Ne parlavamo con Valentina Amenta, direttore creativo FCB Milan, a proposito dell’iniziativa di dare voce e volti alle donne che nelle agenzie sono riuscite a farcela.” Dobbiamo sapere come la pensa Stefania Siani. Senza non sarebbe un’inchiesta che si rispetti” ci siamo dette. Così eccoci, grazie di aver accettato, partiamo con le domande:
Ci racconti in sintesi la tua storia. Vocazione, casualità, impegno, talento, incontri, amore. Di che cosa è fatto il tuo percorso verso questo successo?
“La mia storia inizia dal Sud, tra corredi di lino, tombolo e porcellana, nel dialetto più stretto. L’unica lingua che ho parlato fino ai sei anni. Cresciuta tra donne capaci di leggere il futuro dalla forma dell’olio nell’acqua, da una mano posata sulla fronte. Fino al giorno in cui la maestra Rosa Peduto mi ha regalato ‘Alice nel Paese delle meraviglie’ e mi ha detto: ‘mi devi promettere che leggerai più libri di quanti capelli hai in testa’. Tutta la mia storia la devo ai libri e a mia madre. Alla curiosità. Al liceo classico, alla facoltà di Filosofia della Cattolica, all’Accademia di Comunicazione. E al caso. Mio padre ha avuto due figlie femmine. Ma è stato un bene. Perché io la disparità di sparecchiare mentre un fratello stava a guardare non l’ho vissuta. Io e mia sorella lo abbiamo reso orgoglioso, ne sono certa. L’amore della mia vita, Federico è un uomo antico e modernissimo. Abbiamo lavorato insieme sedici anni. Abbiamo fatto due figli. A volte credo di conoscerlo. Poi entro nel suo studio, guardo quello che dipinge e rimane un assoluto mistero”.
Perché poche donne ai vertici dell’industry?
“Il vertice è ancora fermamente maschile: sono stati uomini a loro volta selezionati e sottoposti di altri uomini a selezionarmi per il ruolo che ricopro. Perché hanno deciso che era maturo il tempo di essere inclusivi e meritocratici, affidandomi una posizione apicale e un posto da vicepresidente in Cda. Io l’ho meritato perché ho contribuito ai risultati del mio gruppo, in modo determinante e costante nel tempo. Ma ciò non toglie che la regola vuole che una posizione di vertice venga ricoperta da una donna a patto che impari e interiorizzi il modo maschile di stare al potere. Io invece ho voluto i figli e il mio sigillo femminile nell’interpretare la mia posizione. E con me c’è stata Alessia Francescutti e ora Marianna Ghirlanda. Entrambe Ceo. Mi piacerebbe che nessuno dicesse mai più ad una donna al potere ‘sei brava come un uomo’. Una leadership veramente femminile è quella che ora deve andare al potere. E’ la nostra prossima sfida. Non credo affatto che le donne siano migliori degli uomini o viceversa. Mi batto perché abbiano pari opportunità di realizzare il loro potenziale. Siamo ancora lontane. Ma siamo in viaggio e in ottima compagnia!”
Tra i direttori creativi donne che abbiamo intervistato, il tuo nome emerge quale mentore. Insomma, sei per le più punto di riferimento. Oltre al motivo palese dei risultati che produci, quali sono i segreti per saper forgiare i top di domani?
“Ho lavorato con moltissime donne. Per dieci anni anche con Valentina Amenta autrice insieme a voi di youmark di questa bellissima iniziativa. Ho trasferito, come sempre succede lavorando, i miei valori. Ho preso moltissimo da ognuna di loro. Un direttore creativo fa un lavoro maieutico. Il talento non basta. Ci vuole positività, resilienza ed esercizio”.
Esiste una creatività donna?
“No”.
Qual è la campagna o il momento a cui devi la svolta?
“Devo la svolta a tutte le volte che mi sono guadagnata la fiducia e la stima di un cliente quando invece di interessarmi solo ai progetti potenziali per i premi, o a quelli in cui c’erano molti soldi per produrre, o a quelli altisonanti mi sono dedicata con la stessa ossessiva pazienza e professionalità ai loro video interni, ai loro leaflet, alle bodycopy, ai video per la forza vendita, talvolta scrivendo per loro le chart dei convegni. Non ho mai classificato in serie a, b, c il lavoro. Mai. L’anno in cui è nata Violetta abbiamo vinto con Federico 7 Ori all’Adci. Io lavoravo dalla maternità. Non ho mollato mai”.
Per te la creatività è coincisa con l’amore. Insomma, per anni tu e tu marito Federico Pepe avete fatto coppia anche professionale. Una coincidenza, una necessità, una fortuna?
“E’ stato bellissimo lavorare con lui. Un artista. Un autore. Una mente brillante. Ma nato per essere indipendente e libero”.
Cosa consigli alle donne che vogliono intraprendere questa carriera?
“Consiglio di non puntare sull’essere donna. Ma sulla qualità del lavoro e dei risultati di business. Costruendo reputazione creativa e sostenibilità economica del lavoro. Di lavorare per maturare prima di tutto dentro di noi la consapevolezza che vogliamo trovare là fuori. Di scegliere compagni e compagne che le sostengano”.
Il tuo auspicio per la creatività di domani, alla luce anche del tuo impegno sia in Adci sia pro donne e pari opportunità, a partire dal premio Equal?
“L’auspicio è di diventare comunicatori capaci di generare rappresentazioni evolute del mondo”.