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‘Inside an agency’, Luca Bartoli ne firma il capitolo 4) La copy ad e la crisi creativa

La concretezza del brief

Ragazzi non ci sono soldi” esclama il direttore creativo mentre l’account (con un grado decrescente d‘imbarazzo a seconda del livello) annuisce e conferma.
”Sai che novità” pensano tutti, ma questa volta non si tratta di respingere l’ennesima richiesta di aumento di stipendio e/o di arrotondare al costo di un panino senza bibida i buoni pasto e/o di mettere il caffè gratis in agenzia, almeno dopo le 22.00.

Stavolta si tratta di una campagna e i soldi sono il non-budget di produzione che esclude qualunque tipo di lavorazione, neppure l’acquisto al mercato nero di un’immagine di repertorio.

Di per se la cosa non è gravissima, se non fosse che le sue conseguenze creano fratture psicologiche insanabili all’interno della coppia.
 Un muro di disempatia che rischia di mettere in crisi anche i matrimoni creativi più rodati.

L’entusiasmo del copywriter

Il copy è frizzante. Sa che è il suo momento. Sa che tutto è sulle sue spalle. Sa che finalmente può sbizzarrirsi, giocare con le parole, far vedere di che pasta è fatto. Punzecchiare, provocare e divertire il target. Raccontare, celebrare, persino auto-ironizzare sul prodotto. Sfidare a viso aperto i concorrenti o dipingere col suo verbo l’intera categoria, incensando la leadership del marchio e, al tempo stesso, la sua vena poetica-anche-in-prosa fino a oggi inespressa.

E, soprattutto, sa che per fare tutto questo, raccattando qualche “bravo” in giro per l’agenzia e qualche sguardo d’invidia degli altri copy, gli basterà leggere e rileggere un numero indefinito di volte il brief e wikipedia, wikipedia e il brief, il brief e wikipedia, wikipedia e il brief… e appuntarsi ogni cazzata gli passa per la mente.

Il lutto dell’art director

È impossibile(rifiuto) – pensa il povero aspirante fotografo/regista/proprietario di un chiringuito in qualche località esotica – Perché proprio a me?! (rabbia) Ho fatto 3 anni di master, ho imparato ogni trucchetto realizzabile con photoshop, scontorno da Dio, metto delle ombrine sotto da paura, so persino fare dei riflessi che quando li riguardo mi eccitano sessualmente e non, e a furia di fare notti qui dentro, ho perso la fidanzata, ho perso i capelli, ho perso persino la salute… per cosa? Per impaginare un tristissimo packshot e un ‘titolone sparato’ di questo qui?! – guardando con sdegno il collega e la sua ingombrante sovraeccitazione – Il mondo va proprio al contrario (apice e fine della rabbia)“. A queste fasi iniziali seguono la contrattazione Non è che magari se sento quel mio amico fotografo/fotoritoccatore/fotoamatore…” e la depressione, spesso caratterizzata dall’isolamento acustico e termico e dallo sfogliare ossessivamente, fisicamente o mentalmente un numero di Luerzer’s Archive.

Infine sopraggiunge l’accettazione, mitigata dal ricordo di avere da qualche parte una cartella con una serie di “campagne coi titoli grossi fighe, che non ho neanche letto ma che mi piacevano graficamente”  trovate su adsoftheworld da copiare pari pari e anche una serie di ‘font carini’ scaricati gratis.

La crisi creativa è finita

Create in pace.

Luca Bartoli, copywriter

(Ogni riferimento a fatti, persone, cose o art director con cui ho lavorato è puramente voluto).

Ps vi ricordiamo che aspettiamo anche le vostre storie. scrivetele a redazione@youmark.it  oggetto: inside an agency