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‘Creativity and law’ by Gianluca De Cristofaro: Influencer marketing, (Ri)facciamo il punto. Una legge per ora non c’è. Ma l’Autorità Garante s’è mossa. ‘Sponsored’ sta prendendo piede. E piace pure a Facebook, probabilmente il suo ‘portafoglio’ sorride

Dal mio primo contribuito dello scorso aprile sugli aspetti legali dell’influencer marketing e dal successivo aggiornamento di maggio si sono registrate parecchie novità sul tema.

In ordine di ‘apparizione’:

  1. il 29 giugno, in sede di votazione del Disegno di legge Concorrenza, la Camera dei Deputati ha approvato l’ordine del giorno che impegna il governo a intervenire a livello legislativo affinché «l’attività dei web influencer sia regolata, permettendo ai consumatori di identificare in modo univoco quali interventi realizzati all’interno della rete internet costituiscano sponsorizzazione»; l’ordine del giorno è stato, tuttavia, disatteso dal Senato e nessuna previsione sul tema è stata inclusa nel testo di legge approvato definitivamente dal Senato il 2 agosto;
  1. il 3 luglio l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha pubblicato la propria Digital Chart (che avevamo commentato http://youmark.it/rubriche/creativity-and-law-by-gianluca-de-cristofaro-non-dite-a-mia-madre-che-faccio-lavvocato-lei-mi-crede-un-pubblicitario-strizzata-docchio-a-seguela-gli-influence ) suggerendo a brand e influencer, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti postati sui social network, di inserire in modo ben distinguibile:
  • nella parte iniziale del post la dicituraPubblicità /Advertising’, o ‘Promosso da … brand/Promoted by…brand’ o ‘Sponsorizzato da…brand/Sponsored by…brand’ o ‘in collaborazione con …brand’ o ‘in partnership with …brand’;
  • e/o entro i primi tre hashtag (#) una delle seguenti diciture:

– ‘#Pubblicità/#Advertising’, o

– ‘#Sponsorizzato da … brand/#Sponsored by… brand’ o

– ‘#ad” unitamente a “#brand’;

  1. il 24 luglio 2017 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha pubblicato un comunicato stampa con il quale ha confermato di indagare sul fenomeno dell’influencer marketing e di aver inviato, in collaborazione con la Guardia di Finanza, lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società dei titolari dei marchi visualizzati senza l’indicazione evidente della possibile natura promozionale della comunicazione. L’Autorità precisa che nelle lettere ha suggerito – al fine di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale dei post (e la loro conformità al Codice del Consumo) – l’inserimento di avvertenze quali, a titolo esemplificativo ed alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzione a pagamento.

Riassumendo, per il momento non vi sarà alcuna legge ad hoc; ma come dicevo nel mio precedente contributo, la legge sulla pubblicità ingannevole afferma che la pubblicità deve essere riconoscibile come tale e, quindi, vieta quei messaggi che non vengono intesi dal pubblico come pubblicità.

Come da me auspicato nel primo contribuito (“ci si dovrebbe forse muovere verso un più tradizionale #sponsored), l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha suggerito avvertenze più esplicite e, di fatto, in linea con le Guidelines della Federal Trade Commission statunitense; se secondo la prima edizione della Digital Chart era stato suggerito l’inserimento di un ‘#brand’ in abbinamento a un #nome campagna o claim campagna o link al sito del brand, ora si chiede l’inserimento di un ‘#sponsored’o similari.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è ‘mossa’.

Girovagando tra i profili di alcuni influencer, sembrerebbe che le lettere di moral suasion e la seconda edizione della Digital Chart (come visto più rigorosa della prima) abbiano sortito qualche effetto. Ma sui social si trovano ancora moltissimi post tutt’altro che riconoscibili come messaggi pubblicitari (quantomeno a un occhio non esperto): sono sufficientemente certo che prima o poi arriverà la ‘stangata’.

In tale scenario Facebook, con un Update rilasciato due settimane fa, ha deciso di far transitare i post degli influencer come ‘Sponsored post’ del brand. Al di là delle conseguenze che tale scelta comporterà (immagino aumento dei budget per le campagne), su Facebook il tema dei post ingannevoli dovrebbe scemare.

Chi è Gianluca De Cristofaro

socio di LCA Studio Legale, è avvocato specializzato in diritto della proprietà intellettuale e delle nuove tecnologie, nonché dottore di ricerca in diritto industriale. Da oltre 15 anni si occupa di marchi e di pubblicità ingannevole e comparativa supportando big spender pubblicitari ed agenzie di comunicazione nella verifica preventiva delle campagne pubblicitarie e nella loro difesa in giudizio.

Per contatti: gianluca.decristofaro@lcalex.it.