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La comunicazione fa sul serio. Se ‘Attiviamoci!’ è stato il titolo del consueto appuntamento annuale Assocom ‘Comunicare Domani’, con il Manifesto del Futurismo a fare da incipit, il senso c’era tutto. Per la prima volta, infatti, si respira voglia di fare sistema. E dopo ieri, ci sarà l’assemblea Upa e il Festival della Creatività, con l’Adci. Inoltre, si depone l’ascia della competizione centri media-agenzie creative. Il futuro, infatti, vuole partner privilegiati e stabili. Ma urge un modello. Il comparto, valendo l’1% del Pil e occupando 150.000 persone, deve interloquire ‘alto’ pro Paese. Perché le infrastrutture immateriali, di comunicazione e conoscenza, possono quanto grandi opere e strade

Ammettiamolo, il primo formale appuntamento con la nuova Assocom non ha deluso, tanto è stato capace di immortalare situazioni, disegnare scenari, aprire al nuovo paradigma delle alleanze, perché come ieri non sarà più.

Non solo a livello di investimenti, peraltro il sociologo Domenico De Masi ha mostrato come per il nostro Pil non si possa parlare di crisi bensì di trend decrescente (dal 1952, ovviamente con i picchi degli anni ’70  e del 2008), ma di visione. Sempre De Masi, infatti, evidenzia come la nostra sia la prima era a non avere un modello. Il che crea disorientamento, dunque pessimismo. Pensateci, cos’è bello e cosa è brutto? Vero o falso, giusto o sbagliato? Non abbiamo più punti saldi, riferimenti certi. “Papa e comunicazione a parte!” Ironia nonostante, è vero, la comunicazione sembra non avere dubbi, ci dice cosa bere, mangiare, vestire. Peccato che così non funzioni più. E la responsabilità è grande, perché l’obiettivo, tra velocità (digital e always on) e lentezza (movimento Slow), è un nuovo modello capace di soddisfare quattro valori portanti: meticciato, bellezza, saggezza e armonia.

Che Stefano Del Frate, direttore generale Assocom, traduce rispettivamente in: multicanalità, creatività, capacità di raccogliere e leggere i dati, nuove alleanze di sistema su interessi condivisi. Tra l’altro facendo rimbalzare nella testa degli scettici che si chiedono se ancora serva un’associazione come Assocom, l’implicita risposta.

Fortificata dalla volontà di cambiare le regole del gioco, ricordando il presidente Marco Testa (ascoltalo al microfono di youmark) il prossimo appuntamento che lo vedrà tra i relatori dell’annuale assemblea Upa e l’autunnale Festival della Creatività, in partnership con l’Adci. Anche perché, vale la pena sottolinearlo, la creatività si è dimostrata arma indispensabile, pure nell’era del dato.

Che, come sappiamo, poco ci rallegra in termini di numeri. E’ tornato a ricordarli Marco Girelli, ceo OMG Italia, nel suo speech (guarda le slide con le maggiori evidenze), dichiarando un 2014 a -1% (7.008 milioni), dunque, a conti fatti e mettendo d’accordo anche altre stime (più ottimistica quella Upa che azzarda sino a +1%), l’anno sarà flat, con un mercato a due velocità.

Regina è sempre la tv, che con il suo +1% continua ad accaparrarsi la maggior parte della torta (52,5% degli investimenti). Certo, più dinamica la tematica, che vale meno ma cresce di più (+4,7%), stabile la  generalista (+0,7%).

Ma la maggiore crescita è del digital (+5,7%), conquistando il 22% degli impegni, a quota 1.546 milioni. Valore, peraltro che richiede un ragionamento di sistema, visto il gap che segna a seconda di chi esegua le rilevazioni (per l’Osservatorio del Politecnico ne vale 1.800. Per lo Iab 1.700).

Tanto che Assocom ha già avviato un’analisi, tramite schede inviate ai clienti dei centri media associati, valutate da un notaio che ha poi provveduto a segretare i mittenti, da cui emerge che le aziende investono il 36% del budget digital nel search,  il 25% display, 13% video, class & directory 11%, performance 4%, social 4,5%, mobile 4% (ma non è così facile distinguere queste due voci), programmatic 2,5% (specificando in futuro sarà sempre meno real time bidding, passando da mass media a taylor media, in ottica win win per tutti. Tanto che Fabio Vaccarono, country managing director Google Italia, azzarda un programmatic che arriverà al 56% degli investimenti. Forte della necessità, espressa da Luca Colombo, country manager Facebook Italia, che le agenzie sappiano leggere e analizzare i dati, così come misurare il risultato delle azioni sul business. Insomma, non solo metriche digitali, ma quantità di venduto allo scaffale).

Inoltre, della torta digital, il 46% sfugge ai centri media, arrangiandosi le aziende da sé o attraverso agenzie specializzate, soprattutto nel search (ben il 75%), con il social a divedersi a metà, tra chi lo fa con agenzia media e chi per altre vie.

Venendo, invece, al resto, il loro destino è dividersi ciò che rimane. Che è sempre più esiguo. Infatti, la radio perde l’1,65, l’ooh il 7,2%, il cinema il 12% e la stampa ben il 13,1%.

Data una tale situazione, che deve fare il comparto per voltare pagina e sfruttare le potenzialità insite nel cambiamento? Già dalle prime evidenze della ricerca commissionata da Assocom alla School of Management del Politecnico di Milano, comunicate lo scorso marzo, lo si anticipava: la filiera della comunicazione così come fu è morta. Oggi è un altro mondo.

Tanto che Giuliano Noci, professore ordinario di marketing al Politecnico di Milano e presidente Explora, vedendo negli owned media la possibilità di chiamata a rapporto delle Pmi, dichiarando opportunità  inedite nel b2b e invocando la necessità di imparare a comunicare all’estero le nostre eccellenze auspicando investimenti in infrastrutture immateriali, strategiche quanto strade e grandi opere per la crescita,  mette in guardia contro l’eccessiva frammentazione del sistema. Le aziende, infatti, vogliono delegare il coordinamento a partner privilegiati e stabili, diminuendo il numero di attori anche per l’operatività, e per loro la dimensione si fa proxy della capacità di sviluppare un servizio a 360°.

Il che pone alla ribalta il tema dell’integrazione tra attori della filiera, alla stregua di quanto già avvenuto vent’anni fa nell’industria. Insomma, torna prepotente la necessità di fare sistema, di allearsi. Sembra, infatti, che le monadi che hanno caratterizzato la polverizzazione dei nostri giorni siano destinate a sparire. A vincere saranno i network dinamici. 

[pdf]Comunicare Domani – Previsione investimenti pubblicitari 2014 – Marco Girelli, vicepresidente Assocom