorno a una comunicazione autentica e di valore, in cui l’utente percepisce il brand come una risorsa affidabile e competente.

Allo stesso tempo, il concetto di autorevolezza sta subendo una trasformazione: non si parla più solo di link in ingresso, ma anche di menzioni strategiche e connessioni semantiche con fonti esterne. Oggi, la visibilità dipende anche dalla capacità di un brand di essere citato da altre voci riconosciute nel settore, anche senza un link diretto. È questa forma di ‘autorevolezza diffusa’ che conta nell’algoritmo di Google e che diventa cruciale per entrare nelle risposte AI. Questo scenario richiede ai brand di pensare in modo diverso alla visibilità online. Non si misura più solo il traffico, ma anche la rilevanza nei nuovi touchpoint conversazionali. Anche senza un clic diretto sul sito, il brand può entrare in contatto con l’utente attraverso una risposta generata dall’AI. E qui, ogni brand ha l’opportunità di entrare a far parte della conversazione, influenzando la percezione degli utenti e stabilendo una connessione.

La ricerca oggi è streaming, scrolling, ricerca e shopping: come cambia, in questo nuovo scenario multimodale, il concetto di query e quali sono le implicazioni per chi crea contenuti SEO o adv performance-based?

La ‘query’ è diventata un’esperienza fluida che si dipana tra feed video, caroselli di immagini, suggerimenti vocali e vetrine di prodotto integrate. In questo contesto multimodale – dove l’utente passa dallo streaming di tutorial allo scrolling di recensioni fino all’acquisto in-app – ogni richiesta diventa un micro-momento con aspettative e segnali unici a seconda del touchpoint.

Per chi si occupa di SEO, significa ripensare la mappatura delle parole chiave in un ecosistema di asset modulari: testi conversazionali, clip video bersagliate, infografiche ottimizzate per la ricerca visiva e markup strutturati che permettano alle AI di estrarre e combinare frammenti di contenuto esatti. Si costruiscono ‘componenti’ – snippet di risposta, blocchi FAQ, schede prodotto – pronti a essere assemblati in tempo reale nelle diverse interfacce, anziché adattare un unico articolo a mille query.

Sul fronte dell’adv performance-based, il focus diventa intercettare l’utente con creatività dinamiche capaci di modellarsi al canale: un prodotto sponsorizzato in un carosello social, un’offerta contestuale suggerita nella chat AI o un breve spot video durante lo streaming. Le landing page si trasformano in micro-esperienze iper-targettizzate, progettate per rispondere in un lampo a query ultra-specifiche e spingere all’azione con call-to-action contestualizzate.

Oggi, orchestrare contenuti e formati significa sfruttare dati in tempo reale, modularità e automazioni creative per entrare nel flusso naturale dell’utente. Solo così si passa dal ‘mostrarsi’ al ‘connettersi’ davvero, trasformando ogni micro-momento in una vera opportunità di engagement e conversione.

I comportamenti di ricerca delle nuove generazioni stanno spostandosi verso piattaforme social come TikTok, influenzando il modo in cui i brand vengono scoperti. Che ruolo ha la Search nel nuovo funnel digitale e come si integrano questi touchpoint?

Le nuove generazioni non si limitano più a digitare query su Google: il loro percorso di scoperta inizia spesso su TikTok, dove scivolano tra video, trend e hashtag, passando senza soluzione di continuità dallo scroll alla scoperta di prodotti e persino allo shopping in-app. In questo contesto, la Search si trasforma, abbracciando nuovi fronti. Google resta il punto di riferimento per ricerche esaustive, mentre TikTok, Instagram e più in generale i canali social, diventano veri e propri motori di scoperta visiva e conversazionale, in cui le keyword diventano hashtag, le descrizioni si intrecciano a trend audio e le challenge veicolano contenuti virali.

Nel nuovo funnel digitale, ricerca tradizionale e ricerca social non sono più mondi separati, ma si alimentano a vicenda. Gli utenti trovano ispirazione su TikTok, poi approdano su Google per approfondire, confrontare opzioni o finalizzare l’acquisto. Allo stesso modo, un prodotto scoperto in un reel può essere subito ricercato tramite la barra interna di TikTok o Instagram, trasformando un touchpoint ludico in un momento di valutazione concreto.

Per i brand, questo richiede una strategia omnichannel che sfrutti le peculiarità di ogni piattaforma. Ottimizzare i contenuti per TikTok Search significa usare hashtag mirati, testi coinvolgenti e elementi audio riconoscibili per emergere nel feed dei più giovani. Contemporaneamente, è fondamentale creare landing page su Google che riprendano quei temi in versione più strutturata e approfondita, catturando il pubblico alla ricerca di dettagli tecnici e recensioni.

La Search social diventa così il top of funnel emozionale e ispirazionale, generando awareness e coinvolgimento spontaneo; Google Search resta il mid e bottom of funnel, dove l’utente cerca conferme, comparazioni e opzioni di acquisto. Un video TikTok può spingere una query Google e un articolo SEO-driven può rimandare a un approfondimento video o a una demo in-app. Mappare questi micro-momenti di ricerca, allineare copy, creatività e offerte, e sfruttare analytics integrate è essenziale per seguire l’utente lungo tutto il percorso: dall’ispirazione iniziale allo scroll, fino alla conversione finale. Solo così un brand può essere davvero presente e rilevante in ogni fase del funnel multimodale.

L’autorevolezza online sembra oggi dover essere ‘dimostrata’ non solo agli utenti, ma anche agli algoritmi. Come si costruisce una brand reputation efficace nell’era dell’AI-driven discovery?

Costruire una brand reputation solida, attualmente, significa lavorare su un concetto chiave: la menzione. Gli algoritmi non si limitano più a valutare link o keyword: tengono conto della frequenza, del contesto e dell’autorevolezza delle fonti che parlano di un brand, anche senza rimandare al sito ufficiale. Le AI generative estraggono contenuti da una moltitudine di fonti: articoli, blog, podcast, commenti social, newsletter. In questo ecosistema distribuito, ogni citazione – se collocata in un ambiente credibile – contribuisce a rafforzare la percezione di autorevolezza del brand, sia per gli utenti che per l’algoritmo. Per le aziende, in particolare nel B2B, questo significa attivare una presenza consapevole nelle conversazioni rilevanti del proprio settore. Essere menzionati da esperti riconosciuti, media di riferimento o community verticali equivale a un ‘passaparola digitale’ che costruisce fiducia. Non si tratta solo di visibilità: è validazione. Ecco perché oggi la reputazione si costruisce dentro e fuori dai propri canali. Accanto a contenuti proprietari di valore, serve coltivare relazioni e stimolare citazioni spontanee e autorevoli. È un lavoro di ecosistema: PR, thought leadership, co-creazione di contenuti, digital listening e relazioni con stakeholder influenti.

Come agenzia, avete sviluppato strumenti o metodologie per monitorare l’impatto dell’AI Search e supportare i brand in questa transizione? Quali metriche e segnali state osservando con maggiore attenzione?

In ARCHETIPO, abbiamo sviluppato una metodologia per monitorare l’impatto dell’AI Search, che sfrutta strumenti proprietari come Amplifika, la nostra piattaforma che integra un modulo avanzato per il monitoraggio dei contenuti e dei risultati generati da sistemi generativi e l’osservazione qualitativa del comportamento utente. Il nostro obiettivo è aiutare i brand a comprendere come cambia la visibilità dei loro contenuti nei nuovi ecosistemi dominati da risposte generative e search experience evolute. Amplifika consente di monitorare in modo dettagliato la presenza dei brand all’interno di risposte generate da sistemi come Google AI Overview, Microsoft Copilot, Perplexity, ChatGPT e altri chatbot generativi, analizzando se, come e dove il brand viene citato, con una distinzione tra menzioni sui siti ufficiali e quelle su domini di terze parti.

A partire da questi dati, monitoriamo vari segnali chiave che ci aiutano a misurare l’effettivo impatto dell’AI Search. In particolare, osserviamo attentamente la variazione del traffico branded e non-branded che proviene dai motori di ricerca, distinguendo tra query informazionali e transazionali. Il tasso di clic (CTR) nei risultati organici è un altro indicatore fondamentale, che confrontiamo tra le SERP classiche e gli ambienti arricchiti da tecnologie AI. Un aspetto cruciale del nostro lavoro è anche il monitoraggio del posizionamento nei contenuti generati dall’AI, dove analizziamo se e come i brand vengono menzionati nelle risposte conversazionali o negli snapshot generati dai chatbot. Questo ci permette di capire come la visibilità del brand si evolve nei nuovi scenari di ricerca automatica. Infine, attraverso strumenti di listening e analisi semantica, osserviamo l’evoluzione della brand authority, incrociando questi dati con la presenza nei contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Conoscere la brand authority percepita in questi nuovi spazi è fondamentale per ottimizzare le strategie SEO e di comunicazione, orientando la produzione di contenuti per rispondere alle domande emergenti degli utenti.